La vita oscilla
tra il sublime e l’immondo
con qualche propensione
per il secondo
ne sapremo di più
dopo le ultime elezioni
che si terranno lassù
o laggiù o in nessun luogo
perché siamo già eletti
tutti quanti
e chi non lo fu
sta assai meglio quaggiù
e quando se ne accorge
è troppo tardi.
Les jeux sont faits
dice il croupier, per l’ultima volta
e il suo cucchiaione
spazza le carte.
La Vita Oscilla (1977), di Eugenio Montale (Premio Nobel per la letteratura 1975) Ritratto di Eugenio Montale di Massimo Jatosti – inedito
Figura controversa della Chiesa cattolica negli anni cinquanta e sessanta, discepolo di don Giulio Facibeni, fu in seguito rivalutato per il suo impegno civile nell’educazione dei poveri e per il valore pedagogico della sua esperienza di maestro.
« Il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installato la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordati Pipetta, quel giorno ti tradirò, quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo, beati i poveri perché il regno dei cieli è loro. Quel giorno io non resterò con te, io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. »
(“Lettera a Pipetta”, scritta a un giovane comunista)
Ragazzo vivace e intelligente, coltivò la passione per la pittura, studiando prima come privato, poi a Milano all’Accademia di Brera. Nell’estate del 1942, durante una vacanza a Gigliola (Montespertoli), Lorenzo decise di affrescare una cappella; durante i lavori rinvenne un vecchio messale la cui lettura lo appassionò notevolmente. Successivamente, al ritorno a Milano, si interessò di liturgia.
Questo probabilmente fu il suo primo vero contatto con il cristianesimo, dato che la sua famiglia non era mai stata religiosa, quando non espressamente anticlericale. I Milani avevano battezzato i loro figli solo per paura di ripercussioni in epoca fascista, dato che la madre Alice era ebrea, anche se non credente. Lorenzo lo chiamò sempre il suo “battesimo fascista”.
Conversione
Nel giugno del 1943 Lorenzo si convertì. L’inizio di questa svolta fu il colloquio, avvenuto in modo casuale, con don Raffaele Bensi, che in seguito fu il suo direttore spirituale.
Le circostanze della sua conversione sono sempre rimaste piuttosto confuse e oscure, e sembra che non ci sia stato nessun evento specifico che abbia provocato la conversione del giovane Lorenzo, anche se egli era probabilmente in uno stato di ricerca spirituale da vario tempo. Il 12 giugno dello stesso anno fu cresimato dal cardinaleElia Dalla Costa.
Il 9 novembre1943 entrò nel seminario di Cestello in Oltrarno. Il periodo del seminario fu per lui piuttosto duro, poiché Lorenzo Milani cominciò fin dall’inizio a scontrarsi con la mentalità della Chiesa e della curia: non riusciva a comprendere le ragioni di certe regole, prudenze, manierismi che ai suoi occhi erano lontanissimi dall’immediatezza e sincerità del Vangelo. Fu ordinato sacerdote nel duomo di Firenze il13 luglio1947 dal cardinale Elia Dalla Costa.
A San Donato di Calenzano
Venne inviato come coadiutore a San Donato di Calenzano, vicino a Firenze, dove lavorò per una scuola popolare di operai e strinse amicizia con altri sacerdoti come Danilo Cubattoli, Bruno Borghi e Renzo Rossi.
Negli anni a Calenzano scrisse Esperienze Pastorali, che ebbe una forte eco per i suoi contenuti eterodossi: secondo lo scrittore tradizionalista Rino Cammilleri papa Giovanni XXIII, venutone a conoscenza, avrebbe definito l’autore addirittura come «un pazzo scappato da un manicomio».[1]
A Barbiana
Nel dicembre del 1954, a causa di screzi con la Curia di Firenze, venne mandato a Barbiana, minuscolo e sperduto paesino di montagna nel comune di Vicchio, in Mugello, dove iniziò il primo tentativo discuola a tempo pieno, espressamente rivolto alle classi popolari, dove, tra le altre cose, sperimentò il metodo della scrittura collettiva.
La sua scuola era alloggiata in un paio di stanze della canonica annessa alla piccola chiesa di Barbiana, un paese con un nucleo di poche case intorno alla chiesa e molti casolari sparsi sulle pendici del monte Giovi: con il bel tempo si faceva scuola all’aperto sotto il pergolato. La scuola di Barbiana era un vero e proprio collettivo dove si lavorava tutti insieme e la regola principale era che chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno, 365 giorni all’anno.
Opera fondamentale della scuola di Barbiana è Lettera a una professoressa (maggio 1967), in cui i ragazzi della scuola (insieme a Don Milani) denunciavano il sistema scolastico e il metodo didattico che favoriva l’istruzione delle classi più ricche (i cosiddetti “Pierini”), lasciando la piaga dell’analfabetismo in gran parte del paese. La Lettera a una professoressa fu scritta negli anni della malattia di don Milani. Alla sua morte il libro ricevette un incremento di vendite incredibile, diventando uno dei moniti del movimento studentesco del ’68. Altre esperienze di scuole popolari sono nate nel corso degli anni basandosi sull’esperienza di Don Lorenzo e sulla Lettera a una professoressa.
Fu Don Milani ad adottare il motto “I care“, letteralmente m’importa, ho a cuore (in dichiarata contrapposizione al “Me ne frego” fascista), che sarà in seguito fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche. Questa frase scritta su un cartello all’ingresso riassumeva le finalità educative di una scuola orientata alla presa di coscienza civile e sociale.
Lorenzo Milani morì verso la fine di giugno del 1967 a causa di un linfogranuloma. Fu tumulato nel piccolo cimitero poco lontano dalla sua chiesa e scuola di Barbiana.
Per i suoi scritti (ad esempio L’obbedienza non è più una virtù), e per affermazioni come «Io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi» venne incluso nel novero dei cosiddetti cattocomunisti, definizione spesso denigratoria, attribuita allora a un prete scomodo, che al contrario si era sempre opposto con i suoi scritti e con le sue parole a qualsiasi tipo di dittatura e di totalitarismo, incluso il comunismo.
In seguito a un suo scritto in difesa dell’obiezione di coscienza (pubblicato dal settimanale Rinascita il 6 marzo1965), dove ancora una volta si distaccava dall’insegnamento e dalla tradizione cattolica, venne processato per apologia di reato e assolto in primo grado, ma morì prima che fosse emessa la sentenza di appello.[2] La sentenza di appello per Don Milani invece dichiarò il reato estinto per morte del reo.
Oltre a Esperienze Pastorali, che fu ritirato pochi mesi dopo la pubblicazione nonostante avesse ottenuto l’imprimatur, sono memorabili nel campo dell’educazione i figli dell’esperienza di Barbiana:L’obbedienza non è più una virtù (a cura di Carlo Galeotti, contiene documenti sul processo a Don Milani, 1965) e Lettera a una professoressa (1967). Questi testi sono stati scritti collettivamente insieme a tutti i ragazzi che frequentavano la scuola.
L’obbedienza non è più una virtù. Documenti del processo di Don Milani, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1965.
Obiezione di coscienza, Vicenza, La locusta, 1965.
Lettera a una professoressa, come Scuola di Barbiana, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1967.
Perché tacere?, Vicenza, La locusta, 1968, a cura di R. Colla, già pubbl. in Espresso-colore, 19 maggio 1968; in appendice: Il caso don Milani, di S. Baldassarri
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Mondadori, Milano 1970
Lettere alla mamma, a cura di Alice Comparetti Milani, A. Mondadori, Milano 1973
Lettere in un’amicizia, 28 inediti a cura del destinatario Gian Carlo Melli, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1976
Scritti, a cura di G. Riccioni, introduzione di E. Balducci, Manzuoli, Firenze 1982
Il catechismo di don Lorenzo Milani, documenti e lezioni di catechismo secondo uno schema storico, a cura di Michele Gesualdi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1983
Il vangelo come catechismo, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1985
La carta della Terra santa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1986
L’obbedienza non è più una virtù e gli altri scritti pubblici, a cura di Carlo Galeotti, Nuovi Equilibri, Roma 1998
Don Milani il prete rosso, a cura di Carlo Galeotti, Stampa Alternativa, Roma 1999
La ricreazione è finita, a cura di Carlo Galeotti, Stampa Alternativa, Roma 1999
Una lezione alla scuola di Barbiana. Documenti e inediti, a cura di Michele Gesualdi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2004
La parola fa eguali. Documenti e inediti, a cura di Michele Gesualdi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2005
La ricreazione, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2006
Lettera a una professoressa edizione speciale 40 anni dopo, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2007
Neera Fallaci, Dalla parte dell’ultimo. Vita del prete Lorenzo Milani, Milano, Milano libri, 1974.
Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Firenze, Libreria editrice fiorentina, 1974.
Pacifico Cristofanelli, Pedagogia sociale di don Milani. Una scuola per gli esclusi, Bologna, EDB, 1975.
Renato Francesconi, L’esperienza didattica e socio-culturale di Don Lorenzo Milani, Centro Programmazione Editoriale, Modena 1976.
Gruppo Don Milani Calenzano, Don Lorenzo Milani. Riflessioni e testimonianze, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1988.
Gruppo Don Milani Calenzano, Linguaggio teologico e profezia in Don Milani, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1997.
Edoardo Martinelli et alii, Progetto Lorenzo, Centro Documentazione Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana, Vicchio-Firenze 1998.
Marco Moraccini, Don Lorenzo Milani nei mass media, catalogo bibliografico, 1950-1997, con un saggio introduttivo di Andrea Spini, Grandevetro, Santa Croce sull’Arno, Jaca Book, Milano 1999.
Marco Moraccini, Scritti su Lorenzo Milani – Una antologia critica, prefazione di Maurizio Di Giacomo, Grandevetro, Santa Croce sull’Arno, Jaca Book, Milano 2002.
Bruno Becchi, Lassù a Barbiana ieri e oggi. Studi, interventi, testimonianze su don Lorenzo Milani, Polistampa, Firenze, 2004.
Antonino Bencivinni, Don Milani esperienza educativa lingua cultura e politica, prefazione di Giorgio Pecorini, postfazione di Tullio De Mauro, Armando Editore, Roma 2004.
Alessandro Mazzerelli, Ho seguito Don Lorenzo Milani, profeta della Terza Via, presentazione di Franco Cardini, Il Cerchio, Rimini, 2007.
Eugenio Montale era el sexto y último hijo de una familia de prósperos comerciantes de productos químicos de Génova. Sus padres eran proveedores, entre otros, de la familia de Italo Svevo. Montale tuvo dificultades de salud durante la infancia, que lo obligaron a interrumpir sus estudios. Su hermana Mariana se encargó de su cuidado.
Su infancia transcurrió en Monterosso, en las Cinque Terre del Mar de Liguria. Quería ser cantante y, al retomar sus estudios formales, tomó paralelamente clases de canto. Su afición por la música se reflejaría en muchos de sus poemas y lo llevaría finalmente, en su madurez, a ejercer la crítica musical. Obtuvo el título de contador, carrera a la que lo había orientado su padre. Leyó ávidamente, durante su juventud y adolescencia, a los simbolistasfranceses. Sin maestros, aprendió francés e inglés.
En 1917, fue incorporado al ejército y participó en la Primera Guerra Mundial, experiencia que también tendría resonancia en su poesía.
En 1925, firma un famoso manifiesto de los intelectuales contra el fascismo, documento inspirado por el filósofo Benedetto Croce. Se traslada a Florencia para trabajar en la editorial Bemporad. Conoce a la mujer con la que establecerá una relación profunda, y que durará muchos años, Drusilla Tanzi. En este periodo muy importante es la colaboración con el famoso café literario Giubbe Rosse.
En 1929 es nombrado director del prestigioso Gabinete Vieusseux, una de las bibliotecas y archivos más interesantes de su tiempo, y que atrae a intelectuales del país y del extranjero. El poeta T. S. Eliot traduce sus poemas al inglés.
Viaja por Europa y a los Estados Unidos. Le otorgan el doctorado honoris causa en la Universidad de Milán. Recibe el importante premio Feltrinelli.
En enero de 1949 conoció a la joven poeta Maria Luisa Spaziani en Turín, a la que animará a publicar sus obras. Entre ambos poetas se desarrolló una intensa amistad. Spaziani se convirtió en una suerte de musa para Montale, en especial en la serie de poemas titulados «Madrigali privati» pertenecientes al libro La bufera e altro (1956) donde Montale construye todo un poema («Da un lago svizzero») utilizando como acróstico el nombre de Maria Luisa Spaziani. No existe en toda la obra de Montale otro ejemplo de este recurso.[1]
Montale se casó con Drusilla Tanzi en 1962, quien murió al año siguiente. En 1966, es nombrado senador vitalicio por el presidente Giuseppe Saragat. Obtuvo el Premio Nobel en 1975.
Valoración
Definida como «hermética», la verdad es que la poesía de Montale es austera, casi siempre breve, de sinuosa sintaxis, pero de un gran apego a las cosas y hechos concretos. Podría decirse que la sola mención de lugares y descripción de escenas y escenarios constituye una especie de neosimbolismo en el que objetos y sucesos parecerían funcionar como signos y analogías de un paisaje interior. Sus críticos y apologistas han señalado que muchas referencias en sus poemas son claves íntimas que sólo podrían ser explicadas por el poeta. Pero lo cierto es que crean una enorme sugestión en el lector, que a su vez encuentra posibilidades de lectura que exceden el marco biográfico.
Al otorgársele el Premio Nobel, se señaló que su obra refleja la visión de la crisis del hombre contemporáneo, cercado en su soledad y su pesimismo. Podría agregarse que el mundo circundante, tan presente en la obra de Montale, es como el espejo en el que ese ser humano vacío y aislado intenta encontrarse a sí mismo. En una entrevista imaginaria, el autor señaló: «La poesía es una forma de conocimiento de un mundo oscuro que sentimos en torno de nosotros pero que en realidad tiene sus raíces en nosotros mismos».
Obra
Ossi di seppia (Huesos de sepia, 1925)
Le occasioni (Las ocasiones, 1939)
Finisterre (1943)
Quaderno di traduzioni (1948)
La bufera e altro (El vendaval y otras cosas, 1956)
Farfalla di Dinard (Mariposa de Dinard, 1956)
Xenia (1966)
Auto da fè (1966)
Fuori di casa (Fuera de casa, 1969)
Satura (1971)
Diario del ’71 y del ’72 (1973)
Sulla poesia (Sobre la poesía, 1976)
Quaderno di quattro anni (Cuaderno de cuatro años, 1977)