In un personalissimo testo, Martin Scorsese rievoca la New York e l’America della sua infanzia: feste, rituali e cibo in arrivo dal Sud Italia, il matrimonio dei genitori combinato per unire le famiglie provenienti dai paesini di Polizzi Generosa e Cimmina, la scelta/necessità del giovane Martin di varcare “il confine di Houston Street” per raccontare quel mondo ad altri. La premessa del noto regista al volume fotografico Trovare l’America è un viaggio nella memoria, personale e storica, del quale anticipiamo in esclusiva un intenso estratto
di Martin Scorsese

GUARDA LE FOTO DEGLI ITALIANI IN AMERICAQuando quelle prime ondate di immigrati arrivarono dall’Italia, ricostruirono il mondo che conoscevano. Crearono un luogo che venne chiamato Little Italy, che possedeva tutta la bellezza e il calore, tutto il dolore e le tensioni interne, del paese che avevano abbandonato. Mentre crescevo, Little Italy costituiva un mondo a sé stante, collocato in un angolino del lower east side di Manhattan – e sono certo che lo stesso può essere detto delle Little Italy in tutto il paese, da Boston a San Diego. Confinava con un altro mondo a sé, Chinatown. Le feste, i rituali, il cibo, le merci, i valori – tutto arrivava dal Sud Italia. Prima che io nascessi, le persone arrivate dallo stesso paese vivevano in un unico edificio e i matrimoni tra uomini e donne di edifici diversi erano una faccenda delicata. La famiglia di mia madre arrivava da Cimmina, la famiglia di mio padre da Polizzi Generosa e si sposarono solo dopo che gli anziani delle due famiglie si riunirono e diedero il loro assenso.
Per me e per i miei amici, il confine a nord era delimitato da Houston Street. Oltre, si trovava il nuovo mondo. Alcuni italoamericani che avevano valicato quel confine erano già diventati famosi e avevano lasciato il segno nella cultura. Ciò nonostante, incuteva ancora timore quando decisi di lasciarmi quel mondo alle spalle. Fu una scelta molto dolorosa, ma sapevo di doverla fare – non avevo altre possibilità, non c’erano altre decisioni possibili. (…)

Sapevo di voler mostrare il mondo da cui venivo in quei film. Ma avevo la necessità di osservarlo dal mio punto di vista, mettendo un po’ di distanza tra noi. Per me, Little Italy sarà sempre casa, quanto Polizzi e Cimmina erano casa per i miei nonni. Non il luogo in sé, ma la sua memoria. (…)
Questo libro mi restituisce molto: il modo in cui vivevamo, i valori che condividevamo e la trama della nostra vita, dalle aule delle scuole parrocchiali alla processioni religiose fino ai carrettini che vendevano alimentari (come quello che avevano i miei nonni). Amplia la mia prospettiva, offrendomi una ricca impressione della vita italo americana prima del mio tempo e anche prima di quello dei miei genitori. Infine, mi permette di cogliere il senso di una più generale trasformazione storica, offrendo un bellissimo punto di vista per commemorare un modo di vivere che ormai è scomparso.
Alcuni anni fa, all’indomani dell’11 settembre, girammo un piccolo film, mostrato durante il Concert for New York City. Andammo a Little Italy e visitammo alcuni dei luoghi di una volta. Andammo da Albanese’s, una macelleria su Elizabeth Street a poca distanza dall’appartamento dove sono cresciuto. Mary Albanese, che si vede mentre taglia della carne nelle prime scene del mio primo film, era ancora là, novantenne, e lavorava fianco a fianco con il figlio. Poi andammo alla formaggeria Di Palo su Grand Street, dove mia madre era andata per anni a fare la spesa. Louis Di Palo, che oggi gestisce il negozio con la sua famiglia, mi disse che, un giorno, una persona arrivata da fuori città gli chiese, animato da una genuina curiosità, come mai avesse aperto un negozio italiano nel mezzo di un quartiere cinese. Ovviamente, quando sua nonna l’aveva aperta nel 1925, la “latteria” non si trovava a Chinatown, ma faceva ancora parte di Little Italy. Ma, con gli anni, gli immigrati italiani erano diminuiti mentre erano aumentati quelli arrivati da ogni parte della Cina: Chinatown si allargava e Little Italy si rimpiccioliva. (…)
Nulla, nemmeno la pericolosa traversata oceanica, generava più paura negli emigranti della possibilità di essere respinti a Ellis Island. (…) I nuovi arrivati temevano soprattutto la visita medica. «[Molti] sono risultati affetti da tracoma e la loro esclusione era obbligatoria – raccontava Fiorello LaGuardia, che in gioventù aveva lavorato come interprete a Ellis Island – Era straziante vedere le famiglie separate».
New York. Sotto la pioggia, un gruppo di italo americani osserva la cerimonia dell’alza bandiera durante la festa di San Rocco (Marjory Collins, 1942)
Una famiglia italiana appena scesa dal piroscafo che sbarcava gli emigranti italiani a Ellis Island
Bucato del lunedì a New York nei primi anni del Novecento, quando erano centinaia di migliaia gli italiani che arrivavano ogni anno negli Stati Uniti. Nel 1920, erano più di 1.600.000 gli abitanti degli Stati Uniti nati in Italia
Un gruppo di breaker boys i bambini impiegati nelle miniere di carbone per rompere il minerale, selezionarlo e separarlo dalle impurità (…)
«Rosie Passeralla, 5 anni [di] Philadelphia. Raccoglie qui da due anni. Whites Bog, Browns Mills, N.J. 28 sett. 1910». Insieme alla piccola Rosie, moltissimi italiani di ogni età si trasferivano dalle loro residenze nelle grandi città del Nord-Est per raggiungere i campi del New Jersey, della Pennsylvania e di altri stati orientali durante la stagione del raccolto
Alphonse Capone nacque nel 1899 a Brooklyn – viene ricordata spesso la sua frase «Non sono italiano. Sono nato a Brooklyn» – ma si affermò come boss della malavita a Chicago negli anni Venti
In Italia le donne votarono per la prima volta in occasione del referendum del 1946 per scegliere tra monarchia o democrazia. Dall’altra parte dell’Oceano invece le italo americane votavano dal 1920 e pochi anni dopo ricoprivano già importanti cariche elettive: Anne Brancato nel 1932, divenne la prima donna eletta in un parlamento statale, quello della Pennsylvania
Il personale del teatro dei pupi di New York, 1910 circa
Mulberry Street a New York in un giorno di mercato con bancarelle e persone che ostacolavano il traffico cittadino (…)
Joe DiMaggio e Marilyn Monroe in Canada dove l’attrice stava girando ” La magnifica preda”. Nonostante la sua luminosa carriera sportiva, in Italia, la stampa cominciò a occuparsi di Joe DiMaggio solo quando venne annunciato il fidanzamento con Marilyn (…)
Il suonatore di organetto era una delle rappresentazioni più comuni per gli italiani in America (…)
Al centro, il giovane Secondino Libro che insieme a migliaia di connazionali viveva e lavorava nelle industrie tessili di Lawrence in Massachusetts