dal nostro inviato MATTEO PUCCIARELLI
CASTELVETRANO (TRAPANI) – Nino Pipitone si asciuga le lacrime dopo il pianto, sono passati 65 anni “ma non c’è nulla da fare, ogni volta è così”, spiega la moglie. Il papà Vito era un sindacalista comunista della Federterre, aveva 39 anni; Nino solo quattro, eppure si ricorda tutto, quella sera voleva montare sulla canna della bicicletta per fare un giro insieme. “Torno presto, aspettami”, e invece la mafia tempo per aspettare non ne aveva, i braccianti non dovevano ribellarsi. Di sindacalisti in quegli anni ne uccisero almeno 35. Senza dimenticare la strage di Portella della Ginestra.
Pipitone – bracciante anche lui, umile ma fiero – ha in mano una poesia scritta qualche anno fa pensando alla sua storia da una studentessa di un istituto per geometri della vicina Petrosino, si chiama Il fanciullo e la fa leggere a tutti: “Non c’è età per il dolore – ed è proprio quest’ultimo che fa sì che il tempo si fermi – e quell’uomo rimanga il fanciullo orgoglioso del padre”. Se mai è possibile immaginare un corso accelerato di antimafia accessibile a tutti, allora questo è il posto giusto: quindici persone (sono studenti, impiegati, avvocati, giornalisti, pensionati), una settimana nel campo di lavoro e studio organizzato da Libera insieme a Coop Lombardia nei luoghi confiscati alla mafia. Nelle campagne di Castelvetrano si produce l’olio Nocellara del Belice, ma qui soprattutto è dove è nato e dove vive la famiglia dell’ultimo super boss, Matteo Messina Denaro.
Per gli organizzatori dell’associazione fondata nel 1995 da don Luigi Ciotti il “corso” è ormai un classico, pronti come sono ad accogliere i volontari che arrivano da tutta Italia (e che vengono spediti nei campi di tutta Italia): 31 i “corsi” attivi coordinati direttamente da Libera ed altri 21 in collaborazione con altri soggetti aderenti a Libera, tra cui Legambiente e Arci. Complessivamente nel 2013 una presenza di circa 6.000 volontari, la maggior parte dei quali donne. Il numero dei partecipanti e dei campi cresce di anno in anno perché di anno in anno aumenta il numero dei beni sottratti alla criminalità organizzata. Ci sono quelli dedicati esclusivamente ai giovani; ma anche altri concordati con aziende diverse (Telecom, Coop, Unipol) che decidono di coinvolgere i propri dipendenti o soci. Dal prossimo anno, poi, verranno organizzati anche per le famiglie. Alcuni in luoghi spettacolari anche dal punto di vista naturalistico, come sull’isola dell’Asinara, a due passi da carcere bunker di Cala d’Oliva, dov’era rinchiuso Totò Riina. “Solitudini, memorie e narrazioni”, si era chiamato l’ultimo campo a ridosso di settembre. Ma che sia la Sicilia o che sia la Sardegna, per i partecipanti che scelgono la vacanza alternativa sono sette giorni in cui – sembra impossibile ma non lo è – un po’ ci si sente in caserma e un po’ in un centro sociale: il programma delle cose da fare, delle cose da vedere e dei luoghi da visitare è concentratissimo.
Sveglia alle 6.30. La mattina si prende confidenza coi vecchi arnesi: le zappe, la falce, le vanghe e le carriole. Venti ettari di bosco in contrada Canalotto. In mezzo alla ex proprietà del boss palermitano Gaetano Sansone c’è un’enorme struttura ormai fatiscente, quella che doveva essere una villa a metà tra una vecchia masseria e un esibito sfarzo alla Scarface. È stata confiscata e assegnata proprio a Libera. La missione è ripulire un appezzamento di 2mila metri quadrati, pieno di rifiuti e con l’erba alta che arriva alla vita. E alla fine piantumare 15 ulivi, uno a testa, ognuno dei quali verrà intitolato a una vittima delle mafie, che sia Cosa Nostra o la Sacra Corona Unita non importa. Nomi sconosciuti ai più: uomini delle scorte, tante donne, bambini.
Da quando la proprietà è cambiata a intervalli regolari “qualcuno” arriva e brucia interi appezzamenti di terra, l’ultima volta accadde a giugno, con tre roghi simultanei in altrettanti campi confiscati della zona. “Ma evitiamo di fare del vittimismo – dice Salvatore Inguì, coordinatore dell’associazione a Trapani – noi denunciamo tutto alle autorità, però spesso non lo diciamo neanche alla stampa locale. Ché poi sembra di piangerci sempre addosso, non possiamo dare questa immagine”. L’immagine da dare, il messaggio da far veicolare è invece un altro: “I beni sottratti alla mafia possono diventare opportunità di lavoro, di economia sana e trasparente. Il cambiamento culturale parte anche da qui”. Così il pomeriggio si visitano anche gli imprenditori e le cooperative antimafia. Alcune crescono e si sviluppano, come la “Centopassi – Placido Rizzotto” di San Giuseppe Jato: produzione di vino e di altri prodotti biologici, un accordo commerciale con Coop che garantisce una bella fetta di fatturato. Altre soffrono, come la Calcestruzzi Ericina di Trapani, perché non è facile competere sul mercato quando fai tutte le cose in regola, a differenza dei concorrenti.
E poi i luoghi: il casolare dove gli uomini di Giovanni Brusca sciolsero nell’acido il 12enne Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, ora diventata un museo quasi sempre chiuso. Sul lungomare di Erice dove scoppiò una bomba che voleva uccidere il giudice Carlo Palermo; lui e la scorta si salvarono, ma ci rimisero la vita Barbara Asta con i gemellini Giuseppe e Salvatore, colpevoli di ritrovarsi con la macchina dietro a quella del magistrato. Dei bambini ritrovarono solo i piedi a qualche decina di metri.
“Grazie di essere venuti”, ripetono tutti, che siano semplici attivisti antimafia, magistrati, parenti delle vittime della mafia incontrati in questi giorni. “Raccontate di noi una volta a casa”, aggiungono alla fine di ogni incontro. Sembra poco ma in realtà il grande successo degli ultimi anni e su cui Libera ha puntato molto è stato quello di spingere protagonisti diversi e spesso inconsapevoli della lotta alla mafia a raccontare di sé e a ritrovarsi. Dopo anni, anzi decenni, di silenzio e di paura. Un’altra parola che viene utilizzata senza vergogna, perché “c’è il dovere di avere coraggio, ma anche il diritto di avere paura”, ammette Gregory Bongiorno, presidente di Confindustria Trapani e imprenditore nel campo dei rifiuti che pochi giorni fa ha denunciato e fatto arrestare chi gli chiedeva il pizzo. Negli anni scorsi aveva pagato. Poi ha detto basta e non sono stati in pochi a criticarlo, “ti sei svegliato solo adesso?”. Purismo che rischia di portare acqua nel mulino della vasta area grigia dell’indifferenza.
L’ultima sera dopo cena partecipanti e organizzatori seduti in cerchio si scambiano impressioni. Sul programma, sul come può essere migliorato; ma sui contenuti più che altro, sul cosa resterà una volta tornati alla vita di sempre. Qualcuno si commuove, la corda dei sentimenti rimane la più sollecitata. Lo pensano tutti: non è stata una vacanza, ma molto meglio.
Gino Strada, fondatore di Emergency parla del senso e delle ragioni del meeting di Livorno con i 1.200 volontari della sua organizzazione. ” “Alla maggior parte dei cittadini è totalmente sconosciuto il fatto che la sanità è diventato un settore del mercato, dunque un business, come quello degli elettrodomestici, o delle automobili”
LIVORNO – C’è un’idea di Medicina che attraversa tutta intera l’esperienza di Emergency, l’idea della gratuità e dell’eccellenza della cura, come requisito fondante di un modello d’assistnza sanitaria. Un’idea, del resto, messa in pratica nelle missioni in Afghanistan, in Iraq, nella Repubblica Centro Africana, in Sierra Leone, in Sudan, in Italia, e ancora con la creazione dell’ANME (African Network of Medical Excellence – Rete sanitaria d’eccellenza in Africa), con l’obiettivo di costruire in Africa centri medici di eccellenza, come il Centro Salam di cardiochirurgia. Ora, proprio in questi giorni, 1.200 volontari dell’organizzazione umanitaria fondata da Gino Strada, provenienti da ogni dove, si trovano a Livorno per diffondere la loro idea di sanità pubblica, animando così dibattiti, confronti con esperti e studiosi della materia.
I guasti prodotti dal concetto di profitto. Gino Strada va dritto al problema e dice: “Alla maggior parte dei cittadini è totalmente sconosciuto il fatto che la sanità è diventato un settore del mercato, dunque un business, come quello degli elettrodomestici, o delle automobili. Senza arrivare ai casi limite degli interventi chirurgici inutili, sui quali indaga la magistratura, l’aver introdotto il concetto di profitto nell’esercizio dell’assistenza medica, ha prodotto una rottura culturale, con conseguenze devastanti per la salute della gente. Si potrebbero ripercorrere le tappe di questo processo degenerativo – ha aggiunto Strada – che ha visto la complicità di tutte le forze politiche del Paese. Tutte, senza eccezione. E comunque a dimostrare con i numeri questo dramma nazionale è il Censis, non io, dal quale apprendiamo che il 15% della popolazione italiana non si cura adeguatamente, cioè circa 9 milioni di persone. Ecco, l’aver creduto che il profitto potesse entrare in questo ambito e che gli ospedali si potessero trasformare in aziende, ha prodotto questi guasti”.
Quei 30 miliardi in tasca a “Qualcuno”. Insomma, il cittadino medio – chiamiamolo così – non sa che le prestazioni che riceve dal sistema sanitario spesso non sono quelle di cui ha davvero bisogno. La logica del profitto, appunto, fa sì che la scelta del percorso terapeutico prenda un strada piuttosto che un’altra, proprio per garantire quel margino di guadagno a questo o a quello. “D’altra parte – prosegue Gino Strada – se la spesa sanitaria globale in Italia è di circa 110 miliardi e di tutti quei soldi circa 30 miliardi finiscono nelle tasche di qualcuno, qualcosa vorrà pur dire. Che poi questo “Qualcuno” sia il proprietario di una clinica, oppure quel denaro vada a finire nel fitto labirinto del parassitismo burocratico della sanità pubblica, dove i dirigenti sono tutti, ma proprio tutti, di nomina politica, questo non cambia il quadro della situazione. Insomma – conclude Strada -non ha più senso parlare di sanità pubblica o privata. Sono tutti uguali”.
Quel diritto che non c’è. Dunque, il senso di questo dodicesimo appuntamento di Emergency in una città italiana, è appunto quello di far conoscere meglio un’idea di Medicina pubblica, capace di garantire l’accesso alla salute tutti coloro i quali, per ragioni diverse, vengono esclusi o comunque non adeguatamente curati. “Il nostro intento – ha poi aggiunto Gino Strada – è quello di far capire che la gente non può aspettare la riforma sanitaria per essere curata. Se non conoscono i loro diritti, noi cerchiamo di farglieli conoscere. Quelli cioè che la nostra organizzazione afferma da sempre e ovunque, e cioè: nessuno deve essere discriminato. Abbiamo cominciato nel 2006 con il poliambulatorio a Palermo, poi a Marghera, abbiamo proseguito con gli ambulatori mobili e ci apprestiamo a completare i presidi sanitari a Napoli e a Polistena”.
LE TAPPE DI UN LUNGO PERCORSO
1994 – Ristrutturato e riaperto il reparto di chirurgia dell’ospedale di Kigali in Ruanda. Durante una missione di 4 mesi, un team chirurgico ha operato oltre 600 vittime di guerra. Contemporaneamente Emergency ha anche riattivato il reparto di ostetricia e ginecologia dove oltre 2.500 donne hanno ricevuto assistenza medica e chirurgica.
1996-2005 – Costruito un Centro chirurgico a Sulaimaniya, in Nord Iraq, per curare le vittime delle mine antiuomo. La struttura comprende unità per il trattamento delle ustioni e delle lesioni spinali. Nel 2005 il Centro e i 22 Posti di primo soccorso aperti nel Paese sono stati dati in consegna alle autorità sanitarie locali.
1998-2005 – Realizzato un Centro chirurgico a Erbil, in Nord Iraq, per dare cura alle vittime delle mine antiuomo. La struttura comprende un’unità per il trattamento delle ustioni e una per le lesioni spinali. Nel 2005 il Centro è stato affidato alle autorità sanitarie locali.
1998-2012 – Costruzione e gestione di un Centro chirurgico a Battambang e di 5 Posti di primo soccorso nel distretto di Samlot, in Cambogia.
1999 – Sostenuto l’orfanotrofio Jova Jovanovic Zmaj di Belgrado, in Serbia.
2000 – Inviato, su richiesta della Cooperazione Italiana, un team chirurgico in Eritrea. Il personale di Emergency ha lavorato due mesi nell’ospedale Mekane Hiwet, ad Asmara, curando le vittime del conflitto tra Etiopia ed Eritrea.
2001 – Costruito un Centro di riabilitazione e produzione protesi a Diana, Nord Iraq. Il Centro è stato dato in consegna alle autorità sanitarie locali.
2001 – Realizzato un programma di aiuti alle vedove di guerra con la distribuzione di bestiame per l’allevamento a 400 famiglie della Valle del Panshir, Afghanistan.
2003 – Forniti all’ospedale Al-Kindi di Bagdad, in Iraq, farmaci, materiali di consumo e combustibile per i generatori. Nello stesso periodo farmaci e materiale sanitario sono stati donati all’ospedale di Karbala, a sud di Bagdad.
2003 – Avviato un Centro di riabilitazione e produzione protesi a Medea, in Algeria. Emergency ha ristrutturato ed equipaggiato un edificio all’interno dell’ospedale pubblico, occupandosi anche della formazione del personale nazionale. La gestione del Centro, chiamato Amal, in arabo “speranza”, è stata trasferita alle autorità sanitarie locali nel 2004.
2003 – Costruito un Centro di riabilitazione e produzione protesi a Dohuk, in Nord Iraq. Il Centro è ora gestito dalle autorità sanitarie locali.
2003 – Intervenuti in Angola, nella provincia di Benguela, su invito di una congregazione di suore angolane. Due Centri sanitari sono stati ristrutturati, equipaggiati e gestiti per oltre un anno da Emergency, che ha provveduto anche alla formazione del personale nazionale.
2003-2004 – Inviato un team chirurgico presso l’unità ortopedica dell’ospedale pubblico di Jenin, in Palestina. Oltre allo svolgimento delle attività cliniche e alla formazione del personale sanitario, Emergency ha avviato un nuovo reparto di fisioterapia e una nuova corsia ortopedica.
2003-2004 – Rifornito di farmaci la Casa de la mujer, una rete di dispensari che presta assistenza alle donne malate di tumore e diabete in Nicaragua.
2003-2007 – Avviato un laboratorio di produzione di tappeti per favorire l’autonomia economica di donne, vedove o indigenti, della Valle del Panshir, Afghanistan.
2004 – Sostenuta la popolazione di Falluja, in Iraq, durante l’assedio della città cessato a maggio. Generi di prima necessità, acqua e farmaci sono stati distribuiti ai rappresentanti della comunità e all’ospedale cittadino.
2004-2005 – Ricostruito e allestito il reparto di Chirurgia d’urgenza dell’ospedale di Al Fashir in Nord Darfur, in Sudan. La struttura comprende un blocco chirurgico e una corsia da 20 posti letto. Il reparto è stato trasferito al ministero della Sanità nell’agosto 2005.
2005 – Fornito all’ospedale generale di Kalutara, in Sri-Lanka, strumentario chirurgico e materiale di consumo per potenziare le attività cliniche dopo lo tsumani che ha colpito il Paese.
2005 – In seguito allo tsunami del 2004, è stato portato a termine il progetto Ritorno al mare che prevedeva la distribuzione di barche a motore, canoe e reti da pesca ai pescatori del villaggio di Punochchimunai in Sri-Lanka. Per favorire la ripresa delle attività quotidiane, inoltre, sono stati consegnati kit scolastici agli studenti.
2005-2007 – Organizzati corsi di igiene, prevenzione e primo soccorso rivolto ai detenuti del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. Presso lo stesso carcere Emergency ha organizzato uno screening della tubercolosi. Emergency ha garantito l’assistenza di medici specialisti in alcuni istituti di pena del Lazio.
2005-2008 – Ricostruite 91 abitazioni in muratura destinate alle famiglie del villaggio Punochchimunai, in Sri-Lanka, rimaste senza casa dopo lo tsunami. La consegna delle abitazioni è avvenuta nel settembre 2008 a causa della ripresa delle ostilità tra governo e separatisti che ha bloccato i lavori per molti mesi.
2011 – Programma di chirurgia di guerra in Libia, nella città di Misurata sotto assedio.
“Quando Olivetti inventò il PC”, documentario di Alessandro Bernard e Paolo Ceretto sulla storia sconosciuta dell’invenzione del primo Personal Computer, prodotto da Zenit Arti Audiovisive di Torino
Era il 4 ottobre del 1965 quando le più importanti testate della stampa americana – New York Times, Wall Street Journal, Business Week, New York Herald Tribune – titolano a piena pagina: “The first desk top computer of the world”.
Un team di giovani ricercatori dell’Olivetti di Ivrea, diretti dall’ingegnere Piergiorgio Perotto aveva presentato alla fiera di New York il primo Personal Computer: la Programma 101, un calcolatore grande come una macchina da scrivere, pensato per il singolo utente in un’epoca in cui i calcolatori erano enormi, complicati e inaccessibili.
I visionari ragazzi dell’Olivetti avevano dato vita ad un’invezione straordinaria, una rivoluzione copernicana che avrebbe cambiato il mondo!
Il 6 aprile 2009, un terremoto ha ferito la città dell’Aquila, ucciso 309 persone e devastato economicamente e socialmente un intero territorio e la sua comunità. Oggi, a quattro anni da quella terribile notte, l’illegalità diffusa e la corruzione rischiano di uccidere la città, il cui processo di ricostruzione non è ancora stato propriamente avviato. Dall’altro lato il soffocamento sistematico di ogni tentativo di partecipazione attiva della popolazione e di ogni moto di indignazione e protesta, rischiano di spegnere definitivamente ogni residuo senso di giustizia e la speranza in una rinascita.
Questo video nasce da un lavoro di ricerca e riflessione sul tema della legalità e della giustizia nel contesto aquilano del post-terremoto, svolto da studenti e studentesse del Liceo Cotugno dell’Aquila, coordinati dalla professoressa Annalucia Bonanni.
Una ricognizione delle inchieste in atto e dei processi celebrati all’Aquila, restituisce un quadro sconfortante: il terremoto è diventato occasione di speculazione affaristica e mediatica e in tal senso i mali di questa città sono lo specchio dei mali del Paese.
Le ragazze e i ragazzi impegnati nel progetto hanno scoperto quanto diffusa sia stata, e sia tuttora, l’illegalità nella città dell’Aquila. A fronte di una corruzione che coinvolge tutte le amministrazioni pubbliche e i più alti livelli di rappresentanza dello Stato, spiccano i processi nei confronti di alcuni cittadini che hanno dato vita a una stagione di manifestazioni e proteste per reclamare quei diritti e quella partecipazione alla cosa pubblica che sono stati puntualmente negati e soffocati.
La conclusione, allora, è che non c’è Ricostruzione possibile dove non c’è legalità. E soprattutto, è necessario che la legalità, come dice il titolo, abbia il volto della Giustizia.
“IL VOLTO DELLA GIUSTIZIA”
Da un’idea di Annalucia Bonanni
Regia: Stefano Ianni
Soggetto e testo: Annalucia Bonanni
Fotografia: Francesco Colantoni
Suono in presa diretta: Giulio Ughi
Musiche: Professor Cliq
Si ringraziano per i materiali di repertorio: Luca Cococcetta, Francesco Paolucci, Alberto Puliafito
Il video è stato presentato il 6 aprile 2013 al convegno “Ricostruiamo la legalità partendo da L’Aquila”, organizzato dall’A.N.M. e da LIBERA per il quarto anniversario del terremoto.
Si precisa che il prefetto sotto inchiesta fuori l’Aquila di cui si parla nel video è il prefetto in carica all’Aquila dal 26 maggio 2010 al 4 novembre 2012.
Seicento familiari delle vittime di stragi e tantissimi giovani sono arrivati per giornata del ricordo
FIRENZE – È un esercito pacifico di 150mila persone. Sono arrivate da tutta Italia per il mega corteo contro le mafie. Dalla Fortezza da Basso e allo stadio Franchi per la 18esima giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia organizzata da Libera e Avviso pubblico, che quest’anno si è tenuta a Firenze nel ventesimo anniversario della strage dei Georgofili. Mentre a Roma venivano eletti i presidenti di Camera e Senato. Entrambi rivolgono un pensiero a Firenze: «Vi confesso che mi è molto dispiaciuto non poter essere con loro come ogni anno. Hanno pronunciato i nomi di vittime della mafia, persone innocenti uccise nel pieno della loro vita. Il loro impegno, il loro sacrificio, il loro esempio deve essere nostro faro» dice Piero Grasso. Ed è arrivato anche il saluto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «L’iniziativa odierna rappresenta un segnale di speranza e di determinazione che si rinnova ogni anno. L’Italia ha sempre saputo trovare, nei momenti difficili della sua storia, la forza di reagire alle avversità, attingendo al suo straordinario patrimonio di civiltà di cui Firenze è esempio indiscusso».
Il corteo è partito intorno alle 9 dalla Fortezza. In testa al lungo serpentone di persone c’è Don Ciotti e 600 familiari delle vittime della criminalità organizzata: semplici cittadini, magistrati, giornalisti, sacerdoti, poliziotti, imprenditori, sindacalisti, politici; in tanti hanno stampato il volto del proprio familiare sulla maglietta. Il lungo serpentone di persone è fatto soprattutto di giovani, con palloncini e bandiere colorate. Durante la marcia vengono detti col megafono i nomi delle 900 vittime di mafia a ripetizione continua. Ci sono scuole che vengono anche dalla Valle d’Aosta, dal Veneto. Tanti gli striscioni: «La mafia nuoce gravemente alla salute», «Mafia non mi fai paura», «La libertà non ha «pizzo», e ce n’è uno anche su Renzi: «Franciscus Papa, Renzi premier et omnia mutabunt». I familiari delle vittime della strage di Viareggio hanno uno striscione con scritto: «Verità, giustizia e sicurezza per Viareggio». Il corteo ha anche sostato per alcuni momenti di raccoglimento sotto la casa dove il 26 giugno 1967 morì don Lorenzo Milani, il parroco di Barbiana del Mugello celebre per le sue battaglie civili. Dal palco, fuori dal Franchi, sono stati letti i nomi delle vittime e sono iniziati gli interventi. Tanta emozione per le parole di Don Ciotti: «La mafia è come la peste. Dobbiamo unire ciò che le mafie e i potenti vogliono dividere».
«Non è un corteo come gli altri — ha continuato il presidente di Libera— perché a partecipare sono i familiari delle vittime della mafia, una mafia che è una peste che si espande come un cancro per tutto il Paese. Per combatterla non basta commuoversi, bisogna muoversi» e bisogna farlo «per 365 giorni l’anno». Presente alla manifestazione il sindaco Matteo Renzi che su Twitter scrive: «Piero Grasso e Laura Boldrini sono due ottime proposte del Pd. Da Firenze, dalla manifestazione di Libera, facciamo il tifo per loro»; gli fa eco Don Ciotti: « Sono dei bei nomi. Piero Grasso e Laura Boldrini sono persone di grande valore, con una storia significativa». Ancora Susanna Camusso: «Il lavoro è tra le prime vittime delle criminalità organizzate e la legalità è il tessuto fondamentale verso cui andare», e il sindaco De Magistris: «Qui ci sono molti cittadini, molti giovani che vogliono lottare contro le mafie, ma ci sono anche molti sindaci, i quali sono molto più uniti tra loro di quanto si possa immaginare».
Per l’assessore alla legalità di Palazzo Vecchio Cristina Giachi è necessario «commemorare, ma anche tramandare, mandare oltre, trasmettere a chi viene dopo, a chi non era neppure bambino, quel 27 maggio del 1993, quando un Fiorino con 250 chili di esplosivo ad alto potenziale scoppiò in via dei Georgofili». E ci sono anche tanti amministratori provenienti dal Sud Italia. «Persone come Don Ciotti arricchiscono il Paese, vorremmo uno così in ogni ministero, in ogni istituzione», dice Fiorella Mannoia che ha cantato dal palco. E a chiusura della manifestazione arriva anche Prandelli: «Essere qui oggi significa non dimenticare, far ricordare. È un problema di tutti, non di poche persone». Nel pomeriggio sono partiti i seminari, ma la maggior parte dei giovani è risalita sui pullman lasciando Firenze. Qualche disagio al traffico, soprattutto per la chiusura di viale Strozzi dalle 6 alle 11.
Gaetano Cervone
Jacopo Storni
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Due splendide oche canadesi rischiavano di morire, poi l’intervento: oggi la loro storia è diventata una fiaba e in futuro, forse, potrebbe diventare anche un film
Si chiamano Ottorino e Esmeralda, e sono due splendide oche canadesi, le uniche al mondo che possono vantare un becco di rame: oggi la loro storia è diventata una fiaba e in futuro, forse, potrebbe diventare anche un film. Per la prima volta una protesi in rame è stata realizzata e applicata ai due volatili che avevano perso gran parte del becco e rischiavano di morire perchè non riuscivano più a nutrirsi. L’operazione è stata compiuta dal veterinario umbro Alberto Briganti, che esercita a Figline Valdarno (Firenze) e a Spoleto, che ha avuto l’intuizione di modellare alcune lastre di rame a forma di becco.
Il doppio intervento è stato presentato a Firenze da Briganti spiegando che «si tratta davvero di una bella storia, di quelle che oggi si sentono raramente. Da questa esperienza è stato anche creato un marchio, Copperbeak, che è legato al progetto di dare vita ad una Fondazione per la cura e il recupero di animali selvatici in difficolta». Ottorino ed Esmeralda, ha aggiunto, «sono due animali da compagnia che ci sono stati portati dalle loro rispettive famiglie. La loro storia è già diventata una fiaba per bambini e intendiamo venderne i diritti per finanziare la fondazione. Con lo stesso obiettivo vogliamo dare in licenza il nostro marchio». Per la fiaba, ha detto ancora Briganti «ci sono già interessi dal mondo dell’editoria, in futuro pensiamo anche da parte del mondo del cinema, e siamo riusciti ad avere anche alcuni contatti con la Walt Disney». Il veterinario ha spiegato che «da tempo siamo impegnati ad aiutare gli animali, specie quelli selvatici, ma è un costo non da poco. Abbiamo assistito tantissimi animali, lupi investiti o che stavano male, cervi che avevano filo spinato incastrato tra le corna, e abbiamo compiuto addirittura un cesareo a un’aquila che non riusciva a fare il suo uovo».
In una struttura appositamente allestita in piazza Duomo, tre giorni di incontri, conferenze, dibattiti, musica e spettacoli. Una scelta simbolica, quella del capoluogo abruzzese, con la quale l’organizzazione umanitaria fondata da Gino Strada vuole offrire un segno di solidarietà a chi vive ancora le conseguenze del terremoto
ROMA – A come Armi, B come Bellezza, C come Costituzione, D come Diritti… e poi M come Medicina, P come Pace, U come Uguaglianza, V come Volontari… sono “le parole di Emergency”, un vocabolario essenziale per raccontare una storia di progetti umanitari e impegno civile lunga 18 anni.
La costruzione di questo abbecedario sarà il tema dell’11° Incontro nazionale dell’associazione che quest’anno si terrà all’Aquila da oggi, giovedì 6 settembre, a sabato 8. Una scelta simbolica, quella del capoluogo abruzzese, con la quale Emergency vuole offrire un segno di solidarietà a chi vive ancora le conseguenze del terremoto dell’aprile 2009. Una scelta anche concreta, quella di coinvolgere la cittadinanza nelle sue attività e contribuire ad animare il centro storico della città.
In una struttura appositamente allestita in piazza Duomo, incontri, conferenze, dibattiti, musica e spettacoli parleranno di Emergency, delle sue iniziative e delle sue attività umanitarie in Italia e nel mondo. Con un’attenzione particolare al nostro Paese e ai diritti disattesi che stanno emergendo con sempre maggiore evidenza in questo periodo: giovedì 6, nell’incontro pubblico “Emergenza Italia” condotto dal direttore di Rainews24 Corradino Mineo, ne parleranno Cecilia Strada, presidente di Emergency, Giancarlo Caselli, Procuratore della Repubblica, il vignettista Vauro, Don Pino De Masi, Vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi e referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro, Maurizio Landini, segretario della Fiom-CGIL, e il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente.
Venerdì 7, sempre in piazza Duomo, Lella Costa condurrà la serata “Le parole di Emergency”, che vedrà tra i suoi ospiti Gino Strada, Cecilia Strada, Erri De Luca, Frankie Hi-Nrg, Ascanio Celestini e Alessandro Bergonzoni. Sabato 8 i medici e gli infermieri di Emergency parleranno del loro lavoro in Africa, in Iraq, in Afghanistan e anche in Italia. La serata sarà dedicata alla musica con Marina Rei, Paola Turci, Frankie Hi-Nrg e Fiorella Mannoia.
Gli eventi saranno trasmessi in diretta “a rete unificata” su Incontronazionale.emergency.it 1, su Altratv.tv, sulle web tv e sui media digitali locali del network, oltre che in live streaming su grandi network editoriali. Per twittare in diretta hashtag #emr2012.
Per tutta la durata dell’Incontro nazionale sarà allestita una tenda gastronomica in piazza della Chiesa di San Bernardino dove si potranno gustare piatti tipici abruzzesi preparati da studenti e docenti dell’Istituto alberghiero “Leonardo Da Vinci” dell’Aquila, con prodotti tipici donati dai produttori locali associati alla CIA L’Aquila (Confederazione Italiana Agricoltori). In Corso Vittorio Emanuele si potranno acquistare prodotti tipici d’Abruzzo e dell’Aquila. Il programma dettagliato dell’Incontro nazionale è sul sito 2 dell’organizzazione.