Estratto da “Storie del Signor G”, 1991
Il pezzo è del 1976
Estratto da “Storie del Signor G”, 1991
Il pezzo è del 1976
Il primo gennaio 2003 moriva il signor G. Radio Capital lo ricorda tutto il giorno con le sue canzoni (e uno speciale dalle 10 alle 12) insieme alla moglie, Ombretta Colli, a Mogol, che lo scoprì, a Maria Monti, sua prima partner artistica e sentimentale, a Gianni Martini, suo chitarrista storico. E poi con i suoi amici: Michele Serra, Paolo Villaggio ed Eugenio Finardi. Qui vi presentiamo anche il suo teatro-canzone (con filmati inediti di Qualcuno era comunista, Il conformista, L’odore, La festa e Il dilemma) e i video inediti delle esibizioni di Patti Smith, Roberto Vecchioni, Ivano Fossati, Jovanotti e Gianna Nannini al festival Gaber di Viareggio
di Antonio Iovane e Fabio Arboit (Radio Capital) con la collaborazione della Fondazione Gaber
(a cura di Michele Davia)
Il ricordo
Le canzoni
L’omaggio
Al Piccolo Teatro Strehler fino al 28 gennaio lo spettacolo diretto da Giorgio Gallione e interpretato dai due bravi attori. Una sorta di “confronto a distanza” tra il pensiero di due intellettuali non allineati che hanno dimostrato di non aver alcun timore di compromettersi
“Dopo tre anni di “Un certo signor G” c’erano ancora un margine di curiosità e una parte del repertorio gaberiano che restava inesplorata. E attraverso questo spettacolo c’era modo di farlo”. Neri Marcorè spiega così il suo desiderio di riportare ancora una volta in scena Giorgio Gaber in “Eretici e Corsari”, la nuova produzione del teatro Archivolto di Genova in collaborazione con la Fondazione Gaber.
Al Piccolo Teatro Strehler di Milano fino al 28 gennaio, dopo l’anteprima del dicembre 2010, per una delle prime tappe di una tournée che andrà tra febbraio e marzo a toccare Modena, Reggio Emilia, Pavia, Copparo, Bagnacavallo, Fermo, Jesi, Cascina, Firenze, Bologna, Roma (teatro Olimpico) e Civitavecchia, diretto da Giorgio Gallione, lo spettacolo si apre idealmente sull’ultimo giorno di vita di Pierpaolo Pasolini e su quell’intervista rilasciata poche ore prima del suo assassinio a Furio Colombo. Si apre sul pomeriggio di quel drammatico 1° novembre 1975, nelle stesse ore in cui Gaber si prepara per andare in scena e da lì si snoda per un’ora e un quarto di spettacolo che è impegno civile condensato nelle parole scritte, pronunciate, cantate da due giganti della cultura italiana già più di trent’anni fa. Ma che potrebbero essere state scritte, pronunciate, cantate oggi, tanto grande è la loro attualità nel parlare di politica e disillusione, di consumismo e consumi, di appiattimento del pensiero e sfiducia.
Sul palco Marcorè, insieme a Claudio Gioè, diversi e dunque complementari, ancora una volta si confermano grandi artisti. Per svelare come Pasolini e Gaber si muovessero sulla stessa lunghezza d’onda. Una sorta di “confronto a distanza” tra il pensiero di due intellettuali non allineati, non “organici”, che hanno dimostrato di non aver alcun timore di compromettersi o di risultare scomodi anche per coloro ai quali “ideologicamente” erano più vicini, non scendendo mai a compromessi.
Neri Marcorè, che cosa la lega a Gaber?
“Sicuramente un senso di ammirazione, di stima per tutto quello che ha fatto e che ha scritto, per il suo pensiero e per il modo di esprimerlo – risponde l’attore –. E in questo spettacolo, accostandolo alla figura di Pasolini, vengono fuori quasi in automatico alcune analogie e alcuni snodi attorno ai quali entrambi hanno gridato una voce diversa da quella che si sentiva all’epoca. Questo faceva di loro degli eretici come dice una parte del titolo, fino ad arrivare al punto che poi erano fastidiosi a tutti. E testimonia ancora di più la loro grande autonomia intellettuale: il fatto di non cavalcare mai quello che faceva comodo”.
Riprendendo proprio il titolo dello spettacolo, Neri Marcorè si sente più eretico o più corsaro?
“Ma io sono molto diverso! Non ho prodotto finora cose di grosso rilievo a livello di pensiero, non ho scritto libri, non ho fatto film miei… Loro erano ben altro, io ho caratteristiche molto diverse, non sono accomunabile”.
E come li affronta, sul palco?
“Mi metto molto al servizio della loro grandezza, perché mi fa piacere che tutto quello che hanno detto o fatto non si perda, ma che ci sia qualcuno, come me e altri, che faccia da ripetitore a tutto quello che hanno fatto. Poi, mi ritengo anch’io un libero pensatore, senza schemi preordinati per quello che riguarda la mia coscienza civile. E quindi, pur avendo anch’io le mie simpatie o riferimenti politici, ciò non toglie che non possa essere critico nei confronti di quella parte da cui, essendo appunto riferimento, mi aspetto di più”.
Ad accompagnare lo spettacolo, Gnu Quartet, con Francesca Rapetti al flauto, Stefano Cabrera al violoncello, Raffaele Rebaudendo alla viola e Roberto Izzo al violino.
mi scusi presidente
non è per colpa mia
ma questa nostra patria
non so che cosa sia.
può darsi che mi sbagli
che sia una bella idea
ma temo che diventi
una brutta poesia.
mi scusi presidente
non sento un gran bisogno
dell’inno nazionale
di cui un po’ mi vergogno.
in quanto ai calciatori
non voglio giudicare
i nostri non lo sanno
o hanno più pudore.
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
mi scusi presidente
se arrivo all’imprudenza
di dire che non sento
alcuna appartenenza.
e tranne garibaldi
e altri eroi gloriosi
non vedo alcun motivo
per essere orgogliosi.
mi scusi presidente
ma penso al fanatismo
delle camicie nere
al tempo del fascismo.
da cui un bel giorno nacque
questa democrazia
che a farle i complimenti
ci vuole fantasia.
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
questo belpaese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
è la periferia.
mi scusi presidente
ma questo nostro stato
che voi rappresentate
mi sembra un pò sfasciato.
e’ anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che tutto è calcolato
e non funziona niente.
sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
persino in parlamento
c’è un’aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
questo belpaese
forse è poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.
mi scusi presidente
ormai ne ho dette tante
c’è un’altra osservazione
che credo sia importante.
rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
mi scusi presidente
lo so che non gioite
se il grido “italia, italia”
c’è solo alle partite.
ma un po’ per non morire
o forse un po’ per celia
abbiam fatto l’europa
facciamo anche l’italia.
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
io non mi sento italiano
io non mi sento italiano
io non mi sento…io non mi sento…io non mi sento…ma per fortuna lo sono.