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Un parente abita a Milano2 e lavora per il Biscione – Il padre Tiziano, gran lavoratore, ha sempre fatto il piccolo imprenditore, aprendo un’azienda dietro l’altra. Esclusa la prima, Raska, le altre si dedicano alla pubblicità e alla distribuzione in campo editoriale. È lo zio di Matteo, Nicola Bovoli, a creare la Speedy, di cui detiene il 50 per cento. Al cognato, suo socio, vende poi la sua quota, spingendo lui e la moglie a investire nel settore della comunicazione, di cui si occupa con buoni risultati da anni. Ha contatti, conoscenze, idee, e aiuta i coniugi Renzi a muoversi nell’ambiente. Lo zio Nicola rivoluziona la vita di casa Renzi e diventa modello ed esempio, per molti versi, del giovane Matteo, che gli somiglia anche per temperamento e carattere. È l’uomo di successo in famiglia. Veloce, sveglio, battuta sempre pronta e sorriso stampato in volto, Bovoli vive nella “Milano da bere” degli anni Ottanta e abita nel quartiere simbolo dell’imprenditoria berlusconiana: Milano 2.
Nella seconda metà degli anni Ottanta lo zio di Matteo lavora anche per le riviste Mondadori distribuendo il Bingo e legandolo alle trasmissioni di Mike Bongiorno, con cui aveva iniziato a collaborare nel 1987. All’attività dedicata alla carta stampata Bovoli affianca nei primi anni Novanta le televisioni. Per le tre reti del Cavaliere (con cui stipula un contratto da 7 miliardi di lire) crea quella che viene da subito accolta come l’ultima frontiera dell’intrattenimento: il Quizzy, un telecomando che permette di partecipare dal divano di casa ai concorsi di alcune trasmissioni televisive. La campagna pubblicitaria di Fininvest in cui appare Mike rimanda alla Standa, dove il telecomando è in vendita a 39.800 lire.
Il Quizzy viene applicato anche alla Ruota della fortuna. Ma dura appena sette mesi, dall’ottobre del 1993 all’aprile del 1994, quando sparisce, travolto dalle proteste dei telespettatori per la poca trasparenza e le costosissime telefonate al 144. Vincere è difficile: in media arrivano tra le 50mila e le 100mila telefonate per ogni trasmissione. A fine mese la bolletta aggiunge il danno alla beffa, perché chiamare il 144 comporta un sovrapprezzo di 635 lire al minuto. Quella somma viene poi così spartita: 307 lire alla compagnia Sip, 164 alla Edifin di Nicola Bovoli, le restanti 164 lire alla Audio 5, la società della Fininvest che gestisce gli introiti per conto di Berlusconi, ceduta all’inizio del ’94 alla neonata Diakron incaricata di svolgere sondaggi per la nascente Forza Italia. Parte del ricavato viene utilizzato per finanziare i circoli che devono diffondere il verbo berlusconiano.
Quella vincita al gioco di Canale5 – Il Quizzy viene lentamente accantonato. (…) Il suo testimonial Mike Bongiorno, invece, finisce in Procura a Torino per la prima inchiesta sulle frequenze Fininvest: i magistrati sospettano una frode alla Ruota della fortuna. Il 30 settembre 1994 viene arrestato Giuseppe Mazzocchi, un perito dell’ufficio tecnico del ministero delle Poste e telecomunicazioni accusato di aver avvisato i dirigenti Fininvest che ci sarebbe stato un controllo sulle frequenze utilizzate da Italia1 per la trasmissione del Giro d’Italia. In cambio sarebbe stato invitato al quiz di Mike Bongiorno e favorito nella vincita di 30 milioni di lire. Il perito del ministero conferma le accuse: “Fui io a chiedere alle persone che conoscevo della Fininvest di aiutarmi a partecipare”.
La sua prima richiesta, inoltrata seguendo l’iter normale, era stata rifiutata. A marzo del 1994, invece, riesce a partecipare. Gli inquirenti sospettano la corruzione: se il concorrente è stato aiutato a vincere, i 30 milioni sarebbero una tangente. Nel 1999 Mazzocchi viene rinviato a giudizio, ma nel marzo del 2002 il processo si conclude con l’assoluzione: i giudici accolgono la tesi della difesa secondo cui avvisare dell’arrivo dei controlli era una prassi normale. Tra gennaio e febbraio del 1994 Matteo Renzi partecipa a cinque puntate della Ruota della fortuna, vincendo 48 milioni di lire. È lo zio Nicola ad accompagnarlo. “Ha partecipato perché lo segnalai io”.
Quando il colonnello di B. provò a “prendersi” Matteo – Il coordinatore del Pdl ha un debole per Renzi, tanto che all’inizio del 2008 il colonnello berlusconiano incontra il presidente della Provincia per arruolarlo nelle file di Arcore. Il solitamente riservato Verdini si spinge a una rara dichiarazione pubblica con una punta di dispiacere: “Renzi è uno in grado di rompere gli schemi. Certo, oggi è un candidato del Pd: ma se poi di là saltasse tutto e si facesse un percorso insieme, non escludo nulla”.
Il 31 maggio 2008, quando presiede la festa per i dieci anni di vita del suo Giornale della Toscana, Verdini è all’apice del potere. Fra i trecento invitati ci sono i parlamentari toscani del Pdl e gli imprenditori amici, ma l’ospite d’onore è lui, Matteo Renzi. Seduto al tavolo con Verdini e la moglie. (…) Nell’agosto dello stesso anno i due salgono insieme sul palco del meeting di Comunione e liberazione a Rimini. L’occasione è la presentazione del libro Sto registrando tutto per l’eternità, che raccoglie le lettere dello scomparso Graziano Grazzini, ex democristiano, ex Cdu e poi capogruppo di Forza Italia in Provincia, vicino al movimento di don Giussani dal 1980.
Il presentatore fa gli onori di casa: “Ci aiuteranno a conoscere Graziano due amici: Denis Verdini e Matteo Renzi”. Lui non si fa pregare. Sa come rendersi gradito a un universo distante anni luce da quello del centrosinistra. Alla platea ciellina Renzi parla di Grazzini in questi termini: “Comunione e liberazione gli aveva cambiato la vita. Ai miei compagni di coalizione è sempre difficile far capire che Cl è senza dubbio un’esperienza che interviene nel sociale in tutte le modalità che ritiene opportune, ma che l’esperienza di Comunione e liberazione può cambiare la vita davvero”. (…) Verdini invece parla in libertà.
“Il successo – argomenta – passa attraverso il consenso”, che si ottiene anche mediante modi per “far sognare la gente. Non voglio dire ingannare, perché sarebbe sbagliato, ma insomma, stimolare, sotto certi aspetti; e Graziano invece era una persona diversa, straordinaria dal punto di vista umano. Io gli dicevo: ‘È stupido quello che fai’, e lui invece lo faceva per generosità, perché era convinto che la politica è ‘al servizio di”. “Il problema è che lui era serio, profondamente serio”. La serietà è notoriamente un problema. “Quindi il mio rapporto con Graziano è stato molto complesso, molto difficile. Differenti profondamente in tutte le cose, però uniti da una grande simpatia”.
Un collante importante, la simpatia, anche con Renzi, che solo un mese dopo ufficializza la corsa per il Comune di Firenze. (…) Al termine dell’incontro Verdini va a cena con il suo delfino Massimo Parisi, con Paolo Carrai, cugino di Marco nonché esponente della Compagnia delle opere, e con i vertici di Cl al gran completo capitanati dai fondatori Giorgio Vittadini e Giancarlo Cesana. Al momento di sedersi a tavola, a Verdini scappa una bestemmia. Con un sorriso indulgente, Cesana ribatte: “Ho sentito benissimo, certo. Non ha bestemmiato, ha detto zio”. Verdini poteva tutto. Anche sostenere, pochi mesi dopo, un sindaco di centrosinistra contro il candidato del Pdl scelto da Berlusconi, Giovanni Galli.
L’eminenza grigia renziana organizza cene ed eventi – “Se Matteo mi chiede un consiglio io glielo do perché è il mio migliore amico, ma gliel’ho detto: su ruoli ben distinti e distanti, ben distinti e distanti”. Marco Carrai lo ripete due volte, come per ricordarlo a se stesso. La realtà è ben diversa. I ruoli non sono né distinti né distanti. Simbiotici, piuttosto. Come le loro vite. Avanzano insieme, uno a fianco dell’altro. Nel giugno del 2012 è Carrai ad accompagnare Renzi a un pranzo con Tony Blair sulla terrazza dell’hotel St. Regis in piazza Ognissanti a Firenze, poi, nel settembre dello stesso anno, alla convention democratica di Charlotte per accreditarsi con lo staff di Obama, e infine, nell’agosto del 2013, da Angela Merkel a Berlino.
Ma non ha voluto candidarsi alle politiche, né seguirlo al governo nel 2014, come invece gli aveva proposto il premier: “Matteo mi ha chiesto di fare il deputato ma non ho voluto, io faccio altro nella vita. Purtroppo ho dovuto prendere la mia prima tessera di partito, mi è toccato iscrivermi al Pd per votarlo”. Imprenditore di mestiere, per Renzi fa il lobbista e il fund raiser, ed è l’unica vera persona fidata del premier. Senza di lui, con ogni probabilità, l’ambizioso giovane di Rignano non avrebbe mai potuto trovare i fondi per finanziare l’attività politica. È lui che organizza le cene di raccolta fondi e gli eventi, invitando chi può sostenere la causa. Così, dal 2007 al 2013, vengono raccolti complessivamente circa tre milioni di euro. “Erano cene da mille euro a testa e io invitavo gli amici”. “Certo, all’inizio gli ho presentato tante persone”.
Nel 2004 Renzi lo chiama in Provincia come caposegreteria e gli chiede aiuto per comporre la sua giunta: “La sera della sua vittoria volo a casa mia in Sardegna. Lui mi chiama e mi fa: ‘Ho bisogno di una donna per fare l’assessore… una del tuo giro fiorentino”. Dico: “Giovanna Folonari”. E lui: “Chi è?”. Non lo sapeva. Rispondo: “È una persona seria. I Folonari sono una famiglia importante e poi sono i cugini dei Bazoli”. E lui subito: “Perfetto, perfetto!”.
La Firenze Parcheggi e le campagne elettorali – (…) Nel 2009, quando Renzi diventa primo cittadino (…) gli feci da consigliere economico, i primi tre mesi, poi andai da lui e gli dissi: “Matteo, qui c’è un problema, lucrum cessans, damnum emergens”. E lui: “Cioè?”. Risposi: “Be’, che il consigliere economico lo fo gratis e in più non posso far nulla a Firenze”. Quindi mi dimisi, lui mi disse: “Ascolta, ma perché non rimani in qualche azienda? Perché comunque mi piace usare la tua intelligenza”. C’era qualche nomina pubblica in scadenza e mi propose di fare il consigliere. Firenze Parcheggi era in rovina Carrai accetta l’incarico a una condizione. “Dissi a Matteo: ‘Sto il tempo limitato di ristrutturare l’azienda, ma non mi nomini tu’, infatti entro con Monte dei Paschi”. (…) Nel 2009 è anche il committente responsabile della campagna per l’elezione a sindaco di Renzi. In tale veste si becca una multa da 700 mila euro per affissioni abusive. Vero, ammette Carrai: “Gli attacchini dei manifesti li avevano messi nei posti sbagliati. Arrivò la multa, era nominale e il committente ero io”. (…) Nell’ottobre del 2013 Renzi è impegnato nell’assalto finale al Pd: a dicembre ci sono le primarie per la segreteria e non vuole di certo essere sconfitto come l’anno precedente. Perciò concentra tutte le armate sull’obiettivo.
L’evento clou è la Leopolda (…). Intanto però i giornali hanno cominciato a occuparsi di Marco Carrai, dei suoi rapporti con Renzi, delle nomine ricevute dal Comune e della sua presenza nelle partecipate e nella fondazione Big bang che finanzia l’attività politica dell’amico Matteo. “Ci fu una persona che voleva mandare soldi da Israele, ma dissi di lasciar stare, chissà poi che cosa saltava fuori”. (…)
Nell’ottobre del 2012 Renzi partecipa a una cena a porte chiuse alla fondazione Metropolitan di Milano per incontrare alcuni uomini d’affari, esponenti dell’alta finanza e imprenditori. Si diffonde la notizia che a organizzarla sia stato Davide Serra. “La cena di Milano l’avevo organizzata io. Davide è un amico, ma sbagliai, perché non pensai che sarebbe stato accostato alla finanza in maniera negativa, come poi è avvenuto”. I fondi all’ascesa renziana arrivano anche in forma diretta da “imprenditori come Guido Ghisolfi del gruppo M&G o Vito Pertosa” spiega Carrai. “Gli si dice: ‘C’è un ragazzo in gamba, va sostenuto, ti va?’. E via. Funziona così. Semplice. Persone fuori dal giro che non vogliono apparire. In Italia c’è tanta bella gente”.
Maurizio Landini: ”Lavoratori e sindacalisti picchiati senza motivo dalla polizia”
”Quello che è successo è inaccettabile. Chi ha dato l’ordine è responsabile”.
“Abbiamo chiesto al Governo e al capo della Polizia di essere ricevuto. Se non ci riceveranno non ce ne andremo via”
Momenti di tensione in piazza Indipendenza tra operai della Ast e le forze dell’ordine. Gli operai, guidati dal sindacato Fiom, stanno manifestando contro la chiusura delle acciaierie di Terni sotto l’ambasciata tedesca. “Ci hanno manganellato perché non volevano farci arrivare al ministero dell’Economia”, così che dicono di essere stati caricati dagli agenti mentre dall’ambasciata tedesca si spostavano verso il ministero. Quattro operai sono stati soccorsi per ferite alla testa.
Gli esercenti devono accettare il pagamento con moneta elettronica, ma non c’è alcun obbligo di utilizzo. “Chi ottempera ha dei costi, e chi non lo fa, non ha sanzioni”, spiega il presidente dell’Istituto per la competitività. E non si può contare su incentivi e detrazioni. Il beneficio, per ora, è tutto per le banche: offerte poco chiare e difficilmente comparabili, nonostante le raccomandazioni di Bruxelles. Il governo convoca le parti il 16 luglio proprio per fare il punto su installazione e utilizzo
Doveva essere il passo in avanti per facilitare i pagamenti e far emergere anche parte dell’economia in grigio e in nero del Paese. E, invece, così com’è, il Pos obbligatorio per professionisti, artigiani e esercenti rischia di essere un’occasione mancata. Poco più di un regalo alle banche che propongono i servizi di “moneta elettronica” in una giungla di offerte fra le più care d’Europa. Per giunta difficilmente comparabili. Senza un grosso e cospicuo vantaggio per le casse pubbliche cui farebbe decisamente comodo recuperare almeno una parte dell’evasione fiscale record che, come ricorda il Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, ammonta a 50 miliardi (dato 2011) sui soli introiti Iva e Irap.
La legge, che ha introdotto il Pos obbligatorio per esercenti, liberi professionisti ed artigiani, non prevede infatti delle vere e proprie sanzioni, ma solo la possibilità per il cliente di rifiutare il pagamento in contanti. Fermo restando l’obbligo del pagamento, la norma non prevede alcuna forma di “incentivo fiscale” che potrebbe spingere all’emersione di un’importante fetta dell’economia italiana che oggi sfugge al fisco. “Esiste una correlazione diretta fra la diffusione di moneta elettronica e la riduzione dell’economia sommersa, spiega Stefano Da Empoli, presidente di ICom, Istituto romano per la competitività . Ma la sola obbligatorietà nella detenzione del Pos non è sufficiente a far scattare i meccanismi di emersione. Serve uno sforzo ulteriore sul fronte degli incentivi fiscali”.
Così come è strutturata la legge “mi sembra un bel discorso teorico, ma in pratica chi ottempera, ha dei costi, e chi non ottempera, non ha sanzioni. Il che pone anche un problema di concorrenza sleale. Per non parlare del fatto che stiamo parlando solo di una piccola fetta di economia sommersa” conclude Da Empoli. Il caso delle farmacie e la detraibilità dei farmaci è un esempio emblematico per spiegare come invece le cose possano funzionare diversamente inaugurando un percorso virtuoso a vantaggio della collettività. “Oggi tutti i cittadini chiedono gli scontrini al farmacista perchè sanno che potranno avere una detrazione” spiega Antonio Longo, presidente del Movimento difesa del cittadino e della Italian epayment coalition (Iepc), associazione che riunisce Movimento Difesa del Cittadino, Cittadinanzattiva onlus, Confconsumatori e Assoutenti. “Se il governo trovasse delle formule per cui un esercente o un cittadino che raggiunge un dato livello di transazioni tracciate elettronicamente ha diritto ad una detrazione fiscale, allora sono certo che si assisterebbe ad un fenomeno progressivo di emersione che porterebbe ad un allargamento della base imponibile e ad una conseguente maggiore equità fiscale“.
Il Pos obbligatorio è insomma “un passo importante” di un percorso ben più complesso in cui sarebbe bene “desse il buon esempio la Pubblica amministrazione che - come ricorda Longo - accetta in buona parte solo pagamenti in contanti”. Ma non può pesare solo su chi produce ricchezza con “una bastosta” che secondo la Confesercenti “ammonta a 5 miliardi l’anno fra costi di esercizio e commissioni”. Ecco perché la Iepc propone ad artigiani, professionisti ed esercenti di ingaggiare assieme una battaglia per ottenere dalle banche la gratuità dei terminali e una maggiore trasparenza sui costi di gestione del Pos che per Longo “è fra i più cari d’Europa, come del resto lo sono tutti i servizi bancari del Paese”. Proprio per discutere di questi aspetti, il governo ha convocato rappresentanti delle banche “per fare il punto sull’entità dei costi e delle commissioni sulle transazioni che commercianti, artigiani e professionisti devono sostenere per l’utilizzo dei Pos”. I costi legati all’installazione e all’utilizzo saranno al centro della riunione del 16 luglio con il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, e rappresentanti del ministero dell’Economia, di Bankitalia e il consorzio Bancomat.
L’introduzione dei Pos obbligatori, in effetti, ha fatto immediatamente scattare polemiche sulle tariffe dei terminali, sulle commissioni e sulla complessità di selezionare la migliore proposta commerciale per via delle soluzioni assai diverse offerte dalle banche. Per avere un’idea della situazione, basta dare uno sguardo alle proposte online sui siti dei più importanti istituti di credito italiani: si va dagli 11,42 euro al mese di Unicredit collegato al conto Imprendo per un pos standard (quello cordless però costa 28,53 euro) alla più complessa tariffazione di Intesa (da un minimo di 9,99 euro fino a un massimo di 36 euro euro per canone stagionale). Come differenze legate ad esempio anche al solo fatto che il pos si appoggi su una linea telefonica analogica (canone flat 21,90) o digitale (31,90). Ci sono poi pacchetti tutto incluso con il conto come nel caso Mps (canone 25 euro) o offerte “con installazione gratuita” come per Poste Italiane che prevede un canone da 15 euro al mese. Senza contare le commissioni che vanno dal 2,5 al 4% a seconda degli istituti di credito.
Una vera giungla di offerte che preoccupa anche Bruxelles. Lo testimonia il fatto che, sulla questione, nell’aprile scorso, è intervenuto anche il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (CBVB). Il principale organismo di definizione degli standard internazionali per la regolamentazione prudenziale del settore bancario, ha suggerito a governi e supervisori, Bankitalia in primis, di “implementare la disclosure” (cioè migliorare le informazioni) e di “facilitare la comparazione di prodotti concorrenti” con adeguata documentazione. Suggerimenti che in un futuro porteranno di certo un beneficio per Stato e cittadini. Ma di sicuro non per gli utili delle banche.