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Tutti gli articoli per il giorno 5 dicembre 2011
Con i problemi che affliggono una metropoli come Città del Messico, l’impegno dei comuni cittadini sembra non bastare a cambiare le cose. Forse ci vorrebbero dei supereroi. Nella capitale messicana la lucha libre, il wrestling locale, è uno degli spettacoli più popolari, e così alcuni lottatori hanno deciso di sfruttare la visibilità del ring e dei loro sgargianti costumi per impegnarsi, protetti dalle loro maschere, a sensibilizzare i fan su temi come povertà, inquinamento, omofobia e diritti degli animali.
Super Animal, Super Gay, Ecologista Universal e Super Barrio, armati di muscoli quanto di fantasia, sono i quattro attivisti sui generis protagonisti di questo documentario, visibile su Snagfilms.
It was just over two centuries ago that the global population was 1 billion — in 1804. But better medicine and improved agriculture resulted in higher life expectancy for children, dramatically increasing the world population, especially in the West.
As higher standards of living and better health care are reaching more parts of the world, the rates of fertility — and population growth — have started to slow down, though the population will continue to grow for the foreseeable future.
U.N. forecasts suggest the world population could hit a peak of 10.1 billion by 2100 before beginning to decline. But exact numbers are hard to come by — just small variations in fertility rates could mean a population of 15 billion by the end of the century.
Produced by Adam Cole
Cinematography by Maggie Starbard
1 Non hai ancora cominciato? Sei già in ritardo. 2 Sul pianerottolo, le lucine con la musichetta equivalgono a una dichiarazione di guerra. 3 Le candeline sull’albero di Natale illumineranno la tua vigilia come un incendio in piena notte. 4 Decorare casa va bene, decorare te stesso no. 5 Il vischio è l’occasione giusta per baciare la moglie del tuo migliore amico. Con la lingua. 6 Se a giugno non hai ancora smontato l’albero, tanto vale lasciarlo lì fino al prossimo Natale.
Internazionale, numero 926, 2 dicembre 2011
Il fotografo cambogiano Khvay Samnang ha ritratto gli abitanti di un complesso popolare di Phnom Penh.
Dietro le maschere ha colto la loro identità profonda, scrive Christian Caujolle.
Le foto fanno parte del progetto Human nature di Khvay Samnang, che sarà esposto alla grande galleria dell’università reale di Phnom Penh, nell’ambito del festival Photo Phnom Penh, dal 26 novembre al 12 dicembre 2011.
La casa di produzione Raja Film ha lanciato questo progetto documentaristico, che ogni settimana presenta un breve video-ritratto di cittadini stranieri immigrati in Italia, per ascoltare dalle loro voci cosa li ha spinti o costretti a lasciare il loro paese, e quali esperienze hanno fatto nel nostro.
Si tratta di micro-storie di quotidiana immigrazione, istantanee parziali di un fenomeno complesso, ma preziose perché aggiungono alla freddezza delle statistiche il calore della testimonianza diretta. Tra le prime interviste pubblicate sul profilo Facebook del progetto, dove si possono seguire gli aggiornamenti, quelle della moldava Ina, dell’albanese Frrok, dell’ivoriano Bernard e della romena Viorica.
di Giuseppe Notarbartolo di Sciara
Poniamo che Italia e Francia, nel corso di un’esercitazione militare congiunta sulle Alpi, abbiano provocato una serie di esplosioni nella zona del Gran Paradiso; e che molti stambecchi in preda al panico si siano gettati giù dai dirupi sfracellandosi. Ne sarebbe venuto fuori un casino con probabili dimissioni dei Capi di Stato maggiore dei rispettivi paesi. Non si capisce perché quando cose simili avvengono sott’acquanessuno dice niente. Forse perché lontano dagli occhi – in questo caso dalle orecchie – lontano dal cuore?
Si tratta qui soltanto dell’ultimo episodio di una serie, che ci fa temere che questa specie, una sorta di delfinone lungo oltre 5 m, finirà per scomparire dal Mediterraneo. Gli zifi hanno una grande sfortuna: sono i più sensibili tra i cetacei al rumore, e ci sono suoni, come quelli prodotti dalle navi militari con i moderni sonar a media frequenza, che li mandano nel panico facendoli emergere forse troppo velocemente dalle grandi profondità dove si spingono in cerca di calamari. Questa condizione può provocare negli animali gravi patologie da decompressione, ed ecco perché poi ce li troviamo agonizzanti sulle spiagge.
Oltre al disturbo causato dalle marine militari, si aggiunge oggi in maniera massiccia quello delle navi che effettuano prospezioni geosismiche per la ricerca di petrolio nel fondo marino, e i suoni fortissimi trasmessi nel mare da queste operazioni sono in grado di sloggiare i cetacei dal loro habitat in ampie porzioni di mare. Nella fattispecie, lo Ionio nei giorni scorsi era affollato sia da navi militari impegnate in esercitazioni, sia da navi specializzate nella ricerca di petrolio, per cui non fa meraviglia lo spiaggiamento degli zifi, anche se risulta difficile, forse impossibile, capire in quale direzione puntare il dito.
Il “mondo del silenzio” di Cousteauiana memoria non esiste più da un pezzo. In un mondo popolato da un’umanità sempre più famelica di petrolio, il mare è attanagliato da una morsa di rumore assordante che si aggiunge a quello delle esercitazioni militari e al sottofondo delle eliche di centinaia di migliaia di natanti di ogni dimensione. L’industria del petrolio si ammanta dietro valutazioni d’impatto ambientale addomesticate, i militari dietro la segretezza. La cosa non è priva di conseguenze, ma la gente non lo sa, e se lo sa, fa spallucce.
Eppure non è il fatto intrinseco dell’esistenza dell’industria e dei militari a creare il problema. Molto si potrebbe fare per ottenere che queste attività siano rese compatibili con la tutela dell’ambiente, imposta da una legge che non potrebbe essere meno trascurata. Gli animali non sono sempre dappertutto; la scienza è oggi in grado di indicare stagioni e località più delicate. Il problema è essenzialmente causato dall’arroganza di chi vuole operare in mare senza il fastidio di alcun tipo di vincolo, e dalla condiscendenza delle istituzioni la cui raison d’être è la tutela dell’ambiente.
Foto di Vidal Martin. Per ingrandire clicca qui
di Stefania Rimini
Da noi c’è il Colosseo, la Villa Reale di Monza, Pompei e poi la Valle dei Templi e tanto, tanto altro. L’Italia è nota per la ricchezza dei suoi beni culturali eppure nel resto d’Europa con un patrimonio di gran lunga inferiore al nostro riescono a dar lavoro a 3 milioni e 600 mila persone, il 2,6% del Pil, mentre in Italia ci fermiamo all’1,1%. Com’è possibile che da noi il bene culturale diventa un male? Intanto perché non abbiamo ancora ben capito cosa farne. Dici “beni culturali” e il ragioniere dello Stato pensa a venderli, mentre il professore pensa a conservarli. Potremmo anche decidere di buttare via tutto, ma oggi ci siamo accorti che l’eredità del passato ha un suo valore, ma non sappiamo se serve al turismo culturale, all’identità nazionale o a vendere più panini con salame. Invece all’estero, con l’operazione Mission Val de Loire i francesi stanno curando alla perfezione il loro paesaggio culturale: ci hanno messo un marchio e ora sono passati all’incasso. Gli Americani pure sono bravissimi a gestire la singola organizzazione e lo vedremo al Paul Getty Museum di Los Angeles. In Italia invece facciamo funzionare bene i maccheroni venduti in pieno centro storico.
Tutto il resto, che sia la valorizzazione delle Ville Venete o il coinvolgimento dei privati nel museo Madre di Napoli, è ancora lontano dal fare.
David Dworsky e Victor Köhler, PressPausePlay
Stati Uniti 2011, 80′
Dopo un decennio di rivoluzione digitale è utile per una volta guardare non all’ennesima tendenza futura, ma a quello che è appena successo. Ai due giovanissimi registi David Dworsky (26 anni) e Victor Köhler (23) interessa il cambiamento radicale avvenuto nei modi di fare e consumare cultura, e ne hanno parlato con musicisti come Moby e Lykke Li, e responsabili di siti web come Behance, Pitchfork e The Hype Machine.
La democratizzazione degli strumenti di produzione e diffusione significa la scoperta di veri nuovi talenti o una sovrabbondanza di mediocrità? Dopo tanti festival, a partire dallo scorso Sundance, il film è disponibile gratuitamente, con una scelta coerente con il tema.