Il sociologo del lavoro Luciano Gallino commenta così la scelta di Fiat di spostare la sede all’estero: “Sbagliano Letta e Chiamparino, la nazionalità è importante e la vicenda Electrolux dovrebbe dirgli qualcosa
di Luca Sappino
Il piano di Marchionne, per Luciano Gallino, sociologo ed esperto di processi economici e del lavoro, «è possibile che funzioni». Ma funzionerà «solo per la Fiat», semmai, mentre a noi dovrebbero interessarci «i posti di lavoro che questa ha ancora in Italia». Il governo ha delle responsabilità, per Gallino, perché «assiste senza muovere un dito allo smantellamento dell’industria automobilistica». In Germania, invece, «hanno un formidabile e interventista ministero dell’economia e un sistema bancario attento all’industria e non alla speculazione».
Gallino ora è ufficiale, la Fiat se ne va. Società olandese e sede nel Regno Unito. Era inevitabile?
«Sì, ma solo perché dipende dalle priorità che un’azienda si dà o che le sono imposte dal governo. Ed è chiaro che, in questo caso, il governo italiano non ha minimamente influito sulla Fiat e che questa ora va quindi dove le pare, dove le conviene di più: ha scelto queste priorità. Va dove si pagano meno imposte, dove trova meno leggi, dove può costruire al miglior prezzo. Il governo italiano da dieci anni e più assiste senza muovere un dito allo smantellamento dell’indisutria automobilistica».
Chiamparino e Fassino, entrambi, hanno detto che non conta la sede legale, né conta quella fiscale, ma conta solo la produzione. E’ veramente così?
«Sbagliano, i due, e l’Electrolux dovrebbe dirgli qualcosa. Fintanto che le cose vanno bene la sede di un’azienda può non essere importante, se l’impresa trova vantaggio a produrre in uno stabilimento all’estero la sede può essere indifferente. Ma nel momento in cui le cose si complicano, come in questo momento, la nazionalità è molto importante, perché una corporation non chiude normalmente gli stabilimenti vicini alla casa madre ma comincia da quelli più periferici».
Anche il premier Letta ha però detto «oggi la Fiat è un attore globale e la questione della sede legale è secondaria». Cosa cambia per un governo tra il trattare con un’azienda italiana e farlo con una con sede estera?
«Cambia moltissimo, evidentemente. Ma per il governo italiano non c’è alcuna differenza, ma solo perché non ha mai trattato nulla con la Fiat. Non vedo questo tipo di preoccupazione in Letta, né capisco perché dovrebbe muoversi oggi per condizionare le scelte di Marchionne, quando non l’ha fatto finora. Quello che dicono le cifre è chiaro: la Fiat produceva in Italia, nel 2003, più di un milione di macchine l’anno, l’anno scorso sono state circa 370 mila. Marchionne ora ha promesso il rilancio e forse la cifra un po’ salirà ma tra i marchi storici internazionali, Fiat è l’unico che ha ridotto così tanto nel suo paese d’origine».
Cosa avrebbe potuto fare il governo?
«Avrebbe potuto fare qualcosa che somigliasse ad una politica industriale, come fanno tutti gli altri paesi. Se in Germania c’è ancora un’industria non è solo perché gli ingegneri sono bravi e gli operai volenterosi, no. E’ soprattutto perché hanno un formidabile e interventista ministero dell’economia e un sistema bancario attento all’industria e non alla speculazione. Negli stati uniti l’industria dell’auto era fallita, ed è stata slavata e rilanciata dal governo».
Tanto nella vicenda Fiat quando nella vicenda Electrolux, parte delle colpe vengono date alle relazioni sindacali, giudicate «novecentesche»
«E’ un pretesto abbastanza banale e molto datato, fermo alla retorica della Thatcher. In Italia le imprese hanno potuto fare tutto ciò che volevano, negli ultimi anni, a cominciare dalla Fiat che ha chiuso Termini imerese e ha fatto l’accordo di Pomigliano, su cui non mi pare ci siano state chissà quali resistenze sindacali».
Magari a danno dell’Italia, ma per la nuova Fiat Chrysler Automobile funzionerà il piano di Marchionne?
«E’ possibile che funzioni, perché la Chrysler è pur sempre il terzo produttore americano e la Fiat in Turchia, Polonia e Brasile ha stabilimenti importanti, capaci di produrre molto, come ha riconosciuto oggi Marchionne. Il punto però non dovrebbe interessarci più di tanto. Noi non dovremmo preoccuparci del futuro della Fiat ma specificatamente dei posti di lavoro che questa ha ancora in Italia. Non è più l’impresa che era un tempo, è vero, ma ci sono ancora 25 mila lavoratori, impiegati in Fiat, e la loro forza lavoro è satura al meno del 30 per cento. C’è già così un 70 per cento di forza lavoro da recuperare, e solo per tener fermo quel numero. Il piano di Marchionne difficilmente può riuscirci: partiamo da una situazione in cui a Torino, ad oggi, lavorano 3 giorni al mese»
A meno di un mese dalla modifica della Costituzione in Messico che ha aperto il mercato dell’energia alle aziende straniere, Eni inaugura un nuovo ufficio a Città del Messico.
Il taglio del nastro avviene con una cerimonia alla presenza del presidente del Consiglio, Enrico Letta, per cui questa è la dimostrazione che l’Italia è “un interlocutore privilegiato” del Messico. Il presidente Enrique Pena Nieto ha infatti “fortemente spinto perchè l’Italia cogliesse da subito l’opportunità di entrare nel mercato dello sfruttamento del petrolio“. A simbolo dell’amicizia fra i due paesi è la consegna ad Enrico Letta delle chiavi di Città del Messico.
L’a.d. di Eni Paolo Scaroni ha incontrato il presidente messicano e l’a.d. di Pemex (Petroleos Mexicanos), Emilio Lozoya Austin, proprio per porre le basi della futura collaborazione tra le due società. Per Scaroni, “il Messico, il Golfo in particolare, è una miniera quasi inesplorata” e dall’incontro con il numero uno della Pemex è emerso che c’è “un grande lavoro da fare. Loro hanno bisogno di tecnologia offshore e noi già operiamo in questo campo sia nella parte americana del Golfo che in Africa”.
Scaroni ha spiegato che l’impegno di Eni sarà possibile, ed è stato richiesto, già per la fine del 2014, in anticipo rispetto ai tempi previsti: “Pensavamo che non fosse possibile operare prima del 2016, mentre oggi Pemex ci ha indicato date più ravvicinate: da aprile sceglieranno i blocchi e li condivideranno con le società straniere che stanno individuando ora. Questo vuol dire che loro intendono lavorare con noi già dal 2014”.
L’Italia guarda con grande interesse al mercato del Messico, oggi quattordicesima economia del mondo per Pil nominale, ma secondo la banca d’affari Goldman Sachs capace di crescere nel 2050 fino all’ottavo posto, superando anche l’Italia. Il sistema produttivo italiano è già il nono investitore in Messico con circa 1400 imprese nazionali in loco e 1,1 miliardi di euro di esportazioni e investimenti italiani assicurati con la Sace. Ieri Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, ha firmato un memorandum d’intesa per la cooperazione nell’ambito della generazione geotermica e delle smart grids con l’Instituto de Investigaciones Eléctricas, l’ente messicano di ricerca per il settore elettrico.
Continua il viaggio di PRESADIRETTA per raccontare l’Italia della crisi. Ferrovie, strade, porti, vi mostriamo quanto c’è ancora da fare per modernizzare le nostre infrastrutture e i mille cantieri che si potrebbero aprire per dare lavoro a centinaia di migliaia di persone.
Mentre il “cantiere Italia” non riesce a decollare, le grandi opere rischiano di trasformarsi in grandi sprechi di denaro pubblico.
PRESADIRETTA vi racconta l’ultima inchiesta aperta dalla Procura di Firenze sul cantiere dell’alta velocità di Firenze, quella che ha portato agli arresti domiciliari l’ex governatrice della Regione Umbria Lorenzetti e un gruppo di dirigenti pubblici.
Vi raccontiamo il disastro dei collegamenti ferroviari del sud Italia, stazioni abbandonate, treni soppressi, linee tagliate. Un pezzo del nostro paese staccato dal resto del mondo. E quanto paghiamo per questo ritardo? Pensate che c’è chi ha stimato in 92 miliardi di euro il costo dei 700 chilometri di ferrovie convenzionali non costruite.
PRESADIRETTA vi porta sulla Salerno – Reggio Calabria, l’autostrada degli eterni cantieri. E’ stato il più grande affare per le cosche della ndrangheta. Non c’è un solo chilometro che non sia entrato in un inchiesta della magistratura. Testimonianze esclusive, intercettazioni e retroscena dell’operazione “Alba di Scilla”. L’ultimo tratto della Salerno Reggio Calabria doveva essere ultimato alla fine dello scorso anno e invece, dopo una spesa di 12 miliardi e mezzo di euro, mancano ancora 58 chilometri. Ma i soldi sono finiti.
Siamo andati a vedere come lavorano i più grandi porti italiani e quelli del nord Europa. PRESADIRETTA ha scoperto che 1 milione e 240mila tonnellate di merce, destinate all’Italia, passano per il porto di Anversa, in Belgio, invece che attraverso i porti italiani. Quanta ricchezza perdiamo ogni anno per colpa della disorganizzazione e per l’eccesso di burocrazia che strangola il porto di Genova? Un’immensa ricchezza che se ne va altrove.
“Lavori in corso” e’ un racconto di Liza Boschin, Giulia Bosetti, Raffaella Pusceddu, Rosita Rosa, Federico Ruffo
La società del Tesoro si aggiudica un maxi appalto attraverso la controllata norvegese Vard. L’ad Bono: “Grazie alle nostre competenze e alla presenza di imprese specializzate, l’Italia può diventare un polo internazionale nell’esplorazione di idrocarburi”
di LUCA PAGNI
MILANO – La ricerca di materie prime sempre più esasperata e in condizioni sempre più difficili, soprattutto alle grandi profondità marine, si sta rivelando la carta vincente per il rilancio di Fincantieri. Dopo la ristrutturazione della società dovuta alla crisi del 2008, il gruppo controllato dal Tesoro ha scommesso su questo settore. E l’ultimo appalto vinto sembra dar ragione ai manager del gruppo.
Fincantieri ha annunciato, attraverso la controllata Vard, società norvegese quotata alla borsa di Singapore, player mondiale nella progettazione e costruzione di mezzi di supporto alle attività di estrazione e produzione di petrolio e gas naturale, l’aggiudicazione un ordine da parte della joint venture costituita da Dof Subsea-Technip per la realizzazione di quattro navi posatubi e di supporto alle costruzioni offshore.
“Il contratto – si legge in una nota della società – ha un valore complessivo di circa 1,1 miliardi di dollari ed e’ il più importante acquisito finora da Vard e uno dei più importanti in assoluto in questo settore”.
le ricadure economiche per il gruppo Fincantieri sono sicuramente rilevanti. Anche se si tratta di un ordine “internazionale” più che italiano. Come si vede dal dettaglio dell’appalto. Le quattro navi sono posatubi e natanti di supporto alle costruzioni offshore: due di esse saranno consegnate nel secondo e nel terzo trimestre 2016; verranno costruite nel cantiere rumeno di Tulcea e allestite in quello norvegese di Soviknes. Le altre due saranno realizzate nel cantiere brasiliano di Promar, e consegnate nell’ultimo trimestre 2016 e nel secondo del 2017.
Commentando la notizia, l’amministratore delegato Giuseppe Bono ha sostenuto che “anche in Italia, potendo contare su un campione della cantieristica come Fincantieri, su importanti operatori a livello mondiale nel comparto dell’oil&gas e su un network di piccole e medie aziende altamente specializzate, si potrebbe attivare proficuamente un cluster in grado di competere sul mercato internazionale con ricadute sull’economia italiana, per aumentare il valore aggiunto delle nostre industrie e quindi i loro margini, e ampliare la base occupazionale del Paese con competenze di altissimo livello”.
L’azienda controllata da Eni annuncia il maxi rosso alcune settimane dopo che il tribunale l’ha sanzionata per presunte tangenti in Nigeria. E nomina nel consiglio di amministrazione l’ex presidente di Rcs Piergaetano Marchetti
Saipem registra una maxi perdita di 575 milioni di euro nel primo semestre dell’anno. I conti della compagnia petrolifera controllata dall’Eni, quindi semi-pubblica, sono stati pubblicati alcune settimane dopo che, lo scorso 11 luglio, il tribunale di Milano ha condannato l’azienda a una sanzione di 600mila euro e ha disposto la confisca di 24,5 milioni di euro per presunte tangenti in Nigeria.
La società, dopo che il consiglio di amministrazione ha approvato la relazione finanziaria al 30 giugno, ha fatto sapere di avere registrato ricavi in calo del 18,9% a 5,1 miliardi, con un rosso di 685 milioni nel solo secondo trimestre dell’anno. Mentre per l’intero anno prevede ricavi per 13 miliardi e un perdita di 300-350 milioni.
L’azienda ha inoltre annunciato in una nota di avere nominato nel consiglio di amministrazione l’ex notaio del salotto buono Piergaetano Marchetti, 74 anni, che sarà “consigliere indipendente e non esecutivo”. Marchetti, ex presidente di Rcs (casa editrice del Corriere della Sera), è stato membro della commissione che ha redatto il testo unico della finanza e, ancora oggi, fa parte del comitato che monitora l’applicazione del codice di autodisciplina delle società quotate.
“La situazione semestrale al 30 giugno 2013 – si legge in una nota della società – recepisce i peggioramenti attesi per l’anno in corso. Pur in un quadro d’incertezza sulla tempistica delle assegnazioni di nuovi contratti da parte delle oil companies, nella seconda parte dell’anno si prevede un significativo miglioramento dei risultati grazie al buon andamento dei nuovi contratti acquisiti con maggiore selettività nella prima parte del 2013, e grazie alle buone performance della business unit drilling“.
Il gruppo prevede quindi che “l’indebitamento finanziario netto si attesti a fine anno a circa 5 miliardi di euro, nonostante la scarsa prevedibilità dell’evoluzione del capitale circolante netto, riconducibile all’andamento delle negoziazioni con i clienti, alla piena operatività di progetti con un profilo finanziario penalizzante e all’impatto delle indagini in Algeria“.
Alla vigilia della prima Giornata internazionale di mobilitazione contro il carbone, trenta dei nostri attivisti hanno protestato pacificamente aprendo in mare, di fronte alla centrale Enel di Civitavecchia, uno striscione galleggiante di 1.500 metri quadri con la scritta “NO AL CARBONE, QUIT COAL”. Enel è il maggior emettitore italiano di gas serra: una tonnellata di CO2 al secondo.
A causa del carbone si continua a morire. Il carbone è un killer silenzioso, responsabile di oltre 2 morti all’ora. Il messaggio lanciato da Greenpeace tramite il dossier “Silent Killers” risuona forte e chiaro: i fumi emessi dalle ciminiere delle centrali a carbone sono tanto nocivi da aver causato la morte prematura di oltre 22 mila persone in Europa.
Una ricerca che associa fumi tossici emessi dalle centrali a carbone e rischio di morte prematura è stata condotta da parte dell’Università di Stoccarda. I dati raccolti evidenziano l’impatto sanitario dell’inquinamento prodotto dalla combustione del carbone nei Paesi UE, equivalente alla perdita di 240 mila ore di vita.
In Italia, nel 2010, il carbone ha causato 521 morti premature, equivalenti a 5.560 anni di vita persi. Greenpeace ricorda il ruolo di Enel nella produzione di emissioni nocive derivanti dalla combustione di carbone. La multinazionale italiana è la quinta peggiore compagnia a livello europeo in termini di impatto sulla salute.
Alla sola produzione energetica derivante dal carbone di Enel è riferibile la stima europea relativa alla perdita di 11.600 anni di vita nel 2010. Non si teme solo per il presente, ma soprattutto per il futuro. Le centrali in progetto o in via di realizzazione non potranno infatti che incrementare gli attuali impatti sanitari provocati dalle emissioni nocive.
Sono 52 i progetti per nuove centrali ora in fase di realizzazione o in attesa di autorizzazione. Se entrassero in funzione, provocherebbero la perdita di ulteriori 32 mila anni di vita, secondo le stime dell’università tedesca. Calcolando che la normale fase operativa di ogni centrale è di 40 anni, in questo lasso di tempo andrebbero in fumo 1,3 milioni di anni di vita.
Il carbone pulito? Non esiste.
“Lo studio realizzato dall’Università di Stoccarda è l’ennesima prova, qualora ve ne fosse bisogno, che il ‘carbone pulito’ sbandierato dalle compagnie energetiche non esiste” afferma Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. “I dati di molte istituzioni e organismi sovranazionali confermano che l’aria che respiriamo può essere uno dei maggiori agenti patogeni per la nostra salute. In Europa, il carbone è una delle principali cause di avvelenamento dell’aria. Per salvare i nostri polmoni, e salvare il clima dalle emissioni di gas serra, dobbiamo mettere fine all’era del carbone e avviare una radicale rivoluzione energetica”.
Le 300 centrali a carbone d’Europa producono quasi un quarto delle emissioni europee di Co2, circa la metà di tutte le emissioni industriali di mercurio ed un terzo di quelle di arsenico. Emettono inoltre il 70% degli ossidi di zolfo e più del 40% degli ossidi di azoto provenienti dal settore elettrico.
Come ci ammaliamo di carbone? La combustione del carbone nelle centrali produce particelle tossiche e metalli pesanti. Il particolato fine (PM 2.5) è la minaccia maggiore, generata da ossidi di zolfo e di azoto, fuliggine e polveri sottili. Le particelle tossiche, quando respiriamo, giungono nei polmoni e nel sangue. Il loro accumulo provoca infarto, ictus e cancro.
La soluzione? Impedire la costruzione e l’attivazione di nuove centrali a carbone, rivoluzionando la politica energetica europea a favore delle rinnovabili. Greenpeace chiede all’Unione Europea di fissare nuovi obiettivi per lo sviluppo dell’energia verde, per l’efficienza energetica e per l’abbattimento dei gas serra. Costruire nuove centrali a carbone non serve. E’ invece necessariochiudere gli impianti più vecchi ed inquinanti, da sostituire con strutture dedicate alle rinnovabili.
Guarda l’infografica “Come ci ammaliamo di carbone”.
Scarica il rapporto di Greenpeace “Silent Killers”.
Di Emanuele Bellano. Il tratto Tav Torino-Lione secondo le stime attuali costerà almeno 24 miliardi di euro. Le previsioni di traffico merci elaborate negli anni e con cui si giustifica un’opera così costosa per le casse dello Stato, prevedono un aumento degli scambi commerciali tra Italia e Francia. Oggi i dati però fotografano una situazione assai diversa: dal 2005 sulla direttrice Torino-Lione il trasporto merci è diminuito costantemente e la linea esistente è sfruttata solo per un quinto. Secondo la pianificazione europea, la Torino Lione deve essere un nodo cruciale del corridoio mediterraneo, la direttrice ferroviaria che unendo Lisbona a Kiev dovrebbe collegare l’Atlantico all’Est Europa. Ma Portogallo e Ucraina si sono già tirati fuori, e in Francia è in corso un acceso dibattito istituzionale.
Di Claudia Di Pasquale. Le ferrovie dello Stato stanno pensando di eliminare la tratta Cuneo Ventimiglia, una linea storica che collega l’Italia alla Francia. Proprio in questi giorni ci sono manifestazioni e presidi di cittadini italiani e francesi che protestano contro la possibile chiusura. Ormai da anni sono scomparsi anche il diretto Cuneo Nizza, gli Eurocity Milano Nizza ed il notturno Nizza Roma. Tutto questo mentre in Liguria sono in corso i lavori per il raddoppio della linea ferroviaria che ha anche la funzione di migliorare i collegamenti con la Francia, un’opera che però rischia di essere l’ennesima incompiuta.
Di Luca Chianca. Le Ferrovie dello Stato hanno abbandonato le tratte internazionali che collegano l’Italia alla Slovenia, all’Austria e alla Germania. Il Friuli Venezia Giulia si ritrova senza collegamenti ferroviari con tutto l’est Europa. L’unico modo per arrivare in Slovenia sono le strade statali e l’autostrada ed è lo stesso se uno vuole andare da Venezia a Vienna. Mentre il passaggio dal valico del Brennero, per andare a Monaco di Baviera, è gestito solo dall’azienda ferroviaria tedesca.
Di Giorgio Mottola. I disagi per gli utenti che viaggiano con Trenitalia sono diversi. Per esempio non basta comprare il biglietto per essere certi di viaggiare in treno. Le tariffe e le regole imposte da Trenitalia sono tra le più farraginose e rigide d’Europa. Il titolo di viaggio che fornisce Trenitalia vale solo per un preciso orario, una precisa tariffa, una precisa categoria di treno. Se vuoi cambiare programma o arrivi in ritardo in stazione, rischi di pagare sovrapprezzi salatissimi oppure, in alcuni casi, sei addirittura costretto a ricomprare per intero il tuo biglietto. In Germania, ad esempio, la prenotazione dei treni, persino dell’alta velocità, non è obbligatoria, per cui con lo stesso biglietto si possono prende treni diversi, senza essere multati o costretti a pagare di più.
Di Antonino Monteleone. Il sistema aeroportuale italiano è da tempo in crisi. Ci sono troppi aeroporti e la presenza pubblica è considerata eccessiva. Per fare un esempio, sei aeroporti, in 4 diverse regioni, sono costati 300 milioni di euro. Secondo il presidente Enac, Vito Riggio, gli enti pubblici devono lasciare la materia aeroportuale, mettere tutto nelle mani del mercato e chi avrà i numeri resterà in piedi. Il Ministro Passera ha stabilito quali aeroporti sono da considerare strategici, quelli sostenibili, quelli indispensabili. Ma, soprattutto, quali aeroporti non sono più utili al paese. E chi vuole tenerli in piedi, ne sosterrà direttamente i costi.
Nell’ambito dell’inchiesta sull presunte tangenti per una commessa da 500 milioni di euro sulla fornitura di 12 elicotteri Agusta all’India, la procura di Busto Arsizio ha chiesto il processo, senza passare dall’udienza preliminare, per l’gli ex vertici del gruppo statale
MILANO – Il procuratore facente funzione di Busto Arsizio, Eugenio Fusco, ha depositato la richiesta di giudizio immediato per l’ex ad di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte tangenti pagate a pubblici ufficiali indiani per la fornitura di 12 elicotteri Agusta. La richiesta di giudizio immediato riguarda anche l’ad di Agusta, Bruno Spagnolini, ai domiciliari dallo scorso 12 febbraio, mentre Orsi si trova in carcere da quel giorno: per entrambi le accuse per cui è stato chiesto l’immediato sono di corruzione e false fatturazioni. Per Orsi, che nelle settimane scorse si era dimesso dalla carica di presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, i termini di custodia cautelare scadono il prossimo 4 maggio, termine entro il quale il gip dovrà decidere se disporre il giudizio immediato.