Vittorio Arrigoni (Besana in Brianza, 4 febbraio 1975 — Gaza, 15 aprile 2011) è stato un reporter, scrittore e attivista italiano.
Noi de La Cosa e come gruppo parlamentare 5 Stelle abbiamo scelto di ricordarlo nel giorno della ricorrenza della sua morte.
Ecco l’intervento del deputato Alessandro Di Battista
ARTICOLO 11
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessaria ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”
Luca Galassi, giornalista amico e vicino ai tempi di Peacereporter di Vittorio Arrigoni, ci racconta il suo rapporto lavorativo e di amicizia con Vik nel giorno in cui si ricorda la sua barbara uccisione a Gaza.
“Il messaggio di Vik, ad ogni modo, non morirà mai perché camminerà sulle nostre gambe: restiamo umani”
I giudici hanno inflitto il carcere a vita – al termine di un processo segnato da scarsa trasparenza secondo gruppi di tutela dei diritti umani – a due dei presunti esecutori materiali (altri due erano stati uccisi all’epoca dei fatti, durante un tentativo di cattura): Mahmud al-Salfiti e Tamer al-Hassasna, poco più che ventenni
E’ arrivata oggi la sentenza per l’omicidio del cooperante italianoVittorio Arrigoni, ucciso nell’aprile del 2011 nella Striscia di Gaza, enclave palestinese controllata dagli islamici di Hamas. Il processo si è svolto dinanzi a un tribunale militare controllato da Hamas: quattro le condanne di cui due ergastoli per Mahmud al-Salfiti e Tamer al-Hassasna, poco più che ventenni, riconosciuti colpevoli del rapimento e dell’omicidio dell’attivista italiano. Oltre al carcere, i condannati dovranno scontare un periodo di lavori forzati, ma non la pena di morte, grazie all’opposizione manifestata dalla famiglia di Arrigoni. La Corte militare di Gaza avrebbe infatti potuto comminare la pena capitale ai due imputati principali, ma si sarebbe astenuta dal farlo tenendo conto della decisione che i familiari avevano espresso fin dall’ inizio del processo, in omaggio alle convinzioni dello stesso Vittorio. Secondo la tradizione islamica, i congiunti possono avere voce in capitolo sulla sorte degli assassini d’un parente.
A 10 anni è stato condannato invece Khader Jiram, vicino di casa di Arrigoni, accusato di aver fornito informazioni decisive ai killer, e un anno Amer Abu Hula, che aveva messo a disposizione la sua abitazione al commando. Dopo il rapimento Arrigoni era apparso ferito in un filmato in cui lo si additava come nemico dei costumi islamici e in cui si chiedeva a Hamas la liberazione di un capo salafitaiper-integralista arrestato nella Striscia nei mesi precedenti.
Ma prima della scadenza dell’ultimatum l’attivista era già stato assassinato. Il giorno dopo la polizia di Hamas aveva trovato il suo corpo senza vita nell’appartamento dove era stato nascosto. Secondo un perizia, sarebbe stato strangolato con filo di ferro. Positivi, dopo le critiche rivolte alla procedura e all’iter delle indagini, appaiono intanto i primi commenti sulla sentenza delle organizzazioni locali per i diritti civili, che hanno seguito da vicino le varie udienze per mesi.
Film estremamente avvincente ed agghiacciante sul Massacro di Gaza.
SCONSIGLIATO AI BAMBINI.
I retroscena dell’operazione militare israeliana, detta anche Piombo Fuso. Dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, Israele scatena l’inferno su Gaza: 1.412 vittime, tra uomini, donne e bambini. Gran parte degli edifici distrutti. I servizi paralizzati.
Il documentario usa materiale filmato in quei giorni e sfuggito alla censura. E si chiude con la fine del massacro.
Ma ancora oggi, Gaza è in ginocchio. Quasi tutta da ricostruire. Il 60% della popolazione è senza lavoro. Scarseggiano cibo, medicinali e altri generi di prima necessità.
Chiedetevi perché la città è ancora sotto assedio. Perché è diventata un simbolo da sostenere per i pacifisti e una vergogna da nascondere per gli israeliani. Perché non può essere raggiunta da nessun aiuto umanitario. Perché si arriva ad uccidere, pur di fermare chi prova a forzare il blocco navale.
Per non rifornire i terroristi di armi? Questo ci racconta l’efficientissima propaganda israeliana.
Ma se studiate un po’ la storia di quella terra, capirete che c’è sotto ben altro.
Vi consiglio di cominciare con il video “Io sono Israele”. O con la serie di Paolo Barnard, “Palestina: capire il torto”. Oppure consultando Wikipedia.
Scoprirete che non è vero, come si dice, che Israele non ha un piano di pace.
Ce l’ha, invece. Eccome, se ce l’ha! E lo porta avanti da almeno 80 anni con lenta, tenace e paziente fermezza.
Qual è?
Liberare completamente la Palestina. Fino a cacciare via l’ultimo arabo.
Per ora, ne ha espulsi 4.250.000.
L’ho sentito troppo spesso per stupirmi ancora: erano solo dalla parte sbagliata. Come se si trattasse di una opinione, un accidente: come se quella scelta, di là o di qua, fosse un argomento secondario. Come se non fosse, quella scelta, fondamentale per il giudizio storico. Un dettaglio. Capita. Si è cercato di equiparare una parte e l’altra, di unire, nella stessa commemorazione, chi lottava per la libertà e chi per l’oppressione.
La Repubblica di Salò non era il primo fascismo che qualche incauto revisionista giudica positivo. La Repubblica di Salò era solo l’ultimo atto di pochi disperati di quel regime, che tentavano, al prezzo di una guerra civile, di rovesciare il tavolo della Storia. È a questi che dovremmo tributare lo stesso sentito ringraziamento che tributiamo a coloro che per la libertà, non per la dittatura, versarono il sangue? Un’ipocrita quanto inquietante conciliazione post mortem da concedere ai repubblichini solo perché oggi esiste una maggioranza in Parlamento che somiglia pericolosamente, negli uomini e nel populismo, a quel regime che essi sostenevano.
No. I partigiani erano diversi dai repubblichini. Nel giorno in cui si ricorda la liberazione di Genova, Torino e Milano dal nazifascismo ad opera dei partigiani (e dovremmo ricordarlo a certi politicanti che il 25 aprile ricordano solo gli Alleati) non possiamo sopportare che anche i membri dell’ultimo baluardo fascista siano ricordati come bravi ragazzi, cittadini valorosi, che avevano semplicemente scelto la parte sbagliata.
Alla fine, però, noi la pietasnon la neghiamo neppure a loro. Ma in quanto sentimento umano, verso chi è morto. Anche se, a giudicare dal trattamento e dal linciaggio riservato a certe persone, da Enzo Baldoni a Vittorio Arrigoni, ogni tanto verrebbe da comportarci come loro e negare anche quel sentimento a metà tra la pietà e il rispetto che spetta a tutti gli umani. Ma noi, anche in questo, siamo diversi. Perché, in fondo, noi restiamo umani. O, almeno, ci proviamo.
Mio padre aveva un sogno comune
condiviso dalla sua generazione
la mascella al cortile parlava
troppi morti lo hanno tradito
tutta gente che aveva capito.
E il bambino nel cortile sta giocando
tira sassi nel cielo e nel mare
ogni volta che colpisce una stella
chiude gli occhi e si mette a sognare
chiude gli occhi e si mette a volare.
E i cavalli a Salò sono morti di noia
a giocare col nero perdi sempre
Mussolini ha scritto anche poesie
i poeti che strade creature
ogni volta che parlano è una truffa.
Ma mio padre è un ragazzo tranquillo
la mattina legge molti giornali
è convinto di avere delle idee
e suo figlio è una nave pirata
e suo figlio è una nave pirata.
E anche adesso è rimasta una scritta nera
sopra il muro davanti casa mia
dice che il movimento vincerà
il gran capo ha la faccia serena
la cravatta intonata alla camicia.
Ma il bambino nel cortile si è fermato
si è stancato di seguire gli aquiloni
si è seduto tra i ricordi vicini i rumori lontani
guarda il muro e si guarda le mani
guarda il muro e si guarda le mani
I manifestanti – tra cui il vignettista Vauro Senesi – dovevano atterrare allo scalo internazionale della città israeliana, al pari di altri ‘colleghi’ provenienti da diverse città, e poi dirigersi a Betlemme per alcuni progetti educativi a favore dei palestinesi. Il divieto d’imbarco è stato imposto “su direttiva dello Stato di Israele”
Polizia in attesa degli attivisti nell’aeroporto di Tel Aviv
Imbarco negato, volo proibito. Sette attivisti italiani del gruppo internazionale ‘Welcome to Palestine’ – noto anche come Flytilla – stamattina si sono visti negare da Alitalia il check in per il volo diretto a Tel Aviv. Il divieto di volo è arrivato “su direttiva dello Stato di Israele”. Gli attivisti nel pomeriggio dovevano atterrare allo scalo internazionale della città israeliana, al pari di altri ‘colleghi’ provenienti da diverse città dell’Europa e della Turchia. Ai componenti della delegazione italiana – tra cui c’è anche il vignettista Vauro Senesi – è stata consegnata una notifica in cui si legge che il divieto di volare a Tel Aviv è dovuto ad una “direttiva dell’Autorità per l’immigrazione e la frontiera dello Stato di Israele secondo la legge del 1952 che disciplina l’ingresso sul territorio di Israele”.
Secondo quanto annunciato nei giorni scorsi dal gruppo ‘Welcome to Palestine‘, questo pomeriggio allo scalo di Tel Aviv era atteso l’arrivo di circa 1.500 attivisti europei, australiani e nordamericani che dall’aeroporto si sarebbero dovuti dirigere a Betlemme per alcuni progetti educativi a favore dei palestinesi. Ma, già nei giorni scorsi, era giunta notizia della richiesta formulata da Israele a diverse compagnie aeree europee di vietare l’imbarco agli attivisti identificati. Ferma la protesta degli attivisti italiani che hanno a lungo chiesto i motivi di un divieto formulato “sulla sola base del sospetto di una simpatia per i palestinesi”. Secondo Fabio Marcelli, dell’associazione Giuristi Democratici la direttiva israeliana dimostra “il prevalere della paura, tra le autorità israeliane, rispetto a manifestazioni a favore della Palestina che porta a queste misure repressive”.
Tra le contestazioni sollevate dagli attivisti filo-palestinesi anche il fatto che la notifica non porta alcuna firma di funzionari dello Stato di Israele e che la stesura di una “black list a priori viola la libertà di circolazione di comuni cittadini italiani”. Già lo scorso anno, in occasione della medesima iniziativa internazionale organizzata da ong e associazioni filo-palestinesi di tutta Europa, la delegazione italiana fu in larga parte bloccata allo scalo di Fiumicino.
Nel frattempo, nell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv la polizia israeliana ha elevato lo stato di allerta in attesa dell’inizio della operazione ‘Benvenuti in Palestina’, organizzata da diverse organizzazioni filo-palestinesi per denunciare la occupazione nei Territori e le limitazioni di transito imposte a palestinesi e non dalle autorità israeliane. Oltre seicento agenti, per lo più in borghese, sono stati dislocati nella zona del terminal per intercettare i militanti della spedizione ‘Flytilla’ in arrivo da diverse capitali straniere, in vista di una loro immediata espulsione.
Secondo i mezzi di comunicazione, Israele ha già esercitato pressioni su diverse compagnie aeree affinché si rifiutino di far salire a bordo dei loro aerei numerosi attivisti già distintisi in passato in manifestazioni anti-israeliane. Ciò nonostante i responsabili alla sicurezza prevedono che un certo numero di dimostranti filo-palestinesi riusciranno egualmente a raggiungere Tel Aviv a bordo di una decina di voli diversi (da Ginevra, infatti, sono riusciti a partire, mentre sono stati bloccati a Parigi). A sentire radio Gerusalemme, del resto, finora nove persone sono state fermate per accertamenti. Tre di esse hanno avuto sul posto mandati di espulsione mentre cinque sono state ammesse in Israele. Il nono attivista risulta essere ancora sotto inchiesta. Gli attivisti hanno assicurato da parte loro di non aver alcuna intenzione di disturbare l’ordine pubblico. “Giungiamo armati solo dei nostri spazzolini da denti” ha assicurato uno dei loro esponenti.
Da par loro, con una ironica lettera di ‘Benvenuto’, le autorità israeliane solleciteranno gli attivisti filo-palestinesi in arrivo oggi a Tel Aviv nel contesto del ‘Flotyilla Day‘ a dedicare le loro energie a cause umanitarie a loro parere più urgenti: in Siria, Iran e Gaza. Nel messaggio – indirizzato al ‘Caro attivista’ – si afferma che quanti lottano per la difesa diritti umani potrebbero scegliere piuttosto di protestare “contro le stragi quotidiane perpetrate dal regime siriano nei confronti del suo stesso popolo… o contro la repressione violenta messa in atto dal regime iraniano verso i suoi oppositori… o contro il regime di Hamas a Gaza che si macchia due volte di crimini di guerra quando spara contro civili (israeliani) facendosi scudo di altri civili (palestinesi)”.
Nel messaggio viene poi espresso stupore che come obiettivo della protesta sia stato scelto invece Israele, “unica democrazia del Medio-Oriente, dove le donne beneficiano di eguali diritti, dove la stampa è libera di criticare il governo, dove le organizzazioni umanitarie sono libere di agire, dove viene garantita libertà di culto e dove le minoranze non vivono nella paura”. Le autorità israeliane consigliano dunque a questi attivisti di “risolvere prima i veri problemi” dellaRegione e quindi di tornare in Israele per riferire della loro esperienza.
Nel primo anniversario della morte di Vittorio Arrigoni, attivista italiano ucciso nella Striscia di Gaza nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2011, numerose iniziative sono state organizzate in Palestina, in Europa e in Italia. Con “Restiamo Umani – con Vittorio per la Palestina” la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese e la Comunità Palestinese di Roma e del Lazio ricordano Arrigoni in due giorni di iniziative pubbliche.
Sono ormai 21 le città italiane che ricorderanno Vittorio Arrigoni a un anno dalla sua barbara uccisione.
Tra il 13 e il 15 aprile, ospiteranno eventi ed iniziative Roma, Bologna, Bulciago, Milano, Torino, Trento, Bergamo, Carrara, Vigevano, Buti, Napoli e Acerra, così come una fiaccolata illuminerà l’ambasciata italiana al Cairo, e manifestazioni riempiranno le piazze di Madrid, Colonia e Parigi.
Sono invece già iniziate le mobilitazioni nella West Bank e nella Striscia di Gaza, dove gli attivisti internazionali e palestinesi si collegheranno con alcune delle iniziative gemelle che si svolgeranno in Italia e all’estero.
Domenica 15 aprile, Roma, Bulciago e Milano si uniranno in diretta streaming per ricordare l’attivista italiano, passandosi virtualmente il ‘testimone’ nel corso di una giornata che vedrà la partecipazione dei tanti amici, attivisti e artisti che hanno voluto fortemente dare il proprio contributo alle iniziative di commemorazione di Vittorio Arrigoni. Il 14 e il 15 aprile, la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese* e la Comunità Palestinese di Roma e del Lazio organizzano “Restiamo Umani – Parole, Voci, Musica e Immagini”, una due giorni di eventi, in cui verranno presentate le numerose iniziative che continuano a legare l’Italia ai Territori Palestinesi Occupati e la Striscia di Gaza.
In particolare verrà lanciata una raccolta fondi per uno dei progetti sostenuti da Vittorio Arrigoni a favore della popolazione di Gaza.
Si tratta di Oliva, un’imbarcazione che opera nelle acque che bagnano la Striscia per monitorare, assistere ed interporsi alla marina israeliana, che continua quotidianamente a minacciare la sopravvivenza dei pescatori palestinesi. Per le donazioni è stato attivato un Conto Unipol intestato a Nino Lisi causale Restiamo Umani, IBAN: IT94K0312703241000000001237.
Il 14 aprile, a partire dalle 16.30, i giardini di Piazza Vittorio Emanuele II ospiteranno proiezioni di video, concerti musicali e le letture del libro “Restiamo Umani”, interpretate dagli attori del Teatro Valle.
Ad aprire le danze, le Murghe,i Blue Staff, Canio Lo Guercio, Alessandro D’Alessandro e Antonella Costanzo. Lo spettacolo tratto da “Ricordati di chiudere bene la porta” di Marina Sorrenti, recitato da Alessandra Roca, il concerto degli Alma Vulgaris, dei Malicanti e dei Mediterranti solo per citarne alcuni.
Il 15 aprile sarà la volta della Sala Vittorio Arrigoni (Cinema Palazzo), dove a partire dalle 18.30 filmakers, fotografi, musicisti, attori e attivisti si alterneranno ai collegamenti audio e video con la Striscia di Gaza, Ramallah e le altre iniziative gemelle, in particolare a Milano (dove è atteso l’intervento di Moni Ovadia) e Bulciago.
Tra gli interventi in programma, la missione Welcome to Palestine e Ramallah, mentre a musicare la giornata, le Nuove Tribu Zulu, la Linea di Greta, gli Assalti Frontali e Shadia.
*La Rete romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese è una realtà composta di gruppi organizzati e di singole persone, che esprime il proprio appoggio alla causa palestinese mediante iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, la partecipazione alla campagna internazionale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), ed azioni di concreta solidarietà svolte sul territorio romano e in Palestina, in favore di chi è impegnato nella difesa dei diritti di quel popolo oppresso. Vi aderiscono una ventina di entità organizzate ed un centinaio di persone.
La prima volta che ho sentito di te dovevi intervenire al
telefono da Gaza prima di un nostro concerto a Brindisi.
Io non sapevo chi fossi, pensavo fossi un vecchio
compagno, poi ho visto le tue foto, i tuoi collegamenti
ed ho capito subito che eri uno di noi, freschezza e
tatuaggi. Parlavi di bombe e di morti, tra le bombe in
mezzo ai morti, riuscendo a farlo con leggerezza da una
connessione internet un po’ addove, con la corrente
che un po’ andava un po’ veniva, e avevi quel tono…un
tono leggero , come, canzonatorio… come se la morte
non potesse nemmeno sfiorarti, in netto contrasto con
la sceneggiatura lugubre dei fanatici pro Israele di
casa nostra, ciechi sordi cattivi con la bava alla bocca,
ignoranti, e più di tutto ipocriti e assassini.
Ed ora sono qua che ti guardo, tu che con la morte
veramente e fino all’ultimo dei tuoi giorni ti sei confrontato,
senza tante sceneggiate, sottovoce, defilato, coi piedi
nell’acqua che te la ridi godendo degli schizzi e del
vento che ti scompiglia i capelli… e un po’ sorrido, e un
po’ piango, così, come ci hai insegnato tu, resto umano.
Ci sto provando.
Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere
credo che apparteniamo tutti ad una stessa famiglia
che è la famiglia umana
che tipo di pace, democrazia viene esportata tramite
quegli stessi elicotteri Apache? La pace del fosforo
bianco, delle cluster bomb, delle centinaia di vittime
civili. Siamo vivi ma siamo messi molto male! Restiamo
umani.
Gaza
Che differenza passa tra Brusca che brucia un bambino
nell’acido e il tuo amico Perez che di bambini nell’acido
o, per meglio dire, nel fosforo bianco ne ha bruciati più
di 350 l’anno scorso?
Credo che ci siano diversi tipi di resistenza, c’è la
resistenza armata, che da queste parti non è stata
molto efficace, proprio per mancanza di armi.
Cecchini dappertutto che sparano a qualunque cosa si
muova. Un massacro che non è a danno di Hamas ma è
a danno della popolazione civile.
Rachel Corrie has become the international symbol of bravery and justice.
From a young age, she was an advocate for human rights. When she became a young woman, she was a volunteer for a human rights organization that journeyed to Gaza. There, their mission was to save the homes of the innocent Palestinian families from the wrecking ball of the Israeli demolition squads who were seizing land ILLEGALLY in gaza. She was murdered trying to save the home of a Palestinian pharmacist and his family.
Rachel’s bravery will never be forgotten. Everyday, more and more people become aware of Rachel’s work in Palestine and the positivity she left behind. Her parents have tirelessly been working for the last 7 years to bring justice for the shocking and disgraceful behaviour shown by the Israeli and American governments regarding Rachel’s death.
I sincerely hope you will help Rachel, her parents and supporters by spreading this video and learning more about her. Please visit the Rachel Corrie Foundation:
Il lungometraggio nato dalla lettura dei 19 capitoli del libro-raccolta degli articoli scritti a Gaza dal giovane attivista durante l’operazione militare “Piombo Fuso”. Una pellicola co-prodotta da chiunque voglia farlo prenotando quote del valore di 10 euro l’una. La scadenza per l’acquisto è il 31 marzo
Lo scorso 4 febbraio Vittorio Arrigoni avrebbe compiuto 37 anni. L’attivista italiano rapito e ucciso da un gruppo terrorista palestinese appartenente all’area jihadista salafita il 15 aprile 2011, viene ricordato in questi giorni attraverso la realizzazione di un film che avrà come titolo Restiamo Umani, dal motto che “Vik” Arrigoni amava ripetere e con il quale chiudeva ogni sua comunicazione. Restiamo Umani – The Reading Movie consiste nelle riprese della lettura dei 19 capitoli del libro Gaza – Restiamo Umani, la raccolta degli articoli scritti a Gaza dal giovane attivista durante l’operazione militare “Piombo Fuso”.
È un progetto che punta a trasformare la cronaca, raccontata giorno per giorno a Gaza da Vittorio Arrigoni, in memoria storica e collettiva. Un lungometraggio coprodotto da chiunque voglia farlo prenotando quote del valore di 10 euro l’una. Gli organizzatori in collaborazione con il sito www.produzionidalbasso.com hanno messo a disposizione 4500 quote. Fino ad ora sono state superate le 900 sottoscrizioni e rimane poco alla conclusione della raccolta. La scadenza per l’acquisto delle quote è il 31 marzo.
Fulvio Renzi, curatore del progetto, spiega che “alla base dell’idea c’è la volontà di proseguire quello che Arrigoni ha iniziato, pagando con la propria vita, per non rendere il tutto vano, per una società più giusta e – continua Renzi – soprattutto per non dimenticare”. Un progetto nato come nascono le cose semplici, proprio come scriveva ‘Vik’ nel suo libro: “…da un seme nella terra secca e da un incubo ad occhi aperti. Eravamo tutti spaventati, ma lo spavento diventò rabbia all’istante e l’assoluto bisogno di far conoscere la verità è stato l’unico sentimento puro che ho provato in quel momento”.
La lettura è opera di 19 personalità internazionali individuate per aver lavorato al sostegno culturale e umano e in particolare alla problematica israelo-palestinese, tra queste: Tariq Ali, Noam Chomsky, Brian Eno, Stéphane Hessel, Luisa Morgantini, Moni Ovadia, Ilan Pappé e Roger Waters. Le riprese sono accompagnate da una colonna sonora originale e la lettura avviene nella lingua madre di ogni lettore. Egidia Beretta Arrigoni, madre di Vittorio, legge l’introduzione e il primo capitolo, mentre Massimo Arrigoni, maestro di teatro e musica di Vik, legge il secondo capitolo.
Il film, disponibile gratuitamente on line, sarà distribuito assieme ai tanti contenuti speciali come le interviste inedite ai lettori, il backstage/intervista su come e perché è stato creato tutto questo, il documentario di Alberto ArceTo Shoot an Elephant girato a Gaza durante i giorni del massacro, una collezione di video-commenti di personaggi, artisti e attivisti, sul concetto universale del “restare umani” e un libro fotografico sui 19 lettori: foto scattate subito dopo aver letto il capitolo, che diventerà anche una mostra fotografica che seguirà le conferenze che si organizzeranno in Italia e all’estero. Verrà distribuito da distributori locali, uno per ogni Stato che si coinvolgerà in modo da avere un supporto reale e un controllo maggiore sulla distribuzione negli Stati esteri, obiettivo ultimo di tutta l’opera.