Assommano a 370 milioni di persone in 70 nazioni, pari al 6% della popolazione del nostro pianeta
Contano almeno 370 milioni di persone. Rappresentano il 6% della popolazione del nostro pianeta e sono distribuiti in più di 70 nazioni diverse. Sono i popoli indigeni della Terra, di cui il 9 agosto si celebra la Giornata internazionale Onu. La loro esistenza costituisce un caleidoscopio di umanità e culture sorprendenti, che testimonia il potenziale creativo degli esseri umani e la loro straordinaria capacità di adattamento. «Alle sfide imposte da habitat diversi e spesso ostili, hanno risposto con sofisticate tecniche di caccia, allevamento e navigazione», spiega Joanna Eede nel libro Siamo tutti uno, a loro dedicato.
NELLA NATURA – Millenni di immersione nella natura hanno permesso loro di cogliere anche i suoi segnali più impercettibili, insegnandogli a distinguere radici e bacche commestibili, a percepire i cambiamenti climatici, a prevedere i movimenti delle lastre di ghiaccio, il ritorno delle oche migratrici e i cicli di fioritura degli alberi da frutto. Come dice Roy Sesana, boscimane Gana del Kalahari, «Impari quello che la terra ti suggerisce». Sanno probabilmente meglio di chiunque altro che il delicato equilibrio tra uomo e natura è stato mantenuto per millenni solo grazie al rispetto dei suoi limiti. Per loro, responsabilità e reciprocità sono requisiti essenziali per la sopravvivenza. Prendere più del necessario o deturpare la terra non è solo controproducente, ma anche irresponsabile verso le future generazioni. Non vanno idealizzati: gli stereotipi, siano essi positivi o negativi, violentano, e talvolta uccidono. Tuttavia, il resto dell’umanità stenta certamente a tributare loro il valore che meritano, e a garantirgli il dovuto rispetto dei diritti fondamentali.
CONOSCENZA – La manioca, conosciuta anche come cassava, è un arbusto originario del Sudamerica. Coltivata dagli indiani locali, oggi è divenuta un alimento d’importanza mondiale. È l’alimento principale della dieta di circa un miliardo di persone in oltre cento Paesi diversi, cui fornisce un terzo del fabbisogno calorico giornaliero. Nella sola Africa, lo utilizza quasi l’80% della popolazione. Gli scienziati stimano che le raffinatissime conoscenze botaniche dei popoli tribali siano state essenziali nello sviluppo del 50% delle medicine esistenti oggi. Alcuni preparati vegetali usati dagli indiani amazzonici come veleni sulle punte delle frecce per immobilizzare la preda o per pescare, per esempio, sono stati trasformati in rilassanti muscolari che hanno reso possibile la chirurgia a cuore aperto. L’aspirina è stata sintetizzata dalla corteccia del salice bianco che gli indiani nordamericani bollivano per curare il mal di testa. Mentre il taxolo, un estratto della corteccia del tasso del Pacifico conosciuto dagli indigeni per i suoi poteri di rinforzo delle difese immunitarie, è usato oggi nella cura dei tumori alle ovaie e al seno… Le conoscenze botaniche e naturali degli indigeni sono enciclopediche. William Milliken, etnobotanico presso i Giardini botanici reali di Kew, a Londra, ricorda che molte specie di piante usate dagli indigeni non sono ancora nemmeno state classificate dagli scienziati occidentali. Di fronte alla loro rapida scomparsa, si sente quindi «l’urgenza di attingere al loro sapere anche da una prospettiva meramente utilitaristica».
«ARRETRATEZZA» – Eppure, la presunta «arretratezza» delle culture e degli stili di vita dei popoli tribali continua a essere invocata da molti governi per legittimare lo sfratto forzato dalle terre ancestrali e l’assimilazione economica e culturale nella società dominante nel nome dello «sviluppo». I popoli indigeni hanno protetto la diversità delle specie che li circondano e da cui dipendono attraverso stili di vita sostenibili. L’80% dei luoghi più ricchi di biodiversità del mondo si trova all’interno delle loro terre, e non è un caso. Studi scientifici recenti, basati su dati forniti dal satellite, dimostrano che la presenza di aree indigene è un freno efficace e cruciale contro la deforestazione e gli incendi.
RIFUGIATI NELLE LORO TERRE – Eppure, la creazione dei circa 100 mila parchi esistenti oggi sul pianeta, pari al 12% della superficie terrestre, ha trasformato 130 milioni di indigeni in «rifugiati della conservazione»: popoli privati delle loro case e dei loro mezzi di sostentamento nel nome dell’ambiente. «Se qui hanno trovato una terra da trasformare in parco, è solo perché i Wanniyala-Aetto l’avevano protetta», lamenta un leader Wanniyala-Aetto estromesso insieme al suo popolo dal parco nazionale Maduru Oya dello Sri Lanka. Dal 1983 il governo ha anche reso illegale il loro tradizionale stile di vita, basato su caccia e raccolta, gettando le comunità nel baratro della povertà, con tutto ciò che essa comporta: cattiva salute, malnutrizione, profonda angoscia e malattie mentali.
DIRITTI – A differenza del passato, oggi la legge internazionale riconosce i diritti dei popoli indigeni sulle terre ancestrali e decenni di attivismo hanno indotto importanti cambiamenti di mentalità nell’opinione pubblica. Ma in molte parti del mondo sono ancora etichettati come «primitivi» e costretti a confrontarsi quotidianamente con la minaccia di estinzione fisica e culturale. Survival International ha definito gli Awá del Brasile come «la tribù più minacciata del mondo».Le loro terre sono invase illegalmente da coloni e taglialegna che quando li vedono, semplicemente, li uccidono.
ABUSI – Dietro le persecuzioni, oltre all’avidità e a grandi interessi economici e politici, c’è anche il razzismo. Gli abusi restano troppo spesso impuniti, e molti governi stentano a riconoscere ai popoli indigeni almeno il diritto di essere consultati quando vengono varati progetti di sviluppo che hanno un impatto sulle loro vite, così come raccomanda anche la Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni e tribali adottata dall’Onu nel 2007. In ogni continente, i popoli tribali chiedono solo terra a sufficienza per vivere, e la libertà di decidere autonomamente del loro futuro. «Diritti che Survival aiuta a difendere da 44 anni», sostiene Fiona Watson, direttrice del dipartimento campagne dell’associazione, «e che vanno garantiti incondizionatamente: diversamente, non potranno sopravvivere» Ma è doveroso anche impedire che il mondo perda le loro straordinarie conoscenze e abilità: per un’umanità alla deriva, minacciata dai cambiamenti climatici e chiamata a riformulare con urgenza le nozioni moderne di progresso e di sviluppo, i popoli indigeni sono oggi più importanti che mai.
Nel corso di migliaia di anni, i popoli tribali hanno escogitato metodi ingegnosi per vivere bene senza distruggere l’ambiente (a cura di Joanna Eede – http://www.survival.it)
I Moken delle Andamane hanno sviluppato la capacità di mettere a fuoco sott’acqua. La loro vista è il 50% più potente della nostra (a cura di Joanna Eede – http://www.survival.it)
La storia orale dei Moken è ricca di conoscenze sul mare e i venti. Nel 2004 intuirono l’arrivo dello tsunami e misero se stessi e alcuni turisti in salvo sopra un’altura (Joanna Eede – http://www.survival.it)
I Penan del Borneo cacciano con cerbottane di legno duro e frecce intinte in un veleno vegetale che ostacola le funzioni cardiache degli animali (a cura di Joanna Eede – http://www.survival.it)
Fino agli anni Sessanta i Penan erano nomadi: nella foresta pluviale comunicavano attraverso un sistema di segnali fatti di bastoncini e foglie chiamato «oroo» (Joanna Eede – http://www.survival.it)
Dagli anni Settanta le terre dei Penan sono state spianate, bruciate e rase al ruolo da disboscamenti su vasta scala, piantagioni di olio di palma, gasdotti e dighe (Joanna Eede – http://www.survival.it)
Molti popoli tribali hanno una grande conoscenza di animali, piante e erbe. Gli Yali della Papua occidentale riconoscono 49 varietà di patate dolci e 13 di banane (Joanna Eede – http://www.survival.it)
Coltivata in origine dagli indiani sudamericani, la manioca è divenuta oggi l’alimento principale della dieta di circa un miliardo di persone in oltre 100 Paesi del mondo (Joanna Eede – http://www.survival.it)
Molti farmaci utilizzati oggi dalla medicina occidentale vengono dai popoli indigeni e hanno salvato la vita di milioni di persone (a cura di Joanna Eede – http://www.survival.it)
La maggior parte dei popoli tribali ha un’acuta sensibilità per il comportamento degli animali. I pigmei sanno imitare perfettamente molti dei loro versi (a cura di Joanna Eede–www.survival.it)
I Wichì dell’Argentina percepiscono la presenza dei pesci dai movimenti dell’acqua sulla superficie, e li catturano con una rete tesa tra due pali (a cura di Joanna Eede – http://www.survival.it)
Gli Enawene Nawe del Brasile sono una delle pochissime tribù al mondo a non mangiare carni rosse. Pescano utilizzando dighe di tronchi e nasse di giunco (a cura di Joanna Eede – http://www.survival.it)
Le tecniche di pesca degli Enawene Nawe fanno parte di un sofisticato rituale chiamato Yãkwa, riconosciuto come patrimonio culturale dal governo brasiliano (Joanna Eede–www.survival.it)
Le donne Awá si prendono cura di diverse specie di cuccioli di scimmia rimasti orfani, tra cui le scimmie urlatrici e quelle cappuccine, che allattano al seno (Joanna Eede – http://www.survival.it)
Per illuminare le case di notte, gli Awá bruciano una resina che estraggono dal maçaranduba. Sono la tribù più minacciata del mondo (a cura di Joanna Eede – http://www.survival.it)
I Nenet mangiano carne di renna cruda, congelata oppure bollita, e ne bevono il sangue ricco di vitamine. Il latte di renna è sei volte più grasso di quello di mucca (Joanna Eede – http://www.survival.it)
In tempo di siccità i boscimani assumono liquidi dalle radici e dai meloni tsama. «Impari quello che la Terra ti suggerisce», dice Roy Sesana dal Botswana (a cura di Joanna Eede – http://www.survival.it)
I Matsés di Perù e Brasile sono abili cacciatori, esperti nell’uso di archi e frecce: le aste delle frecce sono di bambù decorato con nastri di cotone e fili d’erba dorata (Joanna Eede – http://www.survival.it)
Prima della caccia i Matsés si soffiano il tabacco nel naso per aumentare l’energia, o assumono un veleno di rana che garantisce lucidità e forza per giorni (Joanna Eede – http://www.survival.it)
I cacciatori Hadza della Tanzania hanno sviluppato una relazione con gli uccelli-guida che li conducono agli alveari delle api selvatiche sulle cime dei baobab (Joanna Eede – http://www.survival.it)
Senza i diritti territoriali, che Survival difende da 44 anni, i popoli indigeni non possono sopravvivere (a cura di Joanna Eede – http://www.survival.it)