Le star della musica italiana preparano il grande concerto-omaggio a Dalla a un anno dalla morte. Lunedì da piazza Maggiore a Bologna, e in diretta su RaiUno. Il ricordo di Fiorello e di Pupi Avati
di GINO CASTALDO
Gianni Morandi e Lucio Dalla sul palco di Sanremo
ROMA – Il coro in onore di Lucio Dalla sta crescendo, giorno dopo giorno. Fiorello dalla sua edicola rievoca 4 marzo ’43, la canzone che segna indelebilmente il giorno della sua nascita (lunedì prossimo avrebbe compiuto settant’anni), Pupi Avati lo ricorda nell’autobiografia in uscita con un dialogo notturno e trasognato con l’aldilà che fa da contrappunto alla storia della sua vita, un’intera famiglia di musicisti (Morandi, Zucchero, Renato Zero, Negramaro, Fiorella Mannoia, Mengoni, Chiara, gli Stadio, Bersani, Ron, Luca Carboni, Bocelli, Gianna Nannini e Pino Daniele, e tanti altri) sta provando in queste ore a Bologna per montare la grande serata di lunedì in Piazza Maggiore (dalle 21.10 su RaiUno). A partire da Gianni Morandi che Lucio lo ha conosciuto addirittura nel 1963: “Lui suonava il clarinetto e io ero appena arrivato a Bologna da Monghidoro. In realtà la prima volta ci incontrammo a Taormina dove lui suonava coi Flipper, e durante le prove scoprì che ero bolognese, poi ci siamo rivisti allo stadio, da appassionati di calcio, e insieme seguimmo il Bologna per tutto l’anno seguente, che poi fu l’anno dello scudetto”.
E’ l’inizio di una grande amicizia, ma anche di una influenza sul percorso artistico. “Certo, aveva sentito qualche mia canzone ma era preso più che altro dal jazz, e mi regalò due dischi, uno di Miles Davis e Coltrane e uno di Ray Charles, io facevo fatica ad ascoltarli, allora mi disse: vengo io da te e li ascoltiamo insieme. E me li spiegava, io ero ancora lontano da certe cose. All’inizio sul palco faceva fatica, non era molto accettato, io invece andavo fortissimo, poi dopo dieci anni si è rivoltato tutto, io nel dimenticatoio e lui era esploso. Anni dopo avevo ripreso a cantare e mi disse: “ok fratello è arrivato il momento di fare una cosa insieme”, andammo in studio, senza alcuna idea precisa e cominciammo. Diventò un disco, poi uno spettacolo con cui abbiamo fatto il giro del mondo. Indimenticabile. L’ultima volta che ci siamo visti era allo stadio, ancora una volta a vedere il Bologna”.
Non sarà un caso che tutti quelli che parlano di Dalla, quelli che hanno lavorato con lui, rimarcano non solo il genio artistico ma anche la disponibilità, la generosità. Così lo ricorda Samuele Bersani, che nella serata di lunedì canterà Canzone (“L’ho scelta perché il testo l’avevo scritto io, e per di più l’ho scritto a trecento metri da Piazza maggiore”) oltre a proporre Cosa sarà, insieme a Ron e Luca Carboni. “Da Lucio ho imparato l’umiltà, nel senso più profondo del termine. La sensazione è che, per quanto fosse anche a volte un uomo difficile, era gigantesco come disponibilità e umiltà, si metteva a disposizione di tutti, era attratto dagli ultimi, e poi la semplicità con cui si poneva, magari aveva una grande autostima, però si prendeva in giro da solo. Non lo nascondo, è come se fosse morto uno che mi ha cambiato la traiettoria del destino”.
La stessa sensazione la ritroviamo nelle parole di Gaetano Curreri che col gruppo degli Stadio è stato per anni sul palco a fianco di Lucio: “Abbiamo scelto di fare il pezzo che rappresenta il nostro rapporto, L’ultima luna, era un pezzo in cui ci prendevamo spazio per improvvisare. Mi ricordo che una volta al bassista saltò una corda, e allora Lucio mi guardò e io partii con la tastiera a fare la linea di basso. Quel pezzo era figlio di un momento di collaborazione e di divertimento, dove Lucio si divertiva a far suonare il gruppo. Lo faremo con Paolo Fresu per ricordare l’amore di Lucio per il jazz, era uno dei suoi pezzi più visionari, e un omaggio alla nostra storia”.
Giuliano Sangiorgi ricorda l’ispirazione profonda che rappresentavano le canzoni di Dalla: “Per esempio una canzone come Ti è mai successo viene direttamente dalla scuola di Lucio, in particolare da Com’è profondo il mare. Ma la forza delle sue canzoni, l’essenza, era il rapporto tra testo e musica, senza distinzione tra il suono di una parola e quello che significava, è la magia di questa unione, la maniera di cantarla. Ho sempre avuto la sensazione di qualcosa di perfetto e di inspiegabile come succede sempre per i grandi. Noi canteremo Il cielo, una delle prime, una di quelle canzoni che esprimono quello che indica il suono, e varrebbe anche senza capire l’italiano, si capirebbe lo stesso. Quando è morto è come se fosse scomparso un familiare, anche se non c’era questo legame così stretto. Ma da lui c’era sempre un punto di vista che non ti aspetti, quasi cinematografico, odori e profumi espressi con la voce”.
Pur avendo scritto il più grande successo commerciale di Dalla, ovvero Attenti al lupo, Ron proporrà a sorpresa una canzone meravigliosa e difficile, Henna: “Perché l’ho sempre amata. Quando me la fece sentire rimasi di merda, ci vedevo dentro tutto Lucio, anche quello bambino, l’amore per i cani, tutto, anche se il testo era drammatico e veniva dai sentori di guerra, ma dire: “il dolore ci cambierà, e l’amore ci salverà” solo a pensarlo mi emoziona. Di Lucio mi manca la sorpresa, la capacità di mettersi in gioco sempre. Era importante, era un esempio per tutti”.