L’ultima intervista di Giuseppe (Pippo) Fava rilasciata ad Enzo Biagi nel dicembre del 1983 nel corso della trasmissione “Film Story – Mafia e Camorra”.
Presentiamo una versione inedita e quasi integrale di circa 15 minuti, divisa in due parti.
L’ultima intervista di Giuseppe (Pippo) Fava rilasciata ad Enzo Biagi nel dicembre del 1983 nel corso della trasmissione “Film Story – Mafia e Camorra”.
Presentiamo una versione inedita e quasi integrale di circa 15 minuti, divisa in due parti.
Dopo sessantaquattro anni la procura di Palermo ha aperto un nuovo fascicolo sulla scomparsa e sull’assassinio di Placido Rizzotto, il sindacalista della Cgil ucciso a Corleone il 10 marzo 1948. La nuova indagine deriva dal ritrovamento di alcune ossa nella foiba di Rocca Busambra nel 2009. Il precipizio vicino a Corleone è infatti il posto dove venne gettato il cadavere del sindacalista dopo l’assassinio. Nel marzo scorso la polizia scientifica ha comparato il dna estratto da quei resti con quello di Carmelo Rizzotto, il padre del sindacalista, morto anni fa ma riesumato per l’occasione. Il risultato delle analisi ha lasciato ritenere che quei resti erano proprio le ultime spoglie di Placido Rizzotto.
L’apertura dell’indagine è dovuta quindi ad esigenze tecniche della procura di Termini Imerese, che ha adottato il provvedimento dopo la richiesta di comparazione del dna. Il fascicolo è stato quindi spedito al procuratore aggiunto Ignazio De Francisci, per un possibile supplemento d’indagine. L’invio del fascicolo alla direzione distrettuale antimafia era un atto dovuto dato che Rizzotto venne probabilmente assassinato dal boss di Cosa Nostra Luciano Liggio, anche se all’epoca dei fatti non esisteva ancora il reato di associazione mafiosa, introdotto solo nel 1982. Fino ad oggi infatti nessuno è stato mai condannato per l’omicidio di Rizzotto. Subito dopo il delitto le indagini furono affidate a Carlo Alberto Dalla Chiesa, allora giovane capitano dei carabinieri a Corleone, che aveva portato alla sbarra il boss Luciano Liggio, Biagio Cutrupia, Vincenzo Collura e Pasquale Criscione. Nel 1959 però la corte decise di assolvere Liggio, Criscione e Collura per insufficienza di prove, mentre Cutrupia venne assolto con formula piena. Liggio si appellò chiedendo l’assoluzione con formula piena, ma la sentenza divenne definitiva nel 1961.
L’ipotesi degl’inquirenti – che visti i tempi è ormai accreditata come fatto storico – è che il killer di Rizzotto fu proprio Luciano Liggio, che si giovò della collaborazione di Criscione, amico di Rizzotto. Fu proprio Criscione che avrebbe convinto il sindacalista a fare una passeggiata fuori dal paese dopo una riunione alla camera del lavoro la sera del 10 marzo 1948. Liggio li seguì nell’ombra e giunti fuori dal centro abitato, aspettò che Criscione si dileguasse, prima di uccidere Rizzotto con tre colpi di pistola. Il mandante dell’omicidio Rizzotto fu probabilmente don Michele Navarra, boss e medico condotto del paese, che non vedeva di buon occhio le iniziative del sindacalista socialista, in prima linea durante il periodo dell’occupazione delle terre.
L’unico testimone del delitto era stato il piccolo pastorello Giuseppe Letizia, assassinato in seguito proprio dal boss Navarra, che con la scusa di vaccinarlo, lo uccise con un’iniezione letale. Oggi tutti gli attori dell’assassinio di Rizzotto e di Letizia sono deceduti da tempo. Proprio ieri a Corleone si sono celebrati i funerali solenni alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha consegnato la medaglia al valor civile all’anziana sorella di Rizzotto, Giuseppa. Durante l’orazione funebre la segretaria della Cgil Susanna Camusso ha ribadito che “bisogna individuare mandanti ed esecutori, ma anche per accertare l’evoluzione dei fatti che hanno portato la mafia corleonese, che è la stessa che uccise Rizzotto, a condizionare la storia recente di questo Paese”.
MILANO – «Funerali di Stato per Placido Rizzotto. Ne siamo contenti e orgogliosi». Lo scrive su twitter il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Il consiglio dei ministri di venerdì ha deciso che siano a carico dello Stato le spese per i funerali di Franco Lamolinara, l’ingegnere italiano ucciso in Nigeria e del sindacalista Placido Rizzotto. Una volta completati gli accertamenti tecnici sui resti dei corpi recentemente recuperati.
IL RITROVAMENTO – Solo qualche giorno fa la conferma della polizia scientifica di Palermo, che i resti rinvenuti a Corleone nel 2009, appartenevano proprio al sindacalista della Cgil rapito dalla mafia il 10 marzo del 1948. Rizzotto fu rapito a 34 anni mentre stava andando a una riunione politica. Impegnato a fianco del movimento contadino, che lottava contro la mafia e il latifondo, da segretario della Camera del lavoro di Corleone organizzava la rivolta per l’occupazione delle terre che erano in mano ai mafiosi.
LA MOBILITAZIONE – La notizia del ritrovamento dei resti di Rizzotto aveva creato grande commozione tanto che sui social network era partita una mobilitazione spontanea per i funerali di Stato. In particolar modo su Twitter dove molti esponenti politici e semplici cittadini avevano twittato #funeralidistatoperplacidorizzotto.
I COMMENTI – Tutti soddisfatti della decisione presa i leader politici, a partire da Perluigi Bersani fino al sindaco di Corleone Nino Iannazzo: «Siamo molto contenti di questa decisione presa dal Consiglio dei ministri. È un atto che dá ancora più rilievo all’attivitá degli inquirenti e della Polizia scientifica che ha riconosciuto i resti del povero Rizzotto».
Redazione Online
La lettera del nipote del sindacalista ucciso: «Questa iniziativa ci lusinga» | Sassoli: «Riscatto per la comunità» di Ma. Ge. | Tanti i consensi all’appello rivolto a Monti e Napolitano. Bersani: «Aderisco all’appello» | La proposta di Sassoli e Damiano | La lettera dell’Unità al premier. Aderite alla campagna, scriveteci su Facebook e Twitter.
Gentile direttore, mi chiamo Placido Rizzotto ho 59 anni e sono il nipote del sindacalista ucciso nel 1948. Ho molto apprezzato la campagna che il suo giornale sta portando avanti per dare funerali di Stato a mio zio e la ringrazio per questo. Placido Rizzotto non l’ho mai conosciuto. Sono nato tre anni dopo la sua morte.
Ma di mio zio, oltre al nome, mi porto dietro i ricordi e i racconti della mia famiglia. Me lo hanno sempre descritto come una persona buona, che si è sempre battuta per altri prima ancora che per se stesso. Un uomo che ha sfidato i mafiosi locali, i gabellotti, per difendere i contadini, i bisognosi, gli ultimi.
Ed è stato proprio il suo impegno a condannarlo a morte. In tutti questi anni passati a cercare una verità, che dalle aule di tribunale non è mai arrivata, per noi è stato sempre chiaro qual era il movente: mio zio è stato colpito perché stava cercando di strappare i contadini alla loro condizione di servitù. Il processo in tre gradi e l’assoluzione per insufficienza di prove non hanno spostato una virgola a quanto già sapevamo.
Quando abbiamo letto dei funerali di Stato sono stato colto di sorpresa. Il mio impegno e quello della mia famiglia, fino ad ora, era indirizzato a dare una degna sepoltura al corpo di mio zio e ad accertare la verità.
Sassoli: «Funerali sono riscatto per la comunità» di M. Gerina
Tanti i consensi all’appello rivolto a Monti e Napolitano. Bersani: «Aderisco all’appello de l’Unità»
L’appello del nostro giornale al premier: ecco perché è giusto
La proposta di Sassoli e Damiano su Twitter
Questa iniziativa ci lusinga ed è un riconoscimento che va anche a quella parte di Corleone che si oppone alla mafia. Placido è morto per il suo impegno civile. Un impegno che rende la sua figura ancora attuale. Mio zio, in un certo senso, vive ancora.
Vive, ad esempio, in tutte quelle realtà di giovani che operano nei campi confiscati alla mafia, in quelle cooperative che portano legalità e lavoro, ma vive anche al fianco di quei lavoratori che oggi vedono i loro diritti sotto attacco. Anche per questo credo che sia opportuno i funerali di stato per mio zio. Per non dimenticare.
Placido Rizzotto sindacalista ucciso dalla mafia a Corleone il 10 marzo del 1948
Sessantaquattro anni dopo, lo Stato italiano si è convinto che Placido Rizzotto fu ammazzato da mano mafiosa. E che fu ammazzato in quel di Corleone, dai sicari mafiosi al soldo di Luciano Liggio. E che il cadavere venne fatto ruzzolare appositamente nella foiba di Roccabusambra affinchè nessuno andasse a curiosare. L’unico testimone che aveva visto tutto, il pastorello Giuseppe Letizia di appena tredici anni, venne tolto di mezzo con un’iniezione letale dal dottor Michele Navarra, primario dell’ Ospedale dei Bianchi, sempre in quel di Corleone, nonché mafioso e sodale proprio di Luciano Liggio.
http://www.laperfettaletizia.com/2012/03/placido-rizzotto-il-tempo-e-galantuomo.html