Festa de “Il Fatto Quotidiano”, 07/06/13.
Intervento di Travaglio: “L’inciucio”.
Festa de “Il Fatto Quotidiano”, 07/06/13.
Intervento di Travaglio: “L’inciucio”.
Una replica de “La prova del cuoco” e un film indiano di quasi quattro ore. Poi Red Ronnie che al Tg1 collega il sisma in Emilia alla profezia dei Maya secondo cui la fine del mondo avverrà nel 2012. La Rai, ovvero il servizio pubblico, non informa gli italiani in tempo reale dell’attentato di ieri alla scuola di Brindisi e del terremoto che ha colpito le province di Modena, Bologna e Ferrara. E preferisce evitare stravolgimenti nella programmazione nonostante la gravità dei fatti di cronaca.
Nessuna variazione di palinsesto ieri mattina a seguito dello scoppio dei tre ordigni che hanno causato la morte di Melissa Bassi, la studentessa di 16 anni morta a seguito dell’esplosione all’istituto Francesca Morvillo Falcone a Mesagne. A quell’ora, infatti, andava in onda su RaiUno una replica della trasmissione di ricette e fornelli condotta da Antonella Clerici. Una scelta che ha provocato anche la reazione del Cdr del Tg1 che in una nota ha scritto: “Mentre a Brindisi si consumava la cronaca di un orrore che respingiamo con sdegno, nelle ore centrali della mattinata su Raiuno andava in onda una replica della Prova del cuoco. Un colpo d’occhio sconcertante il paragone con altre reti”. Una scelta editoriale che non trova giustificazione, “perché la redazione del Tg1 fin dalla mattina aveva coperto l’avvenimento drammatico con professionalità e completezza. E avrebbe potuto continuare a farlo”.
Nonostante la rilevanza di quanto accaduto, prosegue la nota, “nell’arco della giornata ci sono state concesse solo due brevi edizioni straordinarie, mentre nel pomeriggio proseguiva la normale programmazione di Raiuno con un talk show”. Poi il Cdr del Tg1 che “chiede alla Rai e alla direzione se ci considera ancora la testata ammiraglia”. I cronisti della testata sono infatti convinti di “poter fornire un valore aggiunto all’informazione della Rai” e ricordano “che soprattutto nei momenti drammatici i giornalisti sono pronti a mobilitarsi per offrire ai cittadini l’informazione dovuta”. E anziché ricevere risposte positive dall’azienda riguardo a “un piano di rilancio che possa restituire credibilità e ascolti alla nostra testata”, ricevono “proposte di tagli e mortificazioni mentre vertici scaduti condannano la testata alla paralisi. È ora di dire basta”.
O meglio, sarebbe ora di “dire basta” perché la mancanza di informazione del servizio pubblico va in onda anche stanotte, quando alle 4.04 si verifica il sisma in Emilia. A quell’ora, infatti, RaiUnotrasmetteva “La sposa dell’imperatore”, film indiano in stile Bollywood della durata di 213 minuti, in programmazione dall’1 e 35 fino alle 5 del mattino. Che non è stato interrotto. Alla mattina, però, il Tg1 decide di telefonare a Red Ronnie (contattato anche da SkyTg24) per avere una testimonianza sul posto. Il presentatore emiliano infatti é residente a Pieve di Cento in provincia di Bologna, “a 10 chilometri dall’epicentro”, come scrive sul suo account Twitter.
“Noi eravamo quasi rassicurati dopo il terremoto all’Aquila perché dicevano che noi in pianura padana non correvamo questi rischi”, attacca Ronnie. Poi, dopo avere ricordato i tweet scambiati con Fiorello, Saturnino e Paolo Belli parla della connessioni tra il sisma e le teorie secondo cui il mondo finirebbe a dicembre 2012. ”Sono arrivati i tweet anche in Sudamerica”, dice, dove sono “molto preoccupati perché sono legati alle profezie dei Maya”. Infatti, prosegue, “mi hanno anche mandato un articolo fatto due giorni fa dove prevedevano un terremoto il giorno 20″ visti gli “allineamenti delle Pleiadi“, anche se ci tiene a puntualizzare di non essere “un esperto”. Insomma “in Sudamerica vedevo che seguivano il terremoto italiano su twitter con una preoccupazione incredibile”. In più aggiunge di avere ”dialogato con una ragazza in Honduras che dice che hanno un vulcano per cui sono molto preoccupati e credono in una connessione con questo terremoto”. Barbara Capponi dallo studio del Tg1 aspetta la fine dell’intervento poi lo saluta: “Ringraziamo Red Ronnie per questa sua toccante testimonianza. Sono i luoghi della sua vita e della sua storia”.
Per il direttore generale Lorenza Lei, però, la Rai “si conferma costante riferimento per il Paese nelle sue diverse espressioni e realtà locali e fa da collante tra cittadini e istituzioni, rappresentandole con equilibrio e competenza”. Lo ha detto stamattina, a margine della celebrazione eucaristica a Roma, presieduta dal presidente della Cei Angelo Bagnasco, dove ha aggiunto che il servizio è garantito ai cittadini ”anche in momenti tragici e dolorosi, come ieri per la tragedia di Brindisi, per la quale l’orrore e lo sdegno vanno espressi incondizionatamente, e come questa mattina all’alba in Emilia per le devastazioni umane e produttive provocate dal terremoto”. Non solo: per il dg, “il servizio pubblico con senso di responsabilità dimostrerà di sapersi distinguere da altri operatori e avrà un suo compiuto segno distintivo editoriale, di linguaggio e di stile”. Eppure il palinsesto ha dimostrato altro.
In effetti Rai Cinema, che come realtà è nata il primo giugno del duemila, di soldi ne ha spesi eccome. Ogni anno infatti vengono spesi circa 200 milioni di euro. Di questi, 150 milioni vengono utilizzati per acquistare film, serie televisive e tutto ciò che vediamo ogni sera sui nostri schermi. Gli altri 50 milioni invece vengono investiti nella produzione cinematografica, ossia i film in collaborazione con Rai, che poi vengono diffusi nelle sale. Così al vaglio degli inquirenti romani che seguono l’inchiesta, ci sono finiti tutti i bilanci e gli investimenti fatti dal 2004 ad oggi per l’acquisto dei diritti tv. In nove anni infatti le cifre sono esorbitanti: circa un miliardo e 200 mila euro escono fuori dalle casse dell’azienda di Stato per l’acquisto di prodotti televisivi. Insomma, bisogna capire come siano stati spesi quei soldi, e soprattutto perché una parte di essi sia stata utilizzata per comprare film mai più trasmessi.
Ma procediamo con ordine. Quella sulla Rai è un’indagine fotocopia rispetto all’inchiesta madre sui diritti tv. Ossia il ben noto caso Mediatrade che in questi giorni si sta discutendo in udienza preliminare, e per il quale il sostituto procuratore di Roma, Barbara Sargenti, ha richiesto il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi, assieme al figlio Piersilvio, vicepresidente di Mediaset, al produttoreFrank Agrama e ad altri otto. Come per Mediaset, i magistrati romani hanno il dubbio che anche nel caso Rai sia stato applicato il cosiddetto “metodo Agrama”, dal nome di Mohamed Farouk Agrama, meglio conosciuto come Frank, un egiziano che vive a Los Angeles e compra per conto di terzi.
Nel caso Mediatrade gli inquirenti hanno accusato l’imprenditore di aver creato delle società utilizzate per far lievitare i costi in modo che le aziende del gruppo Mediaset potessero poi portare le cifre in detrazione. E per questo gli indagati di quel procedimento rischiano di finire sotto processo. Così è sorto il dubbio che vi sia un modus operandi simile anche in Rai. Anche perché un collegamento proprio con Frank Agrama già divenne noto qualche anno fa, precisamente nel 2007, quando nei palazzi della procura di Milano i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spataro stavano anche loro indagando sempre sui diritti tv di Mediaset.
Da una rogatoria infatti emersero pagamenti fino al 1999 per circa 500 mila dollari dai conti svizzeri dell’imputato Daniele Lorenzano (già consulente Mediaset e anche lui tra i dodici che rischiano di finire sotto processo per l’inchiesta romana Mediatrade) a sua volta bonificato da Agrama al conto “Batigol”. E di chi era quel conto? E’ venuto fuori che fosse di Carlo Macchitella, all’epoca funzionario della Rai e responsabile proprio degli acquisti. Era il 2007 quando uscì questa notizia e Macchitella si difese giustificando quei soldi come pagamento per la vendita di beni da lui ereditati, quali statuette e vasi antichi, e che Daniele Lorenzano, appassionato di arte, avrebbe acquistato. In quel caso le indagini dovettero fermarsi, anche perché risalendo il pagamento al 1999, il reato sarebbe stato comunque già prescritto. Tanto che Macchitella non fu neanche indagato. Tuttavia i magistrati hanno deciso di vederci chiaro sulla gestione della Rai, e così a distanza di anni, hanno riaperto il caso. Insomma ci sono dubbi che come Macchitella, che all’epoca si dimise e che ad oggi lavora come produttore cinematografico, ce ne possano essere altri.
Il tema centrale della puntata al quale saranno dedicati contenuti satirici e talk di approfondimento sarà la “televisione”.
Ospiti in studio: il vice direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio, Neri Marcorè e Rosalia Porcaro. Oltre a Barbara Palombelli, Lucia Annunziata e Moana, Sabina Guzzanti proporrà un nuovo personaggio a tutt’oggi inedito: vestirà infatti i panni del Presidente uscente di Confindustria Emma Marcegaglia. A questi si aggiungono le due ragazze americane che aiutano gli italiani, attraverso dei filmati di youtube, a vivere senza welfare.
Caterina Guzzanti tornerà con i suoi due nuovi personaggi: Vicky di Casapau, e l’inviata speciale sulla scena di un terribile delitto di cronaca nera. Tra i protagonisti anche Nino Frassica, Lady Coco e giovani talenti alla loro prima esperienza televisiva.
Nel corso della puntata andrà in onda anche il terzo episodio de “La Banca della Magliana” interpretata dai protagonisti della serie tv “Romanzo Criminale” Riccardo De Filippis, Francesco Montanari, Alessandro Roja, Andrea Sartoretti e Fabio Camilli.
«Il Commissariamento della Rai extra legem non lo decidono nè Casini nè Fini – nè con rispetto parlando nessun altro – perchè, se passa la prassi dei colpi di mano, allora non ci si venga a parlare della necessità di regole per ciò che riguarda l’economia». Così in una nota il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto replicando alla dichiarazione di stamattina di Casini che aveva detto.«Sono totalmente d’accordo con Fini che ha parlato a nome del Terzo Polo». Il leader dell’Udc aveva risposto così ai cronisti che gli chiedevano, al suo arrivo ad un convegno, se anche il suo partito fosse per il commissariamento della Rai, così come sollecitato ieri da Gianfranco Fini.
«Sono importanti e positive le parole del presidente Fini e di Pierferdinando Casini: l’annuncio del passo indietro del terzo polo sulle nomine Rai va nella direzione giusta. Siamo certi che presto anche il Pdl farà la stessa cosa, comprendendo che il tempo della lottizzazione è finito per sempre, con buona pace di Gasparri». Matteo Orfini, responsabile informazione e cultura del Pd. «L’obiettivo – aggiunge – di liberare la Rai dal controllo dei partiti si può raggiungere con una nuova governance. Il fatto che questa consapevolezza si stia diffondendo, rende ancor più indispensabile affrontare il problema. Una riforma si può fare in tempi brevissimi, così da dare alla Rai nuove regole prima che sia troppo tardi e in tempo per la scadenza del Cda. Se invece prevarrà l’ostinazione del Pdl nell’imporre veti e nell’impedire una riforma, come da tempo sosteniamo, il governo ha il dovere di intervenire e il commissariamento è uno strumento più che praticabile».
Lo scontro sulla Rai non si era ancora placato per la proposta portata sul tavolo della politica dal premier Mario Monti di un commissario per risanare i conti, che ieri il presidente della Camera Gianfranco Fini ha gettato nuova benzina sul fuoco dando man forte al governo. Dalla convention Fli di Pietrasanta (Lucca), Fini ha dichiarato senza mezzi termini: «Monti proceda con il commissariamento della Rai se lo ritiene necessario e metta i partiti di fronte alle loro responsabilità ».
Adriano Celentano è servizio pubblico? Cosa è davvero servizio pubblico? Aspettando eventuali “provvedimenti” in discussione nel Cda Rai di domani, e dopo le polemiche per il monologo dal palco dell’Ariston, Adriano Celentano parla, in esclusiva, e per la prima volta, della sua partecipazione al Festival. Sanremo è, forse, la fiction più riuscita della storia della Rai? E nel caos che investe l’azienda pubblica televisiva, tra polemiche e Cda in scadenza, cosa farà il governo? Metterà mano alla governance della Rai?
Ospiti di Michele Santoro: l’ex presidente della Rai Lucia Annunziata, Carlo Freccero, direttore di Rai 4, il direttore di Rainews24 Corradino Mineo, Norma Rangeri del manifesto, il direttore di Libero Maurizio Belpietro, l’onorevole Antonio Di Pietro dell’Italia dei Valori, il consigliere dimissionario del cda Rai Nino Rizzo Nervo, e Massimo Bernardini con i ragazzi della redazione del programma “Tv Talk”.
In collegamento da Milano, Dario Fo
di Alessandro Longo
Non è vero che all’estero non sono state pagate o che l’asta andrebbe deserta. E non è vero che Mediaset non c’entra: anzi, è il nodo della questione. Storia di (almeno) un miliardo di euro che lo Stato potrebbe incassare subito se il Cavaliere non volesse privilegiare le sue tv
(12 dicembre 2011)
Quello nuovo al momento prende tempo, schiacciato tra due fuochi: da una parte il Pdl vuole lasciare il regalo così com’è; gli altri gruppi politici invecevorrebbero che quelle frequenze siano oggetto di un’asta a pagamento (Pd e la Lega lo chiedono anche con emendamenti alla manovra; il Pd ci aveva tentato anche durante la precedente legislatura). «E’ un dossier delicato. Stiamo approfondendo», si è limitato a dire la settimana scorsa Corrado Passera il ministro allo Sviluppo economico, a cui spetta assegnare le frequenze, tramite procedura detta di “beauty contest” (“concorso di bellezza”).
Prende tempo, appunto, anche se il tempo sta correndo via veloce: dalla commissione ministeriale che sta valutando le domande delle tv per il beauty contest, fanno sapere che ritengono di poter concludere il lavoro entro dicembre. A quel punto il governo non avrà più scelta e dovrà decidere: «se concedere il favore al Pdl oppure ascoltare tutti gli altri e gli interessi del Paese», riassume Paolo Gentiloni (Pd). Al beauty contest partecipano Rai, Mediaset, Telecom Italia e quattro piccoli gruppi, visto il recente ritiro di Sky («tempi poco chiari e regole discutibili»).
Il regalo fa gridare allo scandalo perché quelle stesse frequenze (800 MHz) lo Stato le ha appena aggiudicate per 3 miliardi di euro agli operatori mobili, i quali le utilizzeranno per lanciare la rete di quarta generazione. A questo punto il Pdl e i suoi partigiani al solito obiettano: «sì, ma nessun Paese europeo ha fatto pagare per quelle frequenze». E’ una verità distorta. In realtà, «negli altri Paesi – Francia, Regno Unito – le cose con la tv e le frequenze vanno molto diversamente e bisognerebbe cominciare a prenderli come esempio», dice Antonio Sassano, docente alla Sapienza e padre dell’attuale piano frequenze dell’Agcom (Autorità garante delle comunicazioni, di cui è consulente). E’ vero, non ci sono state aste. Ma nemmeno regali come quello che l’Italia sta per fare. «Nessun altro Paese lo Stato ha assegnato gratis le frequenze alle emittenti tv. In Francia ha dato un diritto d’uso temporaneo a operatori di rete, che poi le usano per ospitare i canali dei fornitori di contenuti. Nel Regno Unito c’è addirittura una figura intermedia, il gestore del multiplex, che si occupa delle frequenze», aggiunge.
Principale grossa differenza, in pratica: altrove in Europa non è un regalo perché chi gestisce le nuove frequenze del digitale terrestre non le possiede. E’ un usufrutto temporaneo; lo Stato può riprendersele. Il nostro beauty contest prevede invece la possibilità di rivendere fra cinque anni quello che le emittenti stanno per avere gratis. Perpetua così una tradizione tutta italiana secondo cui si può vendere una risorsa – lo spettro di radio frequenza – che invece appartiene alla comunità (di fatto, le frequenze sono l’aria intorno a noi). Le emittenti nostrane hanno sempre fatto commercio di frequenze con l’analogico e il governo Berlusconi si è premurato di conservare la stessa anomalia con il digitale. Insomma, il mondo cambia, le innovazioni e la banda larga rivoluzionano il panorama, l’Europa lotta contro la rovina, ma si vorrebbe lasciare lo stesso sistemi di regali a favore delle emittenti.
Per di più, è un regalo doppio. Non solo perché sono frequenze gratis, ma anche perché sono concentrate sulle solite grosse emittenti, che ne avranno anche più di quanto sarebbe necessario e opportuno. Pur di dare più frequenze possibili alle tv, il governo Berlusconi ne ha tolte alle emittenti locali, per poterle assegnare all’asta agli operatori mobili. Le locali dovrebbero liberarle entro dicembre 2012 ed è ancora possibile che vi si oppongano, ostacolando così la nascita di una rete di quarta generazione (utile alla diffusione della banda larga). Insomma, tanti danni (alle casse dello Stato, all’innovazione, all’arrivo di nuovi entranti anche nel mondo televisivo, come Sky) solo per fare regole congeniali ai vecchi nomi della tv.
Il trucco, per Sassano, è aprire l’asta agli operatori di rete puri, anche stranieri. Si creerebbe così anche in Italia questa figura (che da noi invece si integra con l’emittente tv, fornitrice dei contenuti e proprietaria della rete). Si eliminerebbe l’anomalia italiana e si attirerebbero investimenti esteri.
Così si risponde anche all’obiezione recente di Berlusconi: «se date le frequenze a pagamento, nessuna tv parteciperà all’asta».Con regole favorevoli, sarebbero pronti a diventare operatori di rete italiani colossi come la francese Tdf o la britannica Arqiva. Ma se anche l’asta andrà diserta, poco male: la Commissione europea si sta orientando a chiedere ai Paesi membri di assegnare alla banda larga molte altre frequenze (pari a 1 GHz), dal 2015. Molte delle quali dovrebbero essere sottratte appunto alle tv. Non c’è dubbio che, da tanti punti di vista, l’asta è negli interessi della collettività. Ma per sostenerli, il nuovo governo dovrà mettersi contro il Pdl, che è ancora il gruppo con il maggior numero di rappresentanti in Parlamento.
Il cda della Rai ha votato a maggioranza – secondo quanto si apprende – il via libera all’interim per Alberto Maccari per la direzione del Tg1 al posto di Augusto Minzolini.
Il centrodestra non voleva il trasferimento d’ufficio del Direttorissimo, il centrosinistra considerava “debole” il potenziale sostituto. All’ordine del giorno restava un’unica delibera: quella che preveda il trasferimento di Minzolini, rinviato a giudizio per peculato e la nomina appunto di Maccari. Soluzione a tempo, fino al 31 gennaio. Del resto Maccari, responsabile dei Tg Regionali e uomo di area Pdl, andrà in pensione proprio il prossimo 4 gennaio.
Nessuno si prende la colpa, ma l’indicazione ai responsabili delle trasmissioni di Radio1 è arrivata: non usare la parola “profilattico” o “preservativo” nelle trasmissioni dedicate ieri alla Giornata mondiale contro l’Aids. Il ministero della Salute dice: “Il divieto non dipende da noi”
L’indicazione è arrivata da un’assistente della direzione di RadioUno, Laura De Pasquale, con una mail con priorità alta inviata ai responsabili dei programmi dedicati alla Giornata mondiale, frutto di una convenzione con il dicastero. “Nelle ultime ore – si legge nella mail – il ministero ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominata esplicitamente la parola profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali e alla necessità di sottoporsi al test Hiv in caso di potenziale rischio”. Il direttore di Radio1 Antonio Preziosi ha precisato che, nei fatti, “non c’è stata alcuna limitazione all’uso della parola profilattico nelle trasmissioni”.
La direttiva comunque è arrivata e – secondo quanto si apprende da ambienti di viale Mazzini -, sarebbe frutto di un “errore di comunicazione”: un’indicazione giunta dal ministero in azienda, girata alla De Pasquale e da quest’ultima inoltrata senza avvisare i responsabili. In una nota il portavoce di Balduzzi ha spiegato che il ministero “ha fatto presente che quest’anno la campagna di sensibilizzazione nella Giornata puntava sullo slogan ‘Non abbassare la guardia, fai il test’”, precisando che “ogni altra iniziativa è responsabilità dei dirigenti Rai”. Rosaria Iardino, presidente del Nucleo persone sieropositive, intervenuta ieri su Radio1, ha aggiunto che una conduttrice le ha chiesto di parlare solo del test, precisando che l’indicazione veniva dal ministero.Usigrai e cdr del Giornale Radio Rai, condannando fermamente “l’inaccettabile censura”, chiedono a Preziosi di chiarire la vicenda e di prendere provvedimenti. E la direzione generale batte un colpo, incaricando la direzione Internal Auditing “di accertare fatti e procedure adottate nell’implementazione delle attività svolte a supporto della campagna di comunicazione sulla giornata mondiale della lotta all’Aids”.
Intanto nel mondo politico è polemica. I Radicali, che hanno organizzato un flash mob a Milano per invitare all’uso del preservativo e stigmatizzare l’accaduto e annunciato un altro per domani a Roma davanti la sede della Rai, hanno depositato interrogazioni al ministro Balduzzi e al ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, competente sulle vicende Rai. Ma anche dal PdAnna Paola Concia e Pina Picerno invocano chiarezza a governo e tv pubblica. Le associazioni che rappresentano le persone omosessuali e difendono i diritti civili chiedono invece una smentita con i fatti.