patrimoni dell’umanità
Un’opera unica con venti protagonisti. È l’Italia con le sue venti Regioni, piccoli e grandi scrigni capaci di custodire tesori diversi ma ugualmente preziosi. La Valle d’Aosta con la maestà delle sue vette, dal Bianco al Cervino. Il Piemonte con l’intenso profumo dei suoi rinomati vini, come il Barolo, le sue montagne olimpiche e il Barocco. La Liguria con i colori dei suoi borghi marinari. La Lombardia con l’incanto dei suoi grandi laghi, dal Maggiore al Garda. Il Trentino e l’Alto Adige con le cime dorate delle Dolomiti. Il Veneto con lo splendore delle sue ville e delle città d’arte, come Venezia. Il Friuli Venezia Giulia con il suo fascino sospeso tra la terra e il mare. L’Emilia Romagna con la sua Riviera romagnola, per tutti sinonimo di gran divertimento. E poi la celebre Toscana, terra di splendide città come Firenze e di colline fatate come il Chianti. O le Marche, con le sue lunghe spiagge, i piccoli borghi e i dolci rilievi. Il Lazio dell’eterna Roma e dei pellegrini in visita al papa. L’Umbria, cuore verde d’Italia e culla dello spirito francescano. L’Abruzzo e il suo maestoso Gran Sasso, con il ghiacciaio perenne più a Sud d’Europa. Il piccolo Molise dalle grandi tradizioni contadine. La Campania, che ha regalato al mondo celebrità culinarie come gli spaghetti e la pizza, La bellezza di Capri e Ischia, il fascino di Pompei e Paestum. La Basilicata custode preziosa dei Sassi di Matera, uno dei tanti tesori dell’Unesco in Italia. La Puglia, splendide spiagge e gioielli architettonici come i Trulli. La Calabria e le sue magnifiche coste. E poi le due grandi isole: la soleggiata Sicilia, terra di grandi monumenti delle più importanti civiltà del passato, e la orgogliosa Sardegna con il suo mare d’incanto.
Tante tessere di un unico meraviglioso mosaico: l’Italia, bella come un film.
Indagine sui 49 tra luoghi e aree iscritti nella lista del Patrimonio dell’Umanità: attirano flussi di turismo superiori alla media, ma senza produrre il reddito che potrebbero
I siti Patrimonio dell’Umanità Unesco italiani attirano turisti, anche stranieri. Ma il tutto non si traduce in entrate, almeno non in misura pari alle potenzialità della nostra straordinaria offerta di cultura, arte e anche natura. Abbiamo una miniera che si chiama turismo e non la sappiamo sfruttare. E’ uno dei temi ricorrenti, in ogni dibattito sul declino e sulla possibile ripresa del Belpaese. E lo studio Isnart (Istituto nazionale di ricerche turistiche) sull’andamento della richiesta, dei flussi e delle entrate dei 49 luoghi che fanno parte dell’Unesco World Heritage – lista in cui l’Italia detiene il primato assoluto di presenza, con i 5 per cento sul totale mondiale – sono la conferma.
Quarantanove siti, dunque, oltre ai quattro associati alla categoria dei beni “immateriali”. Un grande patrimonio collocato sul territorio di 302 comuni: quasi tutte le grandi aree urbane da Roma a Genova, Venezia, Firenze, Torino, Milano e Napoli; molte città di medie dimensioni, da Pisa a Siena a Verona a Ferrara e Mantova; poi, un gran numero di piccoli comuni collocati in contesti di grande pregio artistico o naturalistico, come la Costiera Amalfitana, la Val d’Orcia e le Cinque Terre (nella foto, Portovenere)
Il fatto di rientrare nel novero dei luoghi più significativi dell’umanità ha un ovvio effetto positivo sul prestigio e di conseguenza sulla notorietà internazionale di ambiti territoriali che, in molti casi, sarebbero altrimenti relativamente poco visibili. facile immaginare che, in generale, vi sia un effetto positivo anche in termini di aumento dei flussi turistici; del resto, nei territori coinvolti vi sono circa 23.000 strutture ricettive e più o meno 710.000 posti letto, pari al 15% del totale dell’offerta esistente in Italia.
L’Isnart ha cercato di verificare in concreto l’impatto sulla domanda turistica determinato dal fatto di essere un “sito Unesco”, anche con l’intento di capire come tale impatto potrebbe essere “rafforzato”. I dati confermano che nei siti Unesco le performance sono generalmente migliori. Sia nel 2011 che nel 2012 e nei primi sei mesi di quest’anno, il tasso di occupazione delle camere è stato sempre nettamente maggiore, con poche eccezioni, in tutti i mesi; le differenze (nell’ordine del +15-20%) si manifestano nei mesi prima e dopo l’estate.
La comparazione dell’andamento delle vendite delle camere da gennaio 2011 a giugno 2013 nei “siti Unesco” e in quelle nelle altre destinazioni conferma che questi ultimi riescono a destagionalizzare in maniera rilevante la domanda, con presenze proporzionalmente numerose anche in autunno e primavera. Nei “siti Unesco”, inoltre, oltre il 71% delle strutture ricettive prevede il booking on-line, contro il 64% di quelle collocate nelle destinazioni “normali”. Si evidenzia, dunque, una maggiore diffusione delle tecnologie e migliori competenze di gestione avanzata delle relazioni con i clienti. A fronte di questi dati positivi, non sembra però corrispondere un vantaggio anche per quanto riguarda la spesa dei turisti. La differenza della spesa media sul territorio è di meno del 5% (pari ad appena 3 euro in valore assoluto); ancora minore, nel caso della spesa per alloggi. Più significativa è la maggior spesa per il viaggio, a testimonianza che il differenziale di attrattività dei “siti Unesco” risulta forte nel caso della domanda internazionale.
Per celebrare il primo secolo di Festival lirico all’Arena di Verona ed inaugurare i prossimi 100 anni all’insegna della grande opera, il Festival del Centenario 2013 vedrà il celebre Plácido Domingo in qualità di Direttore Artistico Onorario, oltre che direttore d’orchestra ed interprete sul palcoscenico più grande del mondo.
Maggiori informazioni sul nostro sito http://www.arena.it e sulla pagina ufficiale https://www.facebook.com/arenaverona
A poche ore dalla manifestazione contro il passaggio delle grandi navi da crociera tra i delicati canali della città veneta il professore Giuseppe Tattara parla dei danni alla laguna. Video di David Marceddu
Scudi umani contro i mostri da crociera
Nel giorno dell’assalto dei Golia galleggianti a Piazza san Marco, ben 9 passaggi in 24 ore, un record, i David del ‘Comitato no grandi navi’ a Venezia si sono buttati in acqua per bloccare il passaggio dei giganti da crociera.
Sono riusciti a fermare il via vai solo per un’ora, ma la vera vittoria è un’altra: il ministero dell’ambiente ha promesso di proporre l’opzione zero passaggi su Venezia, con uno spostamento graduale su Marghera.
Certo, il panorama non sarà proprio lo stesso e i croceristi potrebbero lamentarsi, per cui gli addetti ai lavori già mettono le mani avanti:
“L’incidente del Costa Concordia è avvenuto in mare aperto in condizioni differenti rispetto a quelle della laguna, che ha bassi fondali. – ha commentato Filippo Olivetti del Comitato venezia Crociere- Qui le imbarcazioni devono navigare in un corridoio definito e molto stretto”
Rassicurazioni che non soddisfano il fronte del no alle grosse imbarcazioni nel canale della Giudecca; Silvio Testa: “La soluzione è cambiare modello. Lasciare entrare nella laguna solo le imbarcazioni compatibili con i bisogni della città e dei suoi abitanti, e lasciare fuori le alte”.
La protesta contro il transito delle grandi navi da crociera a due passi dai gioielli di San Marco è iniziata 2 anni fa e ormai coinvolge ampi settori della società. Nella mattinata i centri sociali avevano manifestato nella zona dell’aeroporto di Venezia riservato ai croceristi.
Giorno dei record, l’artista compra una pagina del Corriere
VENEZIA – Dodici, o forse tredici grandi navi in transito nella Laguna di Venezia nell’arco di 24 ore. Sarà il weekend più congestionato dell’anno: sui ponti, migliaia di crocieristi faranno ciao ciao , ammirando le pietre storiche della Serenissima, mentre i grattacieli del mare solcano le acque del canale della Giudecca e del bacino di San Marco. Questo passaggio lento nel cuore della città rappresenta, del resto, il valore aggiunto, il business, degli itinerari di viaggio. Ma il piacere dei turisti, gli incassi del porto e dell’indotto non devono essere anteposti – sono in molti a sostenerlo – agli altri interessi della città. Unica al mondo. Bella e fragile. Da qui le numerose proteste dei cittadini, appoggiati dal coro esterno, trasversale, di ambientalisti, ecologisti. O, più semplicemente, di persone che considerano le grandi navi un oltraggio a Venezia. Questa volta, scende in campo anche Adriano Celentano. Che ha acquistato un’intera pagina del Corriere per gridare il suo sdegno.
Ecco le sue parole: «Domani non sarà un bel giorno per il nostro Paese, anche se ci sarà il sole. Con l’ignobile sfilata delle 13 navi dentro la Laguna di Venezia si celebra l’Eterno Funerale delle bellezze del mondo». Lo sfregio alla Serenissima è motivo bastevole di ribellione, al di là di altre argomentazioni correnti, più o meno discutibili, sugli squilibri del moto ondoso, o sul rischio del fuori rotta, evocato soprattutto da quando il maldestro capitan Schettino provocò il naufragio della Concordia, cioè la tragedia dell’isola del Giglio.
Una dozzina di navi, in 24 ore dunque. La conferma arriva dalle parole di un responsabile della Capitaneria di porto di Venezia. «In questi giorni di settembre, c’è il cambio di calendario delle crociere; così si determina una congestione di traffico straordinaria – spiega Alberto Pietrocola, ufficiale capo della sezione tecnica – Intendiamoci, in porto non c’è spazio per 12 navi. Ma, tra arrivi e partenze, confermo il numero dei transiti, nell’arco di 24 ore, da sabato a domenica. Si tratta di navi da crociera di stazza elevata – aggiunge – Le compagnie? Di sicuro, due navi sono della Msc. Poi, l’Asmara. Non ricordo le altre. Nessuna della Costa».
Comunque sia, il tam tam della mobilitazione è partito. Sul luogo dei transiti nel mirino, tocca al Comitato «No Grandi Navi» gestire la protesta. Alle Zattere, tratto di riva che si affaccia sul canale della Giudecca, domani pomeriggio saranno attivi alcuni gazebo dove chiamare a raccolta i contestatori. «Chiediamo a tutti di venire muniti di pentole e coperchi, in modo da organizzare un presidio vivace – dice Silvio Testa, portavoce del movimento. (Che, per inciso, comprende una quota di ex no global veneziani) – Verrà distribuito materiale informativo, si venderanno magliette, spille, gadget con il nostro simbolo. E generi di conforto».
Il Comitato «No Grandi Navi» è il più intransigente nel chiedere il blocco. «In Laguna oggi passano navi di stazza superiore alle 100.000 tonnellate, lunghe oltre 300 metri – avverte Testa – Noi chiediamo che in Laguna siano ammesse soltanto quelle compatibili. Il limite del Decreto Clini-Passera è di 40.000 tonnellate». Gli intransigenti pensano a un blocco delle Grandi Navi, non soltanto nel canale della Giudecca e nel Bacino di San Marco, ma anche negli altri corridoi lagunari. In sintesi, bocciano le soluzioni alternative, allo studio di fattibilità, che punterebbero a mantenere Venezia come porto crocieristico, deviando, però, le rotte verso l’esterno, cioè lungo il Canale dei Petroli.
Il progetto dell’Autorità portuale, guidata da Paolo Costa, mira a una deviazione parziale, che mantenga l’attuale punto di approdo. Mentre il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, suggerisce Marghera come nuovo porto crocieristico. L’assessore verde all’Ambiente, Gianfranco Bettin, dichiara intanto che in questo weekend trafficato «il Comune sosterrà uno sforzo straordinario di monitoraggio, sotto ogni profilo, della eccezionale situazione che si creerà in Laguna».
Celentano e le 13 navi che«uccidono Venezia»
Giorno dei record, l’artista compra una pagina del Corriere
VENEZIA – Dodici, o forse tredici grandi navi in transito nella Laguna di Venezia nell’arco di 24 ore. Sarà il weekend più congestionato dell’anno: sui ponti, migliaia di crocieristi faranno ciao ciao , ammirando le pietre storiche della Serenissima, mentre i grattacieli del mare solcano le acque del canale della Giudecca e del bacino di San Marco. Questo passaggio lento nel cuore della città rappresenta, del resto, il valore aggiunto, il business, degli itinerari di viaggio. Ma il piacere dei turisti, gli incassi del porto e dell’indotto non devono essere anteposti – sono in molti a sostenerlo – agli altri interessi della città. Unica al mondo. Bella e fragile. Da qui le numerose proteste dei cittadini, appoggiati dal coro esterno, trasversale, di ambientalisti, ecologisti. O, più semplicemente, di persone che considerano le grandi navi un oltraggio a Venezia. Questa volta, scende in campo anche Adriano Celentano. Che ha acquistato un’intera pagina del Corriere per gridare il suo sdegno.
Ecco le sue parole: «Domani non sarà un bel giorno per il nostro Paese, anche se ci sarà il sole. Con l’ignobile sfilata delle 13 navi dentro la Laguna di Venezia si celebra l’Eterno Funerale delle bellezze del mondo». Lo sfregio alla Serenissima è motivo bastevole di ribellione, al di là di altre argomentazioni correnti, più o meno discutibili, sugli squilibri del moto ondoso, o sul rischio del fuori rotta, evocato soprattutto da quando il maldestro capitan Schettino provocò il naufragio della Concordia, cioè la tragedia dell’isola del Giglio.
Una dozzina di navi, in 24 ore dunque. La conferma arriva dalle parole di un responsabile della Capitaneria di porto di Venezia. «In questi giorni di settembre, c’è il cambio di calendario delle crociere; così si determina una congestione di traffico straordinaria – spiega Alberto Pietrocola, ufficiale capo della sezione tecnica – Intendiamoci, in porto non c’è spazio per 12 navi. Ma, tra arrivi e partenze, confermo il numero dei transiti, nell’arco di 24 ore, da sabato a domenica. Si tratta di navi da crociera di stazza elevata – aggiunge – Le compagnie? Di sicuro, due navi sono della Msc. Poi, l’Asmara. Non ricordo le altre. Nessuna della Costa».
Comunque sia, il tam tam della mobilitazione è partito. Sul luogo dei transiti nel mirino, tocca al Comitato «No Grandi Navi» gestire la protesta. Alle Zattere, tratto di riva che si affaccia sul canale della Giudecca, domani pomeriggio saranno attivi alcuni gazebo dove chiamare a raccolta i contestatori. «Chiediamo a tutti di venire muniti di pentole e coperchi, in modo da organizzare un presidio vivace – dice Silvio Testa, portavoce del movimento. (Che, per inciso, comprende una quota di ex no global veneziani) – Verrà distribuito materiale informativo, si venderanno magliette, spille, gadget con il nostro simbolo. E generi di conforto».
Il Comitato «No Grandi Navi» è il più intransigente nel chiedere il blocco. «In Laguna oggi passano navi di stazza superiore alle 100.000 tonnellate, lunghe oltre 300 metri – avverte Testa – Noi chiediamo che in Laguna siano ammesse soltanto quelle compatibili. Il limite del Decreto Clini-Passera è di 40.000 tonnellate». Gli intransigenti pensano a un blocco delle Grandi Navi, non soltanto nel canale della Giudecca e nel Bacino di San Marco, ma anche negli altri corridoi lagunari. In sintesi, bocciano le soluzioni alternative, allo studio di fattibilità, che punterebbero a mantenere Venezia come porto crocieristico, deviando, però, le rotte verso l’esterno, cioè lungo il Canale dei Petroli.
Il progetto dell’Autorità portuale, guidata da Paolo Costa, mira a una deviazione parziale, che mantenga l’attuale punto di approdo. Mentre il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, suggerisce Marghera come nuovo porto crocieristico. L’assessore verde all’Ambiente, Gianfranco Bettin, dichiara intanto che in questo weekend trafficato «il Comune sosterrà uno sforzo straordinario di monitoraggio, sotto ogni profilo, della eccezionale situazione che si creerà in Laguna».
Disponibile anche un team di esperti. In campo docenti e ricercatori dell’università di Technische di Monaco e del Fraunhofer di Stoccarda
di ANTONIO FERRARA
Gli Scavi di Pompei
Parlerà tedesco la salvezza di Pompei. Con 10 milioni di euro e con un team superspecializzato di professori e ricercatori della Technische Universität di Monaco di Baveria e dell’istituto Fraunhofer di Stoccarda, la Germania corre al capezzale della città romana e mette in campo un robusto programma decennale di restauri e di ricerca sui materiali antichi da utilizzare per la conservazione del sito vesuviano.
“Conservare Pompei per l’eternità”, “Sottrarre Pompei alla
seconda rovina” gli slogan usati dai ricercatori bavaresi per sintetizzare il senso di un progetto internazionale, che vede scendere in campo il top della scienza tedesca: da un lato il Fraunhofer, il più grande centro di ricerca tecnica d’Europa, una corazzata di tecnologia e innovazione, 22 mila dipendenti, finanziata dall’industria tedesca, oltre che dal governo federale e dai land, con l’Istituto per la fisica delle costruzioni, l’Ibp che ha sede a Stoccarda; dall’altro la Tum, Technische Universität München, l’università numero 1 in Germania secondo la classifica annuale stilata a Shanghai. Progetto definito, saranno inizialmente oltre una cinquantina gli esperti impegnati a Pompei.
Il “Pompei Sustainable Preservation Project”, il Progetto Pompei per la conservazione sostenibile, sarà sviluppato in dieci anni, partenza estate 2014. Terzo promotore del progetto è l’Iccrom, il centro studi per il restauro affiliato all’Unesco, che ha sede a Roma. Partner italiano è il Cnr che partecipa con l’Ibam, l’istituto per i beni archeologici e monumentali di Catania.
“L’idea di fare qualcosa per Pompei – racconta Ralf Kilian, capo del settore restauro del Fraunhofer – venne dieci anni fa a me e all’archeologo Albrecht Matthaei mentre lavoravamo nella città romana e vedevamo le rovine disgregarsi sempre più. La cattedra di restauro della Tum di Monaco e il professor Emmerling potranno introdurre nuovi concetti per la conservazione di Pompei”.
Gli istituti coinvolti collaboreranno con la Soprintendenza per i beni archeologici di Pompei e l’Istituto superiore per la conservazione e il restauro, per far divenire Pompei un centro di ricerca sulla conservazione dell’architettura antica. Il programma coinvolge anche la School of geography and environment dell’Università di Oxford, il Dipartimento di storia antica dell’Historicum della LudwigMaximiliansUniversität Munchen (Lmu Munchen), il Deutsches Archäologisches Institut (Dai) di Roma e l’Università di Pisa.
“Dobbiamo curare questa eredità – ha spiegato Klaus Sedlbauer, direttore del Fraunhofer – non soltanto per conservare l’antico, ma anche per sviluppare il nuovo”. Il programma dei lavori prevede di intervenire in maniera completa su un’intera insula di Pompei. Si opererà in maniera esemplare, con un restauro radicale, dai giardini fino alle coperture, affrontando il problema delle acque piovane e sperimentando l’utilizzo di malte antiche, adatte a resistere e a garantire condizioni di conservazioni ottimali nel tempo.
“Oltre al restauro a regola d’arte e alla messa in sicurezza duratura degli edifici antichi – spiega il professor Erwin Emmerling della Tum di Monaco – il team vuole sviluppare strategie e metodi innovativi per prevenire un ulteriore decadimento. Questo significa anche creare nuovi sistemi per edifici di protezione, e costruirli tutelando sia le rovine, sia i visitatori, nonché allestire aree verdi compatibili con il valore storico degli giardini antichi”.
Oltre al team di archeologi e restauratori che sarà impegnato tutto l’anno, dal 2015 è prevista la nascita di una summer school per formare sul campo 510 persone all’anno. I partner del “Pompei Sustainable Preservation Project” sono alla ricerca di una società di raccolta sponsor o di un mecenate che garantisca la prosecuzione negli anni del programma di restauri.
“Con questo intervento – racconta il referente italiano del progetto, Daniele Malfitana, direttore dell’Ibam Cnr – una nuova generazione di ricercatori e restauratori provenienti da diversi paesi si confronterà con gli esperti del settore e le best practices messe in campo per Pompei potranno così essere impiegate in altri siti nel mondo”.
Il ministro Bray spiega il suo progetto per il patrimonio. Dal ritorno delle statue nel museo di Reggio Calabria ai recuperi della Reggia di Caserta e di Pompei. E il suo motto: “La cultura è l’Italia”
Entro gennaio prossimo i Bronzi di Riace torneranno ad essere visibili. Sono stato a Reggio Calabria dove il museo che li ospita è quasi completato. Sarà una bella scommessa per mostrare due tesori”. Ad annunciarlo ai microfoni di “Prima di Tutto”, su Radio Rai 1 è stato il ministro della Cultura e del Turismo, Massimo Bray. Il ministro vuole così rassicurare quanti da tempo stano lamentando la lentezza dei lavori di ristrutturazione del Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria da dove, proprio per questi lavori, le due statue sono state rimosse dal 2009 e trasportate presso la sede del Consiglio Regionale, sempre a Reggio, dove però sono visitabili non in posizione eretta, ma distesi su un supporto orizzontale.
Bray è fiducioso che presto mostrerà il suo effetto il cambiamento avviato dal governo anche attraverso il recentissimo varo del decreto “Valore cultura” : “Molto abbiamo cominciato a fare, il mutamento si vedrà fra poco – spiega Bray -. L’importante è che tutti capiamo, in primis chi ha la responsabilità politica, che la cultura è degli italiani, che la cultura è l’Italia e che la cultura deve mostrare i nostri valori migliori che sono appunto quelli di saper includere, di saper difendere alcuni valori. Se facciamo tutto questo, la cultura sarà anche una leva straordinaria per uscire dalla crisi per creare posti di lavoro, per raccontare quella molteplicità delle culture che sono parte di un patrimonio che solo l’Italia può conservare”.
Caserta? Come Versailles. Il ministro ha poi passato in rassegna alcuni delle perle monumentali del Belpaese, molti dei quali ha voluto visitare recentemente. “La Reggia di Caserta è uno dei gioielli più belli che conserviamo, monumento di grande valore europeo – ha detto -. E voglio che non abbia nulla da invidiare alla Reggia di Versailles e che gli studenti e i turisti vengano appositamente a visitarla” Il ministro ha raccontato di aver visitato qualche giorno fa “da privato” la Reggia, spiegando poi di essersi recentemente espresso a favore di un progetto di valorizzazione del capolavoro vanvitelliano, che coinvolga anche risorse non pubbliche. “Non parlerei di sponsorizzazione – ha detto senza volersi sbilanciare oltre, – ma di privati che credono che investire nella cultura voglia dire preservare e valorizzare un parte di questo patrimonio straordinario che è il nostro Paese per consegnarlo ai nostri figli”.
Tra i parchi privati vince il Giardino Sigurtà a Valeggio sul Mincio (Vr)
Ospita la sede dell’Accademia della Crusca, è patrimonio Unesco dell’umanità: classico esempio di giardino all’italiana
«I giardini sono lo specchio in cui si riflette il modo di esercitare il potere delle dinastie. La concezione del mondo e della vita in una determinata epoca. Un frammento di storia alla pari di un castello e di un museo». Sono le parole della giurata Alberta Campitelli, dirigente Beni culturali della Sovrintendenza del Comune di Roma, dopo la proclamazione del parco più bello d’Italia. Una gara tra gli spazi verdi italiani, giunta alla sua undicesima edizione, che quest’anno ha eletto come vincitore il giardino della fiorentina Villa Medicea di Castello.
GIARDINO SIGURTÀ – Tra le novità del concorso anche una nuova categoria da premiare, quella dei parchi privati. Vinta nel 2013 dal Parco Giardino Sigurtà a Valeggio sul Mincio in provincia di Verona. «Per la prima volta», spiega Campitelli, «abbiamo deciso di far gareggiare anche i giardini curati dai privati, scegliendo il vincitore della nuova categoria, con gli stessi criteri con cui abbiamo eletto i parchi più belli negli ultimi dieci anni». Ossia, valore storico, accessibilità e manutenzione. Tre aspetti per la cura dei giardini che, visto i chiari di luna della crisi, diventano sempre più difficile da rispettare. «In Italia, con il giro di vite sui fondi nei parchi, stiamo facendo veri e propri miracoli. Possibili grazie anche agli sforzi e alla generosità delle persone che se ne occupano».
IL CONCORSO – A contendersi lo scettro per il parco più bello nel 2013, dieci finalisti selezionati tra le oltre 300 candidature. «Ogni anno», prosegue Campitelli, «riceviamo moltissime segnalazioni. Si tratta, del resto, di un premio molto ambito perché offre ai parchi vincenti una grande visibilità». Una visibilità che esce anche dai confini nazionali. Dato che, alla pari di Miss Italia, il nostro giardino dovrà vedersela presto con gli altri vincitori europei per la sfida autunnale dei parchi più belli d’Europa.
I VINCITORI 2013 – A rappresentarci in Europa sarà la Villa Medicea di Castello a Firenze. Sede, peraltro, dell’Accademia della Crusca. Una scelta indovinata, visto che, proprio quest’anno, l’Unesco ha inserito nel patrimonio dell’umanità tutte le ville e i giardini mediceii. «Il parco della Villa», spiega la giurata, «è l’esempio meglio conservato di giardino all’italiana. Un luogo dove si possono ancora osservare i segni della fioritura di una grande dinastia. Un potere fortissimo, alla pari di quelli papali e imperiali, che ancora si può percepire tra le terrazze digradanti, i giochi d’acqua delle fontane o nella Grotta degli animali realizzata dal Tribolo». Senza contare la vasta collezione di agrumeti in cui si coltiva anche la Citrus medica digitata, un cedro noto come Mano di Budda visto la sua forma particolare che evoca le dita.
CINQUE FIORITURE – Non meno particolare, il parco premiato nella categoria privati. Realizzato nei primi anni Settanta dal conte Giuseppe Sigurtà, è un giardino visitabile tutto l’anno, in cui la ricca presenza di piante e fiori permette di osservare cinque diverse fioriture durante il corso delle stagioni. Tra cui, quella del milione di esemplari di tulipani e quella del viale delle rose. Ma anche di girare in un labirinto di due chilometri e mezzo, fatto da 1.500 esemplari di tasso o nei 6 mila metri quadri di tappeti erbosi. «Si tratta», prosegue Campitelli, «di un giardino moderno, ma comunque ricco di fascino e bellezza. Ammirato in questi anni da celebrità come Uto Ughi, Margaret Thatcher e Carlo d’Inghilterra».
LA RETE DEI PARCHI PIÙ BELLI D’ITALIA – Entrambi gli spazi si andranno a unire dalla rete dei parchi e giardini italiani, creato in questi anni sulla scia del concorso internazionale. Tra cui i vincitori delle edizioni passate, la Villa Lante di Viterbo, il Giardino di Valsanzibio di Padova e la romana Villa d’Este a Tivoli. «Quello che vogliamo», conclude Campitelli, «è creare una rete di turismo dei parchi e dei giardini come quella che esiste per i castelli e i musei. Valorizzando non solo l’aspetto ambientale, ma anche il loro valore storico».
Il presidente della commissione nazionale: c’è tempo fino al 31 dicembre per adottare interventi sull’area ed entro febbraio li valuteremo
“Il governo italiano ha tempo fino al 31 dicembre 2013 per adottare misure idonee per Pompei e l’ Unesco ha tempo fino al 1 febbraio 2014 per valutare ciò che farà il governo italiano e rinviare al prossimo Comitato Mondiale 2014 ogni decisione”. Lo dice il Presidente della Commissione Nazionale Italiana Unesco, Giovanni Puglisi.
IL CASO/Quei venti milioni andati in fumo
“Come al solito – prosegue Puglisi – la fretta fa i gattini ciechi. Quindi l’iter è ben delineato”. “Una commissione Unesco ha presentato una relazione fatta in loco a Pompei nel gennaio scorso e che non è stata oggetto di discussione in Cambogia – ha tenuto a precisare Puglisi -. In questa relazione del gennaio 2013 – sottolinea – si mettono in evidenza, in maniera molto documentata, le carenze strutturali (infiltrazioni d’acqua, mancanza di canaline di drenaggio) e i danni apportati dalla luce (ad esempio alcuni mosaici andavano preservati dalla luce)”.
“Sono inoltre segnalate – sottolinea Puglisi – costruzioni improprie non previste dal precedente piano e la mancanza di personale. Inoltre entro il 1 febbraio del 2014, secondo tale relazione, bisogna delineare una nuova zona di rispetto poichè sono state rilevate intorno ai siti di Pompei e Ercolano delle costruzioni ulteriori, costruite spesso dagli stessi operatori dei siti, in modo che si riparino i siti stessi dagli abusivismi e da cose improprie”.
“Tuttavia – precisa – non si tratta di una relazione che mette Pompei tra i siti in pericolo, tra l’altro è stata fatta in piena collaborazione con il governo italiano e con il Ministero dei Beni Culturali, che pertanto sono perfettamente a conoscenza di questo atto”.
Già ieri Puglisi si era espresso con parole chiarissime. Sciopero e code a Pompei “sono un danno per il Paese”, aveva stigmatizzato, invocando l’intervento del presidente del consiglio Enrico Letta. E sottolineando: “Ha detto che si sarebbe dimesso se ci fossero stati tagli alla cultura… beh, qui di fatto qualche taglio alla cultura c’è, seppure camuffato”.
LA FOTOGALLERIA/La mattinata “difficile” dei visitatori
Sul tema, aveva spiegato Puglisi, “la penso come il Ministro Bray: senza una precisa scelta strategica nessuno può ‘stampare cartamoneta’, men che meno il Ministro dei Beni Culturali. E’ un problema serio e mi appello al senso di responsabilità di tutti, ma non certo al senso di responsabilità dei turisti che sono quelli che poi vanno là, chiedono un servizio e trovano invece le porte chiuse. Abbiamo messo Pompei tra i patrimoni dell’Umanità e l’umanità ne deve poter fruire”.
Puglisi aveva sottolineato di rivolgersi “in primis al Ministro dell’Economia e subito dopo al Presidente del Consiglio. In terzo luogo ai Sindacati: piuttosto che penalizzare i turisti dovrebbero forse trovare forme diverse di protesta e di collaborazione perchè i sindacati, oltre a essere i garanti dei lavoratori, credo che siano una parte sociale”.