Ha unito le piazze di tutto il mondo, nella giornata di mobilitazione globale, la protesta contro il Trattato Transatlantico tra Stati Uniti e Unione Europea.
Sono almeno seicento le città tra il nuovo e il vecchio continente che hanno portato in piazza il dissenso verso un trattato che promette di abbattere le barriere non tariffarie.
Un futuro secondo i manifestanti in cui le multinazionali potranno beneficiare della deregolamentazione transatlantica dei commerci e della privatizzazione di beni comuni e di servizi pubblici.
“Non lo vogliamo, ci opponiamo – dice una manifestante a Monaco – è già abbastanza quello che ci impongono con gli Ogm”.
La protesta in vista anche del prossimo round di negoziati tra Stati Uniti e Unione Europea che si terrà nei prossimi giorni, è cresciuta negli ultimi anni di fronte al timore di una nuova ondata di privatizzazioni. Con l’austerità, e la necessità di far cassa da parte degli Stati, denunciano i manifestanti, per raggiungere i pareggio di bilancio, tutto sarà vendibile.
“Si realizza l’utopia delle multinazionali”, si poteva leggere su uno delle migliaia di cartelli presenti nei cortei contro il Trattato Transatlantico: “Si passa dallo stato di diritto allo stato di mercato”.
ilfattoquotidiano.it – Scontri a Bologna tra polizia e centri sociali nei pressi dell’aula magna dove il governatore di Bankitalia Vincenzo Visco stava tenendo una lectio magistralis. I manifestanti hanno dichiarato 4 feriti di GZ
Gli esercenti devono accettare il pagamento con moneta elettronica, ma non c’è alcun obbligo di utilizzo. “Chi ottempera ha dei costi, e chi non lo fa, non ha sanzioni”, spiega il presidente dell’Istituto per la competitività. E non si può contare su incentivi e detrazioni. Il beneficio, per ora, è tutto per le banche: offerte poco chiare e difficilmente comparabili, nonostante le raccomandazioni di Bruxelles. Il governo convoca le parti il 16 luglio proprio per fare il punto su installazione e utilizzo
Doveva essere il passo in avanti per facilitare i pagamenti e far emergere anche parte dell’economia in grigio e in nero del Paese. E, invece, così com’è, il Pos obbligatorio per professionisti, artigiani e esercenti rischia di essere un’occasione mancata. Poco più di un regalo alle banche che propongono i servizi di “moneta elettronica” in una giungla di offerte fra le più care d’Europa. Per giunta difficilmente comparabili. Senza un grosso e cospicuo vantaggio per le casse pubbliche cui farebbe decisamente comodo recuperare almeno una parte dell’evasione fiscale record che, come ricorda il Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, ammonta a 50 miliardi (dato 2011) sui soli introiti Iva e Irap.
La legge, che ha introdotto il Pos obbligatorio per esercenti, liberi professionisti ed artigiani, non prevede infatti delle vere e proprie sanzioni, ma solo la possibilità per il cliente di rifiutare il pagamento in contanti. Fermo restando l’obbligo del pagamento, la norma non prevede alcuna forma di “incentivo fiscale” che potrebbe spingere all’emersione di un’importante fetta dell’economia italiana che oggi sfugge al fisco. “Esiste una correlazione diretta fra la diffusione di moneta elettronica e la riduzione dell’economia sommersa, spiega Stefano Da Empoli, presidente di ICom, Istituto romano per la competitività . Ma la sola obbligatorietà nella detenzione del Pos non è sufficiente a far scattare i meccanismi di emersione. Serve uno sforzo ulteriore sul fronte degli incentivi fiscali”.
Così come è strutturata la legge “mi sembra un bel discorso teorico, ma in pratica chi ottempera, ha dei costi, e chi non ottempera, non ha sanzioni. Il che pone anche un problema di concorrenza sleale. Per non parlare del fatto che stiamo parlando solo di una piccola fetta di economia sommersa” conclude Da Empoli. Il caso delle farmacie e la detraibilità dei farmaci è un esempio emblematico per spiegare come invece le cose possano funzionare diversamente inaugurando un percorso virtuoso a vantaggio della collettività. “Oggi tutti i cittadini chiedono gli scontrini al farmacista perchè sanno che potranno avere una detrazione” spiega Antonio Longo, presidente del Movimento difesa del cittadino e della Italian epayment coalition (Iepc), associazione che riunisce Movimento Difesa del Cittadino, Cittadinanzattiva onlus, Confconsumatori e Assoutenti. “Se il governo trovasse delle formule per cui un esercente o un cittadino che raggiunge un dato livello di transazioni tracciate elettronicamente ha diritto ad una detrazione fiscale, allora sono certo che si assisterebbe ad un fenomeno progressivo di emersione che porterebbe ad un allargamento della base imponibile e ad una conseguente maggiore equità fiscale“.
Il Pos obbligatorio è insomma “un passo importante” di un percorso ben più complesso in cui sarebbe bene “desse il buon esempio la Pubblica amministrazione che - come ricorda Longo - accetta in buona parte solo pagamenti in contanti”. Ma non può pesare solo su chi produce ricchezza con “una bastosta” che secondo la Confesercenti “ammonta a 5 miliardi l’anno fra costi di esercizio e commissioni”. Ecco perché la Iepc propone ad artigiani, professionisti ed esercenti di ingaggiare assieme una battaglia per ottenere dalle banche la gratuità dei terminali e una maggiore trasparenza sui costi di gestione del Pos che per Longo “è fra i più cari d’Europa, come del resto lo sono tutti i servizi bancari del Paese”. Proprio per discutere di questi aspetti, il governo ha convocato rappresentanti delle banche “per fare il punto sull’entità dei costi e delle commissioni sulle transazioni che commercianti, artigiani e professionisti devono sostenere per l’utilizzo dei Pos”. I costi legati all’installazione e all’utilizzo saranno al centro della riunione del 16 luglio con il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, e rappresentanti del ministero dell’Economia, di Bankitalia e il consorzio Bancomat.
L’introduzione dei Pos obbligatori, in effetti, ha fatto immediatamente scattare polemiche sulle tariffe dei terminali, sulle commissioni e sulla complessità di selezionare la migliore proposta commerciale per via delle soluzioni assai diverse offerte dalle banche. Per avere un’idea della situazione, basta dare uno sguardo alle proposte online sui siti dei più importanti istituti di credito italiani: si va dagli 11,42 euro al mese di Unicredit collegato al conto Imprendo per un pos standard (quello cordless però costa 28,53 euro) alla più complessa tariffazione di Intesa (da un minimo di 9,99 euro fino a un massimo di 36 euro euro per canone stagionale). Come differenze legate ad esempio anche al solo fatto che il pos si appoggi su una linea telefonica analogica (canone flat 21,90) o digitale (31,90). Ci sono poi pacchetti tutto incluso con il conto come nel caso Mps (canone 25 euro) o offerte “con installazione gratuita” come per Poste Italiane che prevede un canone da 15 euro al mese. Senza contare le commissioni che vanno dal 2,5 al 4% a seconda degli istituti di credito.
Una vera giungla di offerte che preoccupa anche Bruxelles. Lo testimonia il fatto che, sulla questione, nell’aprile scorso, è intervenuto anche il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (CBVB). Il principale organismo di definizione degli standard internazionali per la regolamentazione prudenziale del settore bancario, ha suggerito a governi e supervisori, Bankitalia in primis, di “implementare la disclosure” (cioè migliorare le informazioni) e di “facilitare la comparazione di prodotti concorrenti” con adeguata documentazione. Suggerimenti che in un futuro porteranno di certo un beneficio per Stato e cittadini. Ma di sicuro non per gli utili delle banche.
La lettera del Commissario europeo alla concorrenza è sul tavolo del ministero dell’Economia per sospetti aiuti di Stato gli istituti di credito: “Stiamo valutando”. Il decreto del governo Letta aveva scatenato la bagarre in Parlamento, sfociata ieri in duri provvedimenti disciplinari, soprattutto contro deputati M5S. Villarosa: “Sono felicissimo”
Il decreto Bankitalia diventa un caso europeo. Il Commissario Ue per la concorrenza ha inviato al ministero dell’Economia una lettera con una richiesta di chiarimento, per capire se dietro la rivalutazione miliardaria del capitale sociale della Banca centrale – il relativo decreto ha scatenato la bagarre in Parlamento per la quale ieri sono stati puniti in sede disciplinare 24 deputati, tra i quali 22 del’M5S – si celi un aiuto di Stato mascherato perché fortemente limitato dalle norme dell’Unione europea. Aiuti, in particolare, agli istituti bancari che trarranno benefici in termini di patrimonializzazione dalla rivalutazione prima e poi dalla vendita delle quote stesse. L’arrivo della missiva è confermata da fonti del Tesoro: “Il ministero sta ora valutando”, spiegano. Mentre il portavoce del commissario alla concorrenza Joaquin Almunia chiarisce che “i tempi dell’analisi della Commissione Ue delle norme sulle quote di Bankitalia dipendono dall’Italia: ora sta alle autorità italiane rispondere alla nostra richiesta di informazioni”.
“Ventisei M5S sospesi dalla Boldrini, 26 medaglie”, festeggia intanto Beppe Grillo sul suo blog elencando, uno per uno, i nomi dei deputati sanzionati dall’ufficio di presidenza della Camera per gli scontri in Aula del 29 dicembre. “Il M5S fece ostruzionismo, e alla fine la Boldrini applicò per la prima volta nella storia l’ormai famosa ‘ghigliottina’ tagliando gli interventi in aula e approvando il decreto senza altre discussioni. Il M5S protestò rumorosamente, la deputata Lupo si beccò un ceffone in faccia ad opera dell’illustre statista questore Dambruoso, e oggi arriva la sentenza della Presidenza che punisce tutto ciò”.
L’Unione europea – secondo quanto risulta all’Ansa – si è attivata anche su denuncia dell’Adusbef alla quale ha scritto lo scorso 11 febbraio per confermare l’apertura del fascicolo SA.38311 (2014/CP) su “Revaluation of Banca d’Italia – Italy”. Il decreto sotto esame, che l’allora ministro Saccomanni non avrebbe mai notificato a Bruxelles, prevede in particolare la rivalutazione da 300 milioni di lire a 7,5 miliardi di euro delle quote di via Nazionale, in possesso di molti istituti di credito, e in vieta di detenere più del 3% del capitale. Sopra questa soglia sono in particolare Intesa-SanPaolo e Unicredit, ma anche Generali, Cassa di risparmio di Bologna, Inps e Carige. Il decreto prevede, la dismissione delle quote eccedenti che, se non trovano investitori sul mercato, possono essere acquistate “temporaneamente” dalla Banca d’Italia stessa. Un’altra norma, poi, prevede la possibilità della distribuzione di un dividendo, da parte della banca d’Italia, fino al 6% del valore di ogni singola quota. Da qui le proteste in Parlamento, con in testa il Movimento Cinque Stelle, sul “regalo miliardario alle banche”.
Il caso è stato anticipato oggi da Repubblica. Secondo il quotidiano, la lettera è partita pochi giorni fa per capire dal Tesoro se, dietro la rivalutazione delle quote di Bankitalia, non ci siano aiuti di Stato agli istituti. Nell’articolo si cita in particolare la denuncia dell’eurodeputato dell’Idv, Niccolò Rinaldi, ma sul tavolo della commissione vi sarebbe almeno un altra denuncia: quella delle due associazioni di consumatori Adusbef-Federconsumatori che all’inizio del mese avevano presentato un esposto a circa 130 procure generali e alla Corte dei Conti contro la riforma di Bankitalia.
“Abbiamo ricevuto nei giorni scorsi la mail della Commissione Europea – afferma oggi il presidente di Adusbef Elio Lannutti – C’è indicato un indirizzo al quale mandare ulteriore documentazione. Ho anche chiamato il funzionario e posso dare la conferma che sul tema si è attivata la commissione”. L’articolo di Repubblica, che evidenzia come “per ora Bruxelles non salta alla conclusione, perché il caso Bankitalia è appena agli inizi”, sostiene che al di là delle segnalazioni le autorità europee avevano comunque notato l’operazione, in considerazione anche dell’esame dell’Eba – l’autorità europea sulle banche – sui bilanci degli istituti.
“Quando ieri ho saputo della mia sanzione avevo detto che la storia li avrebbe puniti per questo. Ecco, il giorno dopo quella sanzione la storia inizia a punirli…”, commenta il deputato M5S Alessio Villarosa. “Sono felicissimo. Lo avevamo già detto che la Bce non aveva avuto in tempo utile i documenti di quella operazione”. Mentre il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, fa sapere che “il decreto su Banca d’Italia è finito nel mirino dell’Unione europea. Un atto vergognoso. Vogliamo discutere in Parlamento delle critiche”.
Dunque, per l’informazione funziona così. È più grave un “Boia chi molla” (immagine orrenda che mi fa schifo e che non userei neanche sotto tortura) di 7 miliardi e mezzo pubblici regalati alle banche private con l’avallo di destra, centro e sinistra. È più grave criticare la Boldrini (“sessismo”) che difenderla per la sua faziosità imbarazzante. È più grave un “siete qui perché fate i pompini” (altro insulto idiota, greve e indifendibile) di uno schiaffone di un “questore” a una deputata (se lo avesse dato un 5 Stelle, quello schiaffo, ci avrebbero frantumato gli zebedei per mesi con la storiella dei nuovi fascisti). È più grave contestare Napolitano, al punto da chiederne l’impeachment, di quello che ha fatto (e non fatto) Napolitano. È più grave protestare, anche veementemente, contro una ghigliottina oscena, una Presidente della Camera improponibile e una democrazia in agonia, che uccidere giorno dopo giorno la politica (e la speranza).
Si suole ragionar così in Italia, ed è un ben curioso modo di ragionare: la pagliuzza va uccisa, la trave va coltivata. Non mi stupisce che sia questo il pensiero di tanti casi umani (basta guardarli in faccia) del non-giornalismo italiano e della non-politica nostrana (da uno come Speranza, al massimo, ti aspetti una cosa intelligente giusto quando sta zitto). Ma mi mette un po’ di malinconia che questa faziosità, e questo tifo becero, siano ormai l’unica coperta di Linus rimasta a tanti (non tutti) elettori che, pur di vincere, si sono affidati a un bischerino ambizioso e si sono fatti pure piacere una legge elettorale che in confronto il Porcellum era quasi un capolavoro.
Darsi una svegliata e avere un briciolo di decenza morale, almeno ogni tanto, no?
“Assediamo i palazzi del potere”. Convocata un’assemblea sotto la statua del Bersagliere. Presidio almeno fino a quando saranno ricevuti dal ministro delle Infrastrutture. I manifestanti attaccano la stampa: “Parla solo di scontri”
ROMA – Accampati ad oltranza nel piazzale di Porta Pia, a Roma. Dicono ‘No’ all’austerità e chiedono “una casa e un reddito per tutti”. Gli antagonisti non si fermano e, dopo una notte passata nelle tende piantate sotto la statua del Bersagliere, convocano un’assemblea e invitano “la città di Roma”. Appare così, all’indomani della manifestazione di ieri Porta Pia e l’acampada proseguirà almeno fino a martedì.
Una decisione quella di non fermare la protesta davanti al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che in mattinata ottiene un risultato: un incontro con il ministro delle Maurizio Lupi. “Ci è arrivata comunicazione questa mattina”. “Martedì prossimo, alle 18, il ministro sta convocando i sindaci di altre città per un confronto sulle condizioni che noi abbiamo dettato, che per noi rimangono valide. Su queste condizioni non faremo un passo indietro”, dice Paolo Di Vetta, fra gli organizzatori della manifestazione. Sempre martedì il movimento annuncia una nuova manifestazione, mentre alla fine della settimana è prevista anche un sit-in in concomitanza l’assemblea annuale dei sindaci a Firenze.
Alfano. All’indomani della manifestazione, il vice premier e ministro dell’Interno Angelino Alfano, ringrazia le forze dell’ordine e i manifestanti pacifici. “Lo Stato si è dimostrato più forte di chi vuole sovvertire le regole e le leggi. Le forze dell’ordine hanno contenuto, arginato e battuto le forze del disordine – dice – abbiamo espulso 5 black bloc francesi, abbiamo fermato sedici persone e tutto è andato bene”. Proprio lunedì gli antagonisti si riuniranno a piazzale Clodio per assistere al processo per direttissima degli arrestati.
L’assemblea. L’assemblea è incominciata dopo una notte tranquilla. Un incontro che – spiegano gli organizzatori – deve rappresentare un momento di “discussione e rilancio del percorso” iniziato con la manifestazione. “I numeri e la qualità della partecipazione alla giornata di mobilitazione mostrano che le strategie di panico non hanno funzionato. Il messaggio del terrore non ha tenuto la gente a casa”. Ed ecco perché “l’acampada non è il punto di arrivo, ma l’inizio della sollevazione”.
“L’unica grande opera che c’interessa – spiegano ancora i promotori – è casa e reddito x tutti!”. Dall’acampada che sta assediando i palazzi dell’austerity a Porta Pia invitiamo la città di Roma ad un’assemblea di discussione e rilancio del percorso. Raggiungeteci a Porta Pia!! Assediamo i palazzi del potere!!”.
Critiche alla stampa. Questa mattina diversi i manifestanti hanno criticato le cronache della manifestazione sui giornali. “Non mi ritrovo con quello che sto leggendo – racconta una ragazza – già dal principio si era creata attenzione mediatica, si parlava di un nuovo 15 ottobre, per distogliere l’attenzione dalle cause che ci hanno portati in piazza”. Jacopo, un ragazzo di Torino, aggiunge: “In generale si tende sempre a calcare la mano sugli scontri, sullo spauracchio black bloc, mentre non si pone attenzione sulle motivazioni del corteo”. Ma non ci sono solo giovani. Tra le voci c’è anche quella di Claudio, un cinquantenne arrivato da Torino che dice:“Dovete smetterla! Non ci sono manifestanti violenti e non violenti, abbiamo fatto una manifestazione unita!”.
La manifestazione. Quello di ieri è stato un sabato caldo per la capitale e per le strade del centro di Roma hanno sfilato decine di migliaia di cittadini (forse 100.000) in lotta per la casa, in lotta contro la precarietà. Cittadini che si oppongono, in modo civile, allo spreco delle grandi opere. Durante la manifestazione un centinaio di persone fra anarchici, incappucciati, black bloc, con bandiere nere e bandiere rosse, sono entrati in azione a Roma, ma questa volta il servizio d’ordine del corteo stesso li ha arginati. E così gli episodi di violenza sono stati arginati. Alcune bombe carta sono state lanciate contro i ministeri.
La polemica. Oggi il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, risponde a quanto dichiarato dal sindacato dei cronisti che aveva criticato il sindaco di Roma, Ignazio Marino, in quanto assente nella capitale durante le manifestazioni di ieri. “Avrei capito se il sindaco non fosse rimasto a Roma perché occupato a tagliare un nastro o per andare in vacanza. Ma qui ad Auschwitz non è una vacanza”. Pacifici ha sottolineato di essere “sicuro che il sindaco è partito nella piena consapevolezza che si potessero gestire entrambe le situazioni”.
Confcommercio: persi 2 milioni di euro. Se la manifestazione è passata con piccoli tafferugli, è invece andata decisamente peggio per i negozi romani, con la Confcommercio che parla di “disastro economico” quantificabile con un calo dei fatturati pari a “2 milioni di euro”. “Basta. Troviamo soluzioni alternative per queste manifestazioni”, tuona il presidente di Federmoda, Massimiliano De Toma che fa suo l’appello del presidente della Confcommercio, Giuseppe Roscioli, di sposare questi eventi “alla domenica”.
“Oggi l’Eurozona sta costringendo milioni di Italiani ad un’evasione fiscale che è legittima difesa”
Un governo sano dovrebbe poter tassere i proprio cittadini lasciando nelle loro tasche sufficiente liquidità per vivere, per produrre e per risparmiare. Il pareggio di bilancio imposto dall’Eurozona esclude invece questa possibilità e costringe milioni di Italiani all’evasione fiscale come legittima difesa contro l’impoverimento