Una startup italiana si mette in evidenza al TechCrunch Disrupt: è “Grow the Planet”, network per chiunque voglia crearsi un orto. Proprio come su Facebook, si possono invitare amici, condividere consigli e raccolti
di MAURO MUNAFO’
IL SUO NOME è Grow the Planet, ma in rete si è già guadagnato l’appellativo di “FarmVille per il mondo reale” perché, proprio come nel celebre gioco su Facebook, vuole convincere i suoi utenti a dare il via alle coltivazioni. L’unica differenza è che qui non si parla di zappe e carote digitali, ma di orti veri e propri.
Il nuovo social network per chi ha il pollice verde è stato lanciato dal palco del TechCrunch Disrupt, uno dei principali eventi per le startup web, ed è un’iniziativa tutta italiana che sta già raccogliendo ottime critiche oltreoceano. “L’obiettivo di Grow the Planet è di incuriosire e coinvolgere le persone nel crearsi un proprio orto – spiega il fondatore Leonard Piras – Ci piacerebbe che tutti capissero come è facile e divertente far crescere un orto, mangiare del cibo più salutare e migliorare l’ambiente che ci circonda”.
Il sito si distingue dalle altre esperienze simili per il suo approccio che cerca di coinvolgere sia il dilettante che il giardiniere più esperto. Proprio come in un social network, ogni utente può creare una lista di propri amici e, grazie alle geolocalizzazione degli orti, possono nascere delle comunità locali per lo scambio di semi e ortaggi, o con cui organizzarsi per acquisti a distanza.
Su Grow the Planet è possibile “disegnare” il proprio orto, e specificare quali ortaggi o piante si vogliono coltivare. In questo modo si ricevono delle informazioni utili su come agire e sui tempi e sulle cure necessarie perché gli spinaci crescano sani e forti, o le zucchine non appassiscano in fretta. Un algoritmo speciale aggiorna inoltre sulle condizioni meteo e fornisce suggerimenti in tempo reale sul da farsi: evitare che una grandinata possa distruggere il frutto di tanta fatica dovrebbe diventare più facile. Creare il proprio orto non sarà forse immediato e indolore come in Farmville, ma chiunque voglia mettere alla prova il suo pollice verde con l’ausilio delle nuove tecnologie risparmierà non poca fatica.
Grazie alla sua grafica accattivante e alle sue opzioni, Grow the Planet è entrato nel novero delle dieci finaliste del concorso TechCrunch Disrupt, e potrebbe portarsi a casa la coppa e i 50mila dollari destinati al primo classificato. Più che il premio in denaro tuttavia, l’obiettivo delle società che volano fino a San Francisco è quello di mettersi in risalto davanti a una platea di investitori di primissimo livello, che includono i principali venture capital della Silicon Valley e le grandi società tecnologiche come Facebook, Google e Yahoo.
Tanto per dare un’idea, la società che ha vinto la precedente edizione del Disrupt (Get Around), è riuscita ad ottenere un investimento di 3,4 milioni di dollari dopo tre mesi dalla manifestazione. Per il momento sui ragazzi di Grow the planet ha già scommesso H-Farm Ventures, l’incubatore e venture capital di Roncade (Treviso) partecipato da Renzo Rosso e tra i principali protagonisti della scena web italiana, che ha investito circa 70mila dollari nella giovane azienda.
Ma al Disrupt di quest’anno l’Italia non è rappresentata solo da Grow the planet, e tra le circa duecento startup arrivate da tutto il mondo per mettersi in mostra a San Francisco ci sono diversi nomi di aziende nostrane, segno che il settore web sta facendo emergere anche nel Belpaese una serie di iniziative di primo piano. Se Grow the planet concorre alla gara per aggiudicarsi il premio come società più promettente all’esordio, un’altra parte dell’esposizione è dedicata invece a quelle startup che hanno aperto i battenti da meno di due anni e vogliono farsi conoscere o lanciare nuovi prodotti.
A difendere il made in Italy ci pensano in questa sezione Crowdengineering, società fondata da Gioacchino La Vecchia e con sedi a Catania, Pisa e in Silicon Valley, che ha presentato Crowd4Self, una nuova piattaforma rivolta alle piccole e medie imprese che vogliono realizzare dei progetti in crowdsourcing e personalizzarli attraverso un programma di semplice utilizzo. Ma tra gli stand del Disrupt si possono trovare anche i bolognesi di Mopapp, il programma per monitorare le vendite e i download delle applicazioni per smartphone già segnalato al SeedCamp di Berlino come una delle startup più promettenti in Europa; la milanese Empatica che sviluppa software e hardware per monitorare in tempo reale la salute e le emozioni dell’utente e condividerle con medici o amici, o la startup danese (ma fondata da tre italiani) Evertale, un’applicazione mobile per creare un album dei ricordi digitale.