teatro
Carissim@, forse qualcun@ di voi è già informat@. Vi trasmetto comunque questo invito per la messa in scena di “Così è (se vi pare)” di Pirandello, che abbiamo realizzato con studenti del Cenlex Casco di Santo Tomas. Da parte mia posso solo dire che ho avuto la conferma di quanto il teatro possa essere uno straordinario strumento didattico nello studio della lingua, perché student@ di livello anche basico hanno fatto passi da gigante nelle prove di recitazione di un testo che non è nella loro lingua materna.
Gigi
¡Hola a todos!
Por este medio les hago una invitación a una obra teatral que presentaremos en el auditorio de la Escuela Superior de Economía del IPN en Casco de Santo Tomás el próximo miércoles 18 de septiembre de 2013, a las 16:45 pm. Este evento forma parte del XIII Encuentro Cultural del Centro de Lenguas Extranjeras . ¡Los esperamos!
Prof. Gloria Hernández e Luigi Malaroda
Nello spettacolo teatrale “Ferite a morte”, Serena Dandini dà voce alle donne che hanno perso la vita per mano di un marito, un compagno, un amante o un “ex”. In questa Spoon River del femminicidio, sono loro, per una volta, a parlare in prima persona. Questo è il contributo ironico e straziante di Paola Cortellesi, che interpreta una donna uccisa dal marito e gettata in un pozzo. Sketch che ha scatenato l’ira di Paola Ferrari per una battuta allusiva: “Meglio morta che vedere un’altra volta la Domenica sportiva con l’Illuminata, con la presentatrice piena di luce che pare la Madonna. Quella bionda che dice i risultati con le labbra di rossetto forte e gli orecchini di lampadario. A lui piaceva tanto. A me invece me faceva proprio schifo”
Vigilia tormentata e innevata per il capolavoro di Wagner. L’influenza tiene lontano dal palcoscenico sia Anja Harteros sia Ann Petersen, che avrebbe dovuto sostituirla. La nuova protagonista, Annette Dasch, è arrivata in città in piena notte per il ruolo di Elsa e ha incantato il pubblico milanese. Proteste dei centri sociali all’arrivo del premier Monti. L’Inno di Mameli eseguito alla fine della rappresentazione.
Elsa von Brabant canta nel suo dolce tedesco “sola, in giorni d’angoscia, ho supplicato Iddio…” mentre fuori, sotto la neve, non si arrendono i contestatori. Nel teatro il pubblico della prima è ammaliato dalla bacchetta di Daniel Barenboim, cullato dalle note di un Wagner romantico, come confermano i 15 minuti di applausi tributati alla fine e intervallati dall’esecuzione dell’Inno di Mameli con l’orchestra e l’intero coro. All’esterno, come ogni anno il 7 dicembre, si sono radunati quelli che non vogliono o non hanno alcun motivo per festeggiare: centri sociali, disoccupati, gli operai a rischio posto di lavoro. Una inaugurazione tra crisi e misurata eleganza, alla Scala, per l’apertura apertura della stagione 2012-2013. In scena il Lohengrin di Richard Wagner. Sul podio Daniel Barenboim. Cinque ore di opera in tedesco che hanno scoraggiato i presenzialisti. Il teatro si è riempito soprattutto di veri appassionati di musica, anche se l’allestimento scenico non ha convinto tutti.
LA MUSICA E IL CORO. La parte del leone l’ha fatta la musica di questa opera romantica, la più ‘italiana’ fra quelle del compositore tedesco. Grandi applausi a Barenboim e all’orchestra scaligera, come si è detto, ma anche tanti consensi al formidabile coro della Scala diretto da Bruno Casoni, protagonista al pari dei personaggi in scena, che ha entusiasmato l’intera sala dal termine dello spettacolo quando ha intonato l’Inno di Mameli, che è stato cantato da tutti gli spettatori in piedi. Il regista Claus Guth e l’autore delle scene Christian Schmidt hanno proposto un Lohengrin fuori dagli schemi della tradizione, ambientando una vicenda della prima metà del decimo secolo in luoghi, architetture e costumi dei tempi di Wagner, a metà dell’ Ottocento. A proposito dell’inno, il protocollo prevede che l’esecuzione sia obbligatoria solo se c’è il presidente della Repubblica o un presidente straniero. Nel primo intervallo Monti e il sindaco Pisapia ne hanno parlato con Barenboim. E poi Barenboim ha spiegato la decisione con due ragioni: l’elemento etereo del preludio di Lohengrin e la volontà del coro di cantare.
IL CAMBIO DI CAST. Il ruolo di Elsa, che in origine doveva essere interpretato dal soprano Anja Harteros, la quale “a causa del perdurare di una forma influenzale” è “costretta a rinviare il suo debutto”, è stato cantato da Annette Dasch, soprano che dal 2010 interpreta questo ruolo al Festival wagneriano di Bayreuth e alla quale il pubblico scaligero ha tributato una lunghissima ovazione. Qualche mormorio il pubblico lo ha riservato alla regia di Claus Guth, invece, e alla scenografia. Peraltro anche Ann Petersen, che aveva cantato per la serata dedicata agli ‘under 30’, “ha contratto analoga indisposizione”. L’annuncio era arrivato dallo stesso Teatro alla Scala, che “ringrazia sentitamente la signora Dasch, che è giunta nella notte a Milano e con la sua generosa disponibilità ha dato un segno di attaccamento al teatro e di amicizia alla Scala”. Le due coppie contrapposte sulla scena hanno stregato il pubblico dall’inizio alla fine: l’una spirituale e pura con la Dasch e Jonas Kaufmann (Lohengrin); l’altra demoniaca e perversa con Evelyn Herlitzius (Ortrud) e Tomas Tomasson (Telramund). Applausi anche a Renè Pape e a Zeljko Lucic.
BARENBOIM: “SONO FELICE”. “Questo Lohengrin mi ha dato tutto – ha detto il maestro argentino Barenboim – Sono veramente molto, molto felice”. A suo giudizio non capita spesso che uno spettacolo sia così completo: “Qui c’è una regia stupenda, che ha tanti punti drammaturgici. Lo spettacolo rimane sempre esteticamente bellissimo. E questa è una cosa abbastanza rara, perché oggi abbiamo o spettacoli interessanti, e a volte brutti, o abbiamo spettacoli belli all’occhio ma niente altro”. Delle polemiche tra Wagner e Verdi invece non vuole sentir parlare e ripete le parole del presidente Giorgio Napolitano, il grande assente della serata, che le ha definite “futili e patetiche”. “Più si parla di questo – ha aggiunto – e più si da importanza a gente che non si dovrebbe prendere sul serio. Verdi è nato nell’ottore del ’13 e quindi non si dovrebbe cominciare l’anno verdiano prima di quella data”. Quanto all’interpretazione di Annette Dasch, il maestro non si mostra sorpreso dall’ottima performance. La conosce bene. “E’ un’attrice favolosa, anche una buonissima musicista. La sua voce si è sviluppata perfettamente per questi ruoli. Secondo me sarà una grandissima cantante wagneriana. Ho provato con lei cinque minuti al pianoforte questa mattina ed è stato un piacere”.
LA MESSA IN SCENA. Guth e Schmidt hanno realizzato una scena fissa per tutto lo spettacolo: “Una sorta di gabbia pesante così Guth stesso la descrive – che pare una fabbrica o una caserma, in cui si iscrivono i riferimenti alla natura e alla fantasia”. Un tavolo e un lampadario ne fanno un ambiente chiuso, alti muri tutt’intorno con ballatoi e un albero centrale ne fanno un cortile dove il re arringa il popolo di Brabant. In un angolo della scena un pianoforte simboleggia forse un luogo dove a turno i personaggi si rifugiano. Il cigno bianco non trasporta la barca con Lohengrin, che compare invece a terra, rannicchiato in posizione fetale, quasi fosse partorito dalla mente di un’Elsa che, accusata d’infamia da Telramund, chiede l’aiuto di un eroico cavaliere che la salvi. Lohengrin appare debole, fragile, impacciato, tremante in una dimensione magica, un po’ morbosa, perché è un eroe divino ancora non compiutamente umano. Ma tutti vedono ugualmente in lui, vincitore nel ‘giudizio di Dio’ contro Telramond, un salvatore, un uomo del destino che salverà la terra di Brabant.
“GLI ELEMENTI PSICOANALITICI”. Le ali del cigno appaiono a tratti nel braccio di un bambino, poi di un giovane, infine di un adulto morente trasportato a braccia. E Guth avverte: “L’opera di Wagner contiene elementi psicoanalitici molto forti, soprattutto nel rapporto tra i due protagonisti, Lohengrin ed Elsa, che vivono di proiezioni e non di sentimenti reali”. Nel secondo atto le pareti del cortile si incupiscono nella notte in cui Ortrud confida a Telramund le trame del complotto ai danni di Elsa e Lohengrin. Nel terzo, il gioco di luci rende i muri trasparenti e azzurrini, simili alle acque di un lago, mentre al centro, una boscaglia e un pontile fanno da cornice all’amore fra i due giovani, prima che Elsa, ponga all’eroe la domanda fatale.
GLI INVITATI ECCELLENTI. Per la prima è arrivato anche il premier Mario Monti con la moglie Elsa (in abito blu di Raffaella Curiel), insieme con vari ministri e il sindaco Giuliano Pisapia (che ha indossato lo stesso smoking dello scorso anno). Il maltempo (ha cominciato a nevicare verso le 15) ha costretto tanti ad arrivare in ritardo. Ma non ha fatto demordere le proteste all’esterno. Qualche momento di tensione quando un corteo di antagonisti ha cercato di raggiungere piazza della Scala da via Montenapoleone. Un cordone di polizia li ha bloccati e tenuti a distanza: i manifestanti hanno continuato la loro protesta urlando slogan contro il governo e le banche.
IL LOOK DELLE SIGNORE. Ma la consapevolezza del difficile momento economico era anche nell’aria del foyer. Poche le ostentazioni di pellicce e gioielli. Se il colore prevalente degli abiti è stato il nero (il più provocante: quello lungo di pizzo e velluto nero indossato da Valeria Marini), le più giovani si sono presentate con semplici vestitini al ginocchio. Qualcuna, in tema con l’opera, ha esibito piume bianche. L’attrice Tea Falco è arrivata con un copricapo-diadema a forma di cigno, il simbolo dell’opera. Marta Marzotto ha scelto un abito a cappa beige, altre hanno puntato sul verde o sul rosso. Eleganti nei loro kimono un gruppo di donne giapponesi in delegazione.
LO SMOKING DI LAPO E LA MASCHERA DI FACCI. Anche gli uomini hanno scelto alternative al solito smoking: il più originale, Lapo Elkann con un abito doppiopetto color carta da zucchero in velluto. “Questo è uno smoking”, ha ripetuto per tutta la sera a chi gli chiedeva perché avesse rinunciato al capo maschile elegante per antonomasia. E dopo le polemiche dei giorni scorsi su Verdi e Wagner, il pubblico, soprattutto quello femminile, è rimasto conquistato dall’affascinante Lohengrin-Jonas Kaufmann, anche senza scintillante armatura d’argento. L’inviato di Libero Filippo Facci si è presentato con indosso la maschera di Alessandro Sallusti, in segno di solidarietà nei confronti del direttore del Giornale ai domiciliari dopo la condanna per diffamazione. Facci è stato brevemente fermato dalla Digos all’ingresso, che poi lo ha lasciato entrare.
LA PROTESTA DEI LAVORATORI. I lavoratori della Scala, al termine dell’opera, hanno lanciato un centinaio di volantini di protesta dal loggione proprio mentre gli spettatori hanno iniziato ad applaudire. “Eccoci… – esordisce il testo del volantino – A molti di voi poco interessa sapere che al Teatro alla Scala si consumano veri e propri misfatti, ne elenchiamo alcuni”, tra cui la condizione precaria di molti lavoratori e la presunta presenza di amianto alla Scala. Il volantino era firmato Cub Informazione-Settore spettacolo.
Due momenti: uno senza tensione, esibiti poster degli scavi di Pompei “cancellati” da una grossa croce. Poi, a opera iniziata, scontri tra studenti, centri sociali e forze dell’ordine
di PAOLO DE LUCA e ANNA LAURA DE ROSA
Serata difficile e ad alta tensione al San Carlo dove era in programma la prima della Traviata. C’erano cinque ministri ma da subito si è capito che tirava aria di contestazione. Prima lieve, poi sfociata in tafferugli e un paio di cariche.
BENI CULTURALI, LA MANIFESTAZIONE
Prima che iniziasse la serata a manifestare sono stati alcuni operatori dei beni culturali. Pompei e Palazzo Reale cancellate da una “X” fatta con lo spray rosso. Sono le fotografie che hanno esposto davanti al Teatro di San Carlo. Nel volantino, che è stato distribuito, vengono denunciati i crolli negli scavi di Pompei. “Migliaia di operatori – si legge – sono impigliati nella burocrazia e nella pessima gestione”. “105 milioni per Pompei, 100 milioni per il centro storico di Napoli – continua il volantino – Grande progetto Pompei, le prime 5 gare da aprile non sono ancora state aggiudicate”. I manifestanti si sono allontanati dopo aver esposto le fotografie.
STUDENTI E CENTRI SOCIALI, GLI SCONTRI
Ma in contemporanea con l’inizio del secondo atto circa cento tra studenti ed esponenti dei centri sociali si sono presentati sotto i porticati del San Carlo. Urlando vari slogan. Fronteggiati da una sessantina di poliziotti in assetto antisommossa.
LA SEQUENZA/Ministri, Vip e disordini
A un certo punto la situazione è degenerata e si è registrata una prima carica della polizia durante la quale sono rimasti feriti tre ragazzi, due colpiti alla testa e uno a un braccio. “A Scampia uccidono e i ministri vengono qui a vedere il teatro”, tra gli slogan ripetuti. E poi l’invito ai poliziotti a unirsi alla loro protesta: “La crisi e i tagli toccano anche voi, venite con noi”. La tensione è salita ancora attorno alle 22 e 30 quando si è registrata una seconda azione della polizia che con gli scudi hanno allontanato verso la galleria i manifestanti. Attorno alle 23 e 30 la Rete dei collettivi studenteschi ha inviato un comunicato con cui afferma che obiettivo principale della contestazione era il ministro Profumo e sostiene che un manifestante è svenuto dopo aver subito una manganellata sulla testa.
Lo spettacolo ha già fatto incetta di premi internazionali, a cominciare dal primo posto al prestigioso Fringe festival di Edimburgo. Ora, dopo una serie di date sold out a Roma, arriverà a Milano a gennaio. Al centro della scena Silvia Gallerano: il suo corpo è nudo, ma non è quello a lasciare choccati gli spettatori
Il teatro Valle è occupato, sì, ma per una sera da una donna, una sola. Piccolina, occhi grandi ed espressivi, i capelli raccolti in due “cornetti” ai lati della testa, Silvia Gallerano è nuda, letteralmente, su un trespolo da foca ammaestrata. È l’unica protagonista del monologo “La Merda”, acclamata opera di Cristian Ceresoli che ha già fatto incetta di premi, a cominciare dal primo posto al prestigioso Fringe festival di Edimburgo. La scrittura del testo è eccellente, condita di efficaci artifici retorici che hanno un retrogusto shakespeariano, mentre il fil rouge ideale (e ideologico quanto basta) è evidentemente pasoliniano.
La platea è vuota. Il pubblico è sul palco e dà le spalle alle quinte, e la protagonista è lì, sul trespolo, nuda. All’inizio, giocoforza, gli sguardi sono tutti per quel corpo nudo, per quel pube esposto con una naturalezza alla quale ci si abitua subito. Anche perché l’attenzione è presto rapita da questa maschera viscerale e sofferente di una donna che racconta, su un doppio binario miscelato sapientemente, le insicurezze dell’individuo e quelle, altrettanto alienanti, di un paese intero.
In quell’ora di monologo appassionato c’è davvero molto del codice genetico dell’Italia di oggi. Compromessi, mezzucci, un maschilismo becero e volgare che domina una società insicura e bloccata. Ci sono le miserie dello show business, di quella tv che usa la donna come una bambola da gonfiare e sgonfiare a seconda delle mode e delle esigenze del “pubblico sovrano”, di quei dirigenti che provinano personalmente e con particolare perizia le malcapitate che sperano di fare carriera in televisione. Silvia ci descrive in maniera chiarissima il personaggio che interpreta: “E’ una ragazza che è pronta a tutto pur di farcela nel mondo dello spettacolo. Un mondo in cui, in questo momento storico, sembra che tutti vogliano farcela”.
Ma c’è soprattutto lo smarrimento di ognuno di noi, in quelle urla che trasfigurano il dolce viso di Silvia Gallerano e lo trasformano nell’urlo di Munch. Il pubblico è travolto dall‘inquietudine e dallo smarrimento. Le vene del collo si gonfiano, l’attrice vomita tutto l’insopportabile disprezzo nei confronti di un paese che non riconosce, nonostante il padre le avesse sempre parlato di quella nazione unita da omini “bassi e liberi” in camicia rossa e poi liberata da “quelli che resistevano”. La resistenza della protagonista è solo apparentemente fraintesa. All’inizio è assuefazione, abitudine. Poi si trasforma in rabbia nevrotica e ribellione interiore al limite di una alienante follia.
C’è molta Italia, nel testo, ma nessuno pensi a un monologo provinciale: “Quando siamo partiti per il Fringe festival – ci racconta la protagonista – non sapevamo come sarebbe andata e temevamo che molti avrebbero letto il testo come troppo italiano. Invece ci ha colpito il fatto che nessuno, anche nelle critiche sui giornali, ha identificato “La merda” come una storia solo italiana. Evidentemente sottolinea ed esaspera valori generali che coinvolgono tutto il mondo occidentale, a cominciare dal femminile e dall’asservimento al potere della televisione”. Nessun dubbio, poi, sulla scelta di stare sul palco completamente nuda: “E’ una suggestione che ha avuto Cristian e che io ho accettato, all’inizio senza nemmeno sapere bene per quale motivo. C’era qualcosa che mi diceva che era giusto. Poi ho trovato le mie motivazioni e mi sono data le mie risposte. Una scelta inevitabile per raccontare la vulnerabilità totale di un personaggio che si esibisce in questa maniera così mostruosa”.
E il finale non è per niente consolatorio. Lo sfogo della protagonista è segno di frustrazione e di resa ai metodi barbari della società italiana. La merda del titolo va trangugiata di nuovo, in un ciclo continuo che somiglia a un malfunzionante e puzzolente sistema di riciclaggio di rifiuti. “Finisce bene per lei – conclude la Gallerano – Non si ribella, non si oppone al sistema ma addirittura ne diventa fautrice estrema. Qualche dubbio sul lieto fine c’è stato, ma serviva qualcosa che descrivesse fino in fondo la parabola del personaggio”.
L’inno di Mameli finale, poi, cantato storpiandolo quasi come ci fosse Jimi Hendrix sul palco, è l’ultima suggestione di uno spettacolo che non delude le attese e riesce ad affrontare i temi del femminile e del suo difficile rapporto con la società contemporanea senza stereotipi stantii né parole d’ordine militanti. C’è solo un personaggio, nudo in ogni senso, che guida lo spettatore nel girone infernale della società contemporanea.
7/05/2011
Coro Anni Dieci
ACTION #00
@ 13th Far East Film Festival (UD)
Riprese e montaggio: 4Frame Factory (Pordenone)
20/07/2011
Coro Anni Dieci
ACTION #01
@ Isola della Cona
Riprese e montaggio: 4Frame Factory (Pordenone)
e mi firmo don Ciccio Salsiccio
io ovunque m’impaccio e m’impiccio
dove vado vi faccio un pasticcio e cosè per un puro capriccio
don Ciccio Pasticcio mi sento chiamar.
Ho sempre un biroccio
somiglio a un bamboccio
dal mulo e dal ciuccio mi faccio tirar.
In estate vo a caccia
d’inverno in barcaccia
di nulla mi cruccio
mi faccio ammirar.
Ciccio quà
Ciccio là.
Son bello e son ricco le donne le scaccio
ma dopo di averle ridotte uno straccio
don Ciccio Salsiccio pallottola in mano
sti figli di cane mi stanno a chiamar.
C’è la moglie del conte Borraccia
bella e buona di corpo e di faccia
che sovente al mio cuore s’allaccia
quasi folle mi guarda la faccia
e sono certo che questa mi spaccia
perchè tutti i giorni mi fa consumar.
Se il conte ci incoccia
ci rompe la boccia
del resto il capriccio
può farci passar.
Lei mi chiama mio Ciccio
mio Ciccio Salsiccio
facciamo il pasticcio
mi fai morir.
Ciccio qua
Ciccio la.