Heriberto Lazcano, ex incursore dell’esercito poi passato al traffico di stupefacenti, era in cima alle liste dei criminali più ricercati nel mondo. Il suo gruppo, gli Zeta, si sono resi responsabili di sanguinose vendette e stragi nel nord del Paese negli ultimi anni. La morte è avvenuta durante uno scontro a fuoco
di DANIELE MASTROGIACOMO
Heriberto Lazcano (reuters)
Se le analisi del Dna lo confermeranno è il più grosso colpo inflitto dai militari messicani ai Cartelli dei narcos. Uno dei due criminali abbattuti dopo un violentissimo scontro a fuoco nello Stato di Coahiula (nordest del paese) sarebbe Heriberto Lazcano, meglio noto come El Lazca, fondatore e capo de Los Zetas, la più violenta e organizzata banda di trafficanti di droga. La sua morte è il risultato più eclatante ottenuto negli ultimi sei anni di una guerra spietata e lacerante per il Messico. Conosciuto anche come Z-3 o El Verdugo, Lazcano era il criminale più ricercato da tutte le polizie del mondo. La Dea aveva fissato anche una taglia di 5 milioni di dollari da pagare a chiunque avesse fornito informazioni sul suo conto. Ormai non c’era neanche più interesse ad arrestarlo e condannarlo. Sulla pagina web dell’agenzia americana si avverte: “Non si intende catturare questo individuo”. Una vera condanna a morte.
Ex membro del Gruppo aerotrasportato delle Forze armate messicane, un corpo speciale creato dall’esercito per combattere i narcotrafficanti all’inizio degli anni Novanta, Heriberto Lazcano era passato ben presto dall’altra parte della barricata. Assieme a una decina di altri incursori aveva offerto la sua protezione al capo del Cartello del Golfo, Osiel Cárdenas Guillèn. Ma la cattura del leader nel 2003 e la sua estradizione negli Usa dove si trova detenuto, aveva spinto El Lazca e i suoi compagni a fare il salto di qualità. Da soli facevano più soldi, conoscevano i segreti del mondo dei narcos, erano esperti nell’uso delle armi, disponevano di attrezzature sofisticate anche nelle comunicazioni e nelle intercettazioni. Sapevano soprattutto come si muovevano i loro ex compagni.
Si misero in proprio e crearono la più potente banda di narcotrafficanti. Decisero di chiamarsi Los Zetas, gli Zeta, dalla sigla che usavano nelle comunicazioni quando facevano parte dei gruppi speciali dell’esercito. Durante la presidenza di Felipe Calderón il loro nome divenne simbolo della peggiore violenza mai perpetrata nel mondo dei narcos. Duri e spietati, guidati da una disciplina ferrea, implacabili nelle vendette, Los Zetas hanno conquistato potere e sempre maggiori fette di mercato diventando di fatto i padroni del campo. Nel 2010, guidati da El Lazca, controllavano quasi tutto il commercio nel nordest del Messico. Da Coahiula a Tamaulipas a Nuevo León, stati che confinano con gli Usa dove è diretta la maggior parte della cocaina. Ma la conquista non fu certo indolore: per prendere possesso di un territorio decisivo nelle rotte del narcotraffico ingaggiarono una guerra senza esclusione di colpi con i loro vecchi alleati, il Cartello del Golfo. Uno scontro scandito dal terrore, con raffiche di omicidi, sequestri, torture, decapitazioni, fino ai cadaveri mutilati appesi sui cavalcavia delle grandi autostrade come monito per i nemici e chiunque si opponesse al loro potere.
Colpire il vertice de Los Zetas è forse il successo più importante, e inaspettato, per il Partido Revolicionario Institucional (Pri), vincitore delle ultime elezioni, e per il nuovo presidente Enrique Pena Nieta che verrà insediato fra due mesi al posto dell’attuale presidente Felipe Caderón, del Partido Acción Nacional (Pan), sulla cui gestione pesa lo spettro di almeno 50 mila morti. Un vero disastro: fu proprio Caderón a inaugurare la stagione della lotta frontale al narcotraffico che si rivelò una mattanza. Quasi esclusivamente nei confronti della popolazione civile che, esasperata, scese più volte in piazza chiedendo pace e giustizia per le vittime.
Adesso si attende la conferma dagli esami del Dna. Ma il comunicato diffuso del Comando della Marina militare, la forza armata a cui è stata delegata la lotta al narcotraffico perché la sola affidabile e non corrotta, afferma che i primi rilievi su una delle vittime dimostrano che si tratta de El Lazca. Il capo de Los Zetas è caduto grazie alle segnalazioni delle gente. Hanno trovato il coraggio di chiamare gli inquirenti. La polizia è andata sul posto per verificare la soffiata, è stata accolta da una pioggia di granate e colpi di fucili automatici, ha reagito e ha ucciso l’uomo che sembrava una leggenda. Sulla lista dei grandi ricercati resta solo Joaquín El Chapo Gùzman, il capo del Cartello di Sinaloa.