Ecco Monti, dunque. E per salutare questa nuova era, miei piccoli lettori, mi permetto di allargarmi in una digressione pittorica, usando la tecnologia per proporre un link (nientemeno) a una pagina ove troverete una mia didascalia al quadro (o iperquadro) di un artista di gran talento, del quale apprezzerete le virtù.
Si tratta di Francesco Spadoni, fiorentino, noto a certuni per una sua bella serie firmata Pennello da Quaracchi, nella qual serie il nostro elabora interessanti pittoriche digressioni su Renzi Matteo il sindacuzzo, e la bottega di Pennello la trovate anche in Facebook sotto il nome RicercaDue.
Ciò detto, e dato a Cesare quel che è di Cesare,cliccando il link apparirà la prima di una serie spero lunga di digressioni poetico-pittoriche. Insomma, tutti vogliam dilatare, oltrepassare, evolvere, declinare… è un ribollir d’ingegni e di energie che fa ben sperare. Prendiamolo come un segno dell’era nuova, e clicchiamo con energia, zampettando belli tosti sulle nostre tastiere. Olè.
L’Italia Nova, Atto I
L’Italia Nova, Atto II
Che in realtà è un intermezzo, dato che la terza puntata ce la farà vedere Monti lunedì prossimo. Lì avremo da divertirci. Per ora, la barca sussulta tra orribili flutti.
L’Italia Nova, Atto III
Riassunto: Napolitano ordina a Monti, ribattezzandolo Vincenzo (forse si confonde con il noto poeta epico traduttore dell’Iliade) di entrare nella cornice di un quadro e cacciare dallo scenario neoclassico il molliccio tirannoSilvio. Monti, borbottando che non si chiama Vincenzo, obbedisce per amor patrio. Entra nella cornice del quadro, caccia il tiranno, e si imbarca su un fragile vascello che va per i mari tempestosi della crisi: in lontananza navi francesi, tedesche, greche. Ed ora, eccolo precipitare sulla terraferma di lunedì 4 dicembre, in attesa che inizi la dura marcia.
L’Italia Nova, intermezzo: “Il pianto della Fornero”
Nell’opera L’Italia Nova che stiamo raccontando insieme al prode pittore italiano Francesco Spadoni c’è a questo punto un piccolo intermezzo, come si usava nelle opere. Prima della scena madre, che seguirà nel prossimo atto e che racconterà l’arrivo di Vincenzo Monti davanti alle Turbe di naufraghi e il suo famoso discorso sulle misure anti crisi, entrava in scena una soprano, che eseguiva questo Pianto della Fornero, da riferirsi a un singhiozzo molto noto all’epoca cui si riferiscono i fatti. Ne riportiamo il testo e la figura.
Tavola di Francesco Spadoni.
L’Italia Nova, atto IV: “Il discorso di Monti”
Dopo l’intermezzo detto del “Pianto della Fornero”, s’aprì il sipario e cominciò il quarto atto. Dai quadri di Pennello da Quaracchi che ce lo raccontano, la scena era tenebrosa e splendida, selvaggia e costellata di rovine: appunto, l’Italia Nova. Un tabernacolo custodiva il simbolo del Dio, e Vincenzo Monti ostendeva una moneta, che brillava in modo straordinario (un trucco scenico, si immagina). Riportiamo il testo dell’orazione di Monti, ricordando che Riondino scripsit, Spadoni pinxit.
Tavola di Francesco Spadoni. Per ingrandire clicca qui
L’Italia Nova e il lungo discorso di Monti
Vincenzo Monti ha appena terminato l’allocuzione della precedente scena che se ne apre un’altra: i naufraghi, vegliati da un Minosse pericolosissimo e senza pietà, hanno una scelta, a parte quella di ritornare nel mare limaccioso: pagare le tasse.
E Vincenzo Monti assume a questo punto un tono meno lirico, anzi, ci sembra di notare un segno autoritario che comincia a emergere: sempre nel quadro di una liturgia del denaro, naturalmente, ove il sacrificio è più che un ragionevole obolo alla comunità, un atto di fede nelle sorti del divino Mercato.
Economia e teologia si fondono mirabilmente in queste due scene e permettono con rinnovato ardire il cammino nell’Italia Nova, nelle sequenze che verranno.
Da L’Italia Nova, libretto di Caldeo Ponsacchi, musiche di Filiberto Giuggiola. Scene di Pennello da Quaracchi. Atto II, scena seconda.
Tavola di Francesco Spadoni. Per ingrandire clicca qui
L’Italia Nova: Monti e la storia dell’arte
cco un’altra avventura di Vincenzo Monti nella Italia Nova. E una breve sintesi delle precedenti vicende.
Ordunque, cominciando da capo: faticosamente raggiunta terraferma in acque tempestosissime, dichiarata la fede nella Moneta come mistica via da percorrere per uscire dall’emergenza, scatenate le erinni delle Tasse sul frastornato popolo dei naufraghi, Vincenzo Monti ha qui un momento di riflessione.
Sempre ispirato da Napolitano, si interroga sul perchè di questa diseducazione nazionale al civico rapporto con l’erario: e ne intuisce le ragioni in un ambiguo sentimento dell’arteche circola nel sangue italiano da generazioni e generazioni. Insomma, anche l’arte fa la sua parte nella diseducazione fiscale dell’italiano medio. Ma si può rimediare: vediamo come (e buon Natale a tutti dal sottoscritto e da Spadoni).
E
Tavola di Francesco Spadoni. Per ingrandire clicca qui