di Gi. Riz.
SPECIALE UNITAG
Come, quando e perché nasce Agoravox?
AgoraVox nasce nel 2005, in Francia, da un’idea di Carlo Revelli che vide un’asimmetria nel flusso di comunicazione tra i media mainstream e le opinioni che circolavano in rete sul Referendum per la Costituzione Europea. Se da una parte, partiti politici e media erano sicuri della vittoria del Sì, dall’altra c’era un forte scetticismo che aleggiava tra i cittadini. Il resto è storia: vince il no. AgoraVox nasce da qui.
Le critiche al click activism di Sgaggio
Il secondo paese in Europa in cui si è deciso di aprire il sito è stato in Italia, come mai, ci sono dei particolari motivi che vi hanno spinto a questa scelta?
L’Italia è un paese che vive un serio problema d’informazione. Il berlusconismo è solo la punta dell’iceberg. Ciò che manca è una visione laica del mondo. Mi spiego meglio, in Francia ci sono vari siti e/o giornali che fanno milioni di lettori on line ogni mese, in Italia questa cosa non esiste. Il lettore si fida di un solo medium, lo utilizza con un approccio dogmatico e legge quel solo sito. Solo lì potrà risiedere la verità. E’ una visione cattolica che prevede l’infallibilità del testo che si contrappone a quella illuminista francese. L’Italia è un paese in cui la cittadinanza ha sempre preferito delegare il proprio ruolo di cittadini, attraverso il citizen journalism cerchiamo di ribaltare questa prospettiva. Crediamo che se la stampa è davvero il quarto potere ci sia bisogno di qualcuno che verifichi che quel potere sia esercitato nel migliore dei modi; che la delega da noi assegnata ai giornalisti non sia tradita per meri interessi personali.
Un punto di forza e uno di debolezza del citizen journalism.
Il punto di forza è la prossimità alla notizia. Il punto di debolezza la sua scarsa pervasività.
Un punto di forza e uno di debolezza del giornalismo tradizionale.
Il punto di forza è l’etica di chi fa bene questo mestiere. Il punto di debolezza è la mancanza di etica di troppi giornalisti, tre parole: comunicati stampa, vicinanza ai politici, autocensura.
Dopo il caso Wikileaks in molti hanno gridato alla morte del giornalismo. E’ così? Assange ha davvero cambiato le regole del gioco? E come?
Julian ha cambiato le regole del mondo. Guardarlo solo dal punto di vista del giornalismo è utilizzare una lente d’ingrandimento riduttiva per osservare ciò che è successo. Le sue rivelazioni hanno cambiato la quotidianità più di quanto non crediamo, ad esempio una persona che lavora nell’Ambasciata USA non mi parla più per telefono e non mi manda più email perché ha paura che quel materiale possa finire in mani estranee. Se i politici iniziano a temere che escano documenti compromettenti, lentamente, cominceranno anche a mettere sul piatto della bilancia il valore di una menzogna che potrebbe rovinargli la carriera. E’ la fine del senso di impunità che, troppo spesso, ha circondato i potenti di mezzo mondo che, ora, devono fare i conti con l’opinione pubblica.
La velocità con cui sta cambiando il mondo dell’informazione è sotto gli occhi di tutti. Come ci informeremo tra 10 anni, secondo te?
Leggendo. Non so su che supporto ma sicuramente leggendo. Spero leggendo più fonti, spero ci si informi in maniela più consapevole e laica ma spero, soprattutto che ci siano sempre più giornalisti-gioranlisti, che non lavorano, solo, seduti a leggere le notizie ANSA ma pronti a raccontare la complessità di un paese in cui, mi pare, le notizie abbondino.