di Susanna Turco
Bossi ha iniziato, Grillo l’ha portato alla massima potenza. Ma il turpiloquio politico ormai ha contagiato tutti: da Bersani al ciellino Lupi, dalla Bindi a Battiato. Talmente sdoganato da non fare più notizia. Eppure molto significativo
Beppe Grillo
I “padri puttanieri” che “chiagnono e fottono” e “ci prendono per il culo” (Grillo). Le “troie in Parlamento” (Battiato). E anche per altro verso lo striscione: “Non rompete i coglioni a zio Silvio” (fan del Pdl). La botta finale che fa trionfare il turpiloquio nella politica arriva da Beppe Grillo, il quale nei post, sul suo blog, nei comizi fa fiorire le eleganze dei “prendeteli per il culo”, “avete rotto il cazzo”, procedendo coerentemente dall’originario – e ormai quotidiano – “Vaffaday”. Ma in fondo nei Palazzi la faccenda preesisteva, era là sul punto d’esplodere. La controprova è nella velocità di propagazione del contagio: tale per cui adesso, in piena seduta d’Aula, persino il morigerato Maurizio Lupi, il pidiellino con la faccia da Gianni Morandi, seduto proprio sotto al segretario Alfano, urla a Monti: “E insomma, s’incazzano anche i moderati”.
Anche i moderati s’incazzano, figurarsi gli altri. “Mi divertirò coi grillini a prenderli a calci in culo”, ha chiarito – quasi un programma di legislatura – il leghista Gianluca Bonanno al primo giorno di Montecitorio. Certo si può dire senza tema di smentita che l’eloquio volgare è un evergreen per i leghisti, il cui gran capo Umberto Bossi partì vent’anni fa spiegando che “la Lega ce l’ha duro” e anche oggi non rinuncia a esprimere il suo dissenso in sintesi anali: “Maroni ha scoperto di avere il culo largo”.
Ma c’è da dire che la faccenda s’è fatta trasversale e che il neolinguaggio della politica – omaggio ai tempi, forse – più cerca di semplificare, più involgarisce. E’ solo perché somiglia alla vita reale? Può darsi. Comunque, per restare all’ultimo anno, ad agosto Pier Luigi Bersani inaugurando un circolo online del Pd ha dato del “pirla” a Grillo, a ottobre Rosy Bindi ha lanciato un “fanculo” a Bianca Berlinguer in diretta tv perché lei le toglieva la parola. A luglio, il dipietrista Franco Barbato è intervenuto in Aula alla Camera per recapitare a Monti e al suo governo un messaggio che a suo dire proveniva dagli italiani: “Avete rotto i coglioni”. Ad aprile la leghista Manuela Dal Lago, nel mezzo del caos per le inchieste sui rimborsi elettorali, scelse il Transatlantico per distillare le parole con cui meglio descrivere il compagno di partito Gianluca Pini: “E’ una testa di cazzo”.
Insomma ormai il turpiloquio si porta in pubblico: un modo d’esprimersi, più che il punto finale d’un accesso d’ira. In questo senso pare al confronto un giglio di campo il Piero Fassino d’annata che, nel lontano 2009, affrontò Pierluigi Mantini con un “hai rotto i coglioni” che divenne pubblico solo perché c’era acceso il microfono di Radio Radicale. Allora fu una notizia, un mezzo caso. Poi, a forza di barzellette di Berlusconi (uno dei picchi d’eleganza, quella su “la mela che sa di fica” raccontata ai sindaci campani), a forza di olgettine e bungabunghese, ma anche a forza di leggere intercettazioni in cui persino uno come Fabrizio Cicchitto spiega a Valter Lavitola: “Io delle cose del capo me ne sbatto il cazzo”, la faccenda s’è fatta norma. E ora, come è in fondo naturale, raddoppia in groppa a Grillo. Mentre si fanno sempre più pallide e lontane le parole come quelle della cosiddetta “la lite tra comari” degli anni Ottanta – Andreatta che definisce Formica “un commercialista di Bari esperto in fallimenti”, Formica che risponde dandogli della “comare che usa un linguaggio da ballatoio” – e quasi ormai inteneriscono.