Il 30 maggio 1924 Giacomo Matteotti prese la parola alla Camera dei deputati per contestare i risultati delle elezioni tenutesi il precedente 6 aprile.
Mentre dai banchi fascisti si levavano contestazioni e rumori che lo interrompevano più volte Matteotti, denunciando una nuova serie di violenze, illegalità ed abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni, pronunciava con un discorso che sarebbe rimasto famoso.
Testimone oculare fu Giorgio Amendola (Roma, 21 novembre 1907 — Roma, 5 giugno 1980), figlio del liberale antifascista Giovanni e dell’intellettuale lituana Eva Kuhn, la sua giovinezza fu sconvolta dalla notizia della morte del padre, aggredito dalle squadre fasciste e deceduto a Cannes nel 1926, in seguito alle percosse ricevute.
Aderì al PCI, intraprese un intensa attività antifascista. Arrestato ma non processato per paura del clamore venne mandato al confino a Ponza. Liberato fuggì in Francia e rientrò in Italia nel 1943 per partecipare alla resistenza.
Fu l’ideatore dell’attacco dinamitardo di via Rasella a cui i tedeschi reagirono con l’eccidio delle fosse ardeatine.
Dopo la Liberazione, fu sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei governi Parri e De Gasperi I.Dal 1948 fino alla morte fu deputato per il Partito Comunista Italiano.