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Giovanni Sartori (Florencia, Italia, 1924) es un prestigioso investigador en el campo de la Ciencia Política, especializado en el estudio comparativo de la política. Su obra es de las más destacadas de las ciencias sociales, contando con libros fundamentales como Partidos y Sistemas de Partidos yTeoría de la Democracia. En 2005 obtuvo el Premio Príncipe de Asturias de Ciencias Sociales.
Trayectoria profesional
En 1946, Sartori se licenció en Ciencias Sociales en la Universidad de Florencia. En Italia, empezando su trayectoria universitaria, fue docente de Filosofía Moderna, Lógica y Doctrina del Estado, entre otras materias. Impulsó la creación de la primera Facultad de Ciencia Política en Italia. Fundó en 1971 la Rivista Italiana di Scienza Politica. Ha sido profesor de las universidades de Florencia, Stanford y Columbia (donde actualmente disfruta de la condición de emérito).
Sartori fue galardonado con el Premio Príncipe de Asturias de Ciencias Sociales 2005, por su trabajo y la elaboración de una teoría de la democracia en la que ha estado siempre presente su «compromiso con las garantías y las libertades de la sociedad abierta». En 2009 le fue dado el Premio Karl Deutsch, de la IPSA. En 1996, la mexicana Universidad de Guadalajara le otorgó el Doctorado Honoris Causa a petición de un grupo de estudiantes del Departamento de Estudios Políticos y con motivo de sus valiosas aportaciones a la Ciencia Política. En 2007 le fue otorgado otro Honoris Causa por la Universidad Nacional Autónoma de México.1 Georgetown University, la Universidad Complutense de Madrid y la Universidad del Salvador (Argentina) le han conferido el mismo Doctorado.
Sartori es articulista frecuente del diario italiano “Corriere della Sera”.
Obra
Sartori ha contribuido al desarrollo de distintas vertientes de la Ciencia Política, como la teoría democrática, los sistemas de partidos, la ingeniería constitucional comparada. Sus trabajos han servido también para clarificar diversos conceptos y métodos de esa ciencia social.
Sartori dice que la democracia que existe no tiene que ver con la etimología de la palabra y que no puede ser tan buena como queremos. Argumenta que es un régimen abierto y de derechos, el cual no puede separarse de la competencia electoral entre partidos y en el que los ciudadanos votan por unos y en contra de otros.
Propuso que los sistemas de partidos deben estar clasificados no según el número de formaciones, o partidos, sino según criterios diferentes, introduciendo el concepto de partido relevante.
Ha preconizado la aplicación del conocimiento adquirido por la Ciencia Política para el diseño de las instituciones políticas y mejorar su funcionamiento.
En un polémico ensayo titulado La sociedad multiétnica, Sartori puso en evidencia “los supuestos efectos deletéreos provocados por las teorías multiculturalistas”2 y esa crítica la realizó en nombre del pluralismo de raíz liberal. El centro del mencionado ensayo no es tanto los excesos de quienes reivindican el reconocimiento público de toda diferencia cultural como la inmigración musulmana establecida en Europa, reacia, según el autor, a los ideales democráticos de gobierno.
En Homo Videns, por su parte, se pone en contra de la televisión, por considerarla mala para la política y la ciudadanía. Sartori también ha escrito sobre el medio ambiente (es otro de sus trabajos polémicos). Cree que la sobrepoblación es el meollo del asunto y por lo tanto su recomendación es tener políticas de control demográfico.
Bibliografía (parte de sus libros)
- Democrazia e Definizioni (1957)
- Stato e Politica nel Pensiero di Benedetto Croce (1966)
- Political Development and Political Engineering (1968)
- La Politica: Logica e Metodo in Scienze Sociali (1979)
- Teoria dei Partiti e Caso Italiano (1982)
- Democrazia: Cosa E’ (1993)
- La Democracia Después del Comunismo (1993)
- Ingegneria Costituzionale Comparata (1994) (publicado en español por el Fondo de Cultura Económica, como Ingeniería Constitucional Comparada)3
- Homo Videns: Televisione e Post-Pensiero (1997) (Homo Videns. La Sociedad Teledirigida)
- La Sociedad Multiétnica. Pluralismo, Multiculturalismo y Extranjeros (2000)
- La Terra Scoppia: Sovrapopolazione e Sviluppo, escrito en colaboración con G. Mazzoleni (2003); edición española: La Tierra Explota: Superpoblación y Desarrollo (2005)
- Mala Tempora (2004)
- La Democracia en 30 Lecciones (2008)
[editar]Bibliografía sobre Sartori
- López Rubí Calderón, José Ramón (coordinador), Para Leer a Sartori, Puebla, México, BUAP, 2009. Incluye textos de Gianfranco Pasquino y Dieter Nohlen.
- Velasco, Juan Carlos «Los límites del pluralismo cultural» (Recensión del libro de Sartori: La sociedad multiétnica, Madrid, 2001), en Isegoria, nº 26 (2002), pp. 277-284.
Enlaces externos
- Premio Príncipe de Asturias de las Ciencias Sociales 2005
- Biografía de Giovanni Sartori – ItaliaLibri
Notas
- ↑ Doctorado honoris causa por la UNAM
- ↑ Cf. Juan Carlos Velasco, «Los límites del pluralismo cultural», “Isegoría”, nº 26 (2002), págs. 277-284, 277. Véase la reseña de Ignacio Sánchez Cámara, «La Miseria del Multiculturalismo», ABC Cultural, 7-4-2001.
- ↑ Giovanni Sartori (2003). Ingeniería Constitucional Comparada: Una Investigación de Estructuras, Incentivos y Resultados (3ª edición). Fondo de Cultura Económica. ISBN 9789681667801.
di Gi. Riz.

SPECIALE UNITAG
Come, quando e perché nasce Agoravox?
AgoraVox nasce nel 2005, in Francia, da un’idea di Carlo Revelli che vide un’asimmetria nel flusso di comunicazione tra i media mainstream e le opinioni che circolavano in rete sul Referendum per la Costituzione Europea. Se da una parte, partiti politici e media erano sicuri della vittoria del Sì, dall’altra c’era un forte scetticismo che aleggiava tra i cittadini. Il resto è storia: vince il no. AgoraVox nasce da qui.
Le critiche al click activism di Sgaggio
Il secondo paese in Europa in cui si è deciso di aprire il sito è stato in Italia, come mai, ci sono dei particolari motivi che vi hanno spinto a questa scelta?
L’Italia è un paese che vive un serio problema d’informazione. Il berlusconismo è solo la punta dell’iceberg. Ciò che manca è una visione laica del mondo. Mi spiego meglio, in Francia ci sono vari siti e/o giornali che fanno milioni di lettori on line ogni mese, in Italia questa cosa non esiste. Il lettore si fida di un solo medium, lo utilizza con un approccio dogmatico e legge quel solo sito. Solo lì potrà risiedere la verità. E’ una visione cattolica che prevede l’infallibilità del testo che si contrappone a quella illuminista francese. L’Italia è un paese in cui la cittadinanza ha sempre preferito delegare il proprio ruolo di cittadini, attraverso il citizen journalism cerchiamo di ribaltare questa prospettiva. Crediamo che se la stampa è davvero il quarto potere ci sia bisogno di qualcuno che verifichi che quel potere sia esercitato nel migliore dei modi; che la delega da noi assegnata ai giornalisti non sia tradita per meri interessi personali.
Un punto di forza e uno di debolezza del citizen journalism.
Il punto di forza è la prossimità alla notizia. Il punto di debolezza la sua scarsa pervasività.
Un punto di forza e uno di debolezza del giornalismo tradizionale.
Il punto di forza è l’etica di chi fa bene questo mestiere. Il punto di debolezza è la mancanza di etica di troppi giornalisti, tre parole: comunicati stampa, vicinanza ai politici, autocensura.
Dopo il caso Wikileaks in molti hanno gridato alla morte del giornalismo. E’ così? Assange ha davvero cambiato le regole del gioco? E come?
Julian ha cambiato le regole del mondo. Guardarlo solo dal punto di vista del giornalismo è utilizzare una lente d’ingrandimento riduttiva per osservare ciò che è successo. Le sue rivelazioni hanno cambiato la quotidianità più di quanto non crediamo, ad esempio una persona che lavora nell’Ambasciata USA non mi parla più per telefono e non mi manda più email perché ha paura che quel materiale possa finire in mani estranee. Se i politici iniziano a temere che escano documenti compromettenti, lentamente, cominceranno anche a mettere sul piatto della bilancia il valore di una menzogna che potrebbe rovinargli la carriera. E’ la fine del senso di impunità che, troppo spesso, ha circondato i potenti di mezzo mondo che, ora, devono fare i conti con l’opinione pubblica.
La velocità con cui sta cambiando il mondo dell’informazione è sotto gli occhi di tutti. Come ci informeremo tra 10 anni, secondo te?
Leggendo. Non so su che supporto ma sicuramente leggendo. Spero leggendo più fonti, spero ci si informi in maniela più consapevole e laica ma spero, soprattutto che ci siano sempre più giornalisti-gioranlisti, che non lavorano, solo, seduti a leggere le notizie ANSA ma pronti a raccontare la complessità di un paese in cui, mi pare, le notizie abbondino.
Il 9 settembre del 1908 nasceva Cesare Pavese. Lo vogliamo ricordare con questo video in cui Carlo Cecchi legge “Mari del sud”, poesia del grande scrittore piemontese.
di Davide Mosca
I dati sono allarmanti: a pochi giorni dall’apertura dell’anno scolastico mancano all’appello circa 20.000 insegnanti specializzati nell’assistenza degli alunni diversamente abili. La Gelmini dice che va tutto bene ma i dati rilevati dalle associazioni di categoria dimostrano il contrario
(09 settembre 2011)

Da Milano a Messina, le storie si somigliano e i problemi non vengono risolti. A San Donato Milanese a esempio si è verificato l’ennesimo problema di competenze tra enti locali. Provincia e comune si rimpallano gli oneri delle spese dei costi relativi all’assistenza educativa specialistica per gli alunni con disabilità. Al momento, e mancano pochi giorni all’inizio delle scuole, non si è trovata nessuna soluzione, solo una lettera del comune indirizzata alle 16 famiglie interessate che riferiva del passaggio della documentazione alla provincia. Da allora nessuna risposta.
A Torino le 203 assunzioni per gli insegnanti di sostegno sono state coperte da docenti di ruolo diventati “soprannumerari” per i tagli della Gelmini, scatenando l’ira di quei tanti precari che avevano studiato per specializzarsi nel lavoro con gli studenti disabili. AGenova a fronte di 480 richieste per il sostegno sono state assegnate solo venti cattedre. A Messina su 297 richieste solo 180 le cattedre assegnate, 117 in meno e la vicenda è perlomeno singolare. A denunciarla è Sandra Crisafulli del CIP (comitato insegnanti precari) di Messina: “Inizialmente erano solo tredici le cattedre disponibili sul sostegno alla scuola media. Poi all’improvviso ne sono spuntate altre diciassette, poi date in assegnazione provvisoria ai colleghi provenienti da altre province e questo in base alla legge non si può fare”.
Secondo Salvatore Nocera, presidente della Fish (federazione italiana studenti con handicap), l’unico strumento di tutela che hanno questi ragazzi è il Tar: “è triste doverlo dire ma il ricorso alla magistratura amministrativa è, al momento, l’unico modo per risolvere certe carenze. Stiamo parlando di diritto allo studio e come può essere garantito quando non si rispetta la legge? Prendiamo ad esempio il sovraffollamento delle classi. Si arriva a circa 35 studenti per classe con disabili. Tutto ciò in deroga alle leggi che prevedono, in presenza di un ragazzo diversamente abile, un numero complessivo di 20/22 alunni. Ciò crea un circolo vizioso per cui gli insegnanti non riescono a seguirli con un rapporto di uno a due ma addirittura con un rapporto di uno a quattro”.
La Fish in una indagine condotta sulle scuole italiane ha rilevato diverse anomalie. Il 18% di irregolarità nella segnalazione dei disabili e in questi casi l’insegnate di sostegno arriva con un anno di ritardo. Il 23% degli insegnanti di sostegno vengono utilizzati per le supplenze, così trascurando gli studenti disabili, nel 38% dei casi non viene rispettato il rapporto di 1 a 1 nei casi di disabilità più gravi. Interessante poi la raccolta di firme dell’associazione Fish che in collaborazione con la Fand (Federazione tra le associazioni nazionali disabili) ha proposto di sganciare l’assistenza sociale dalla manovra e soprattutto dai vincoli di cassa.
Comincia un nuovo anno, ma i problemi sono sempre gli stessi. Tagli agli istituti pubblici, docenti poco motivati, studenti abbandonati a sé stessi. E mentre aumenta la divisione fra tecnici e licei d’élite, gli insegnanti statali si preparano a un anno di battaglie
di MANUEL MASSIMO
Suona la campanella, si torna sui banchi: dopo le vacanze prende il via un nuovo anno scolastico. Ma studenti e docenti sono alle prese con i problemi di sempre. Il calendario della pubblica istruzione in Italia sembra essersi fermato a molti anni fa: la scuola statale sembra perdere la sua funzione educativa e propulsiva. E’ più ripetitiva e meno capace di formare cittadini consapevoli. Un universo nel quale gli insegnanti sono perennemente in cerca di status e gli alunni vedono assottigliarsi i propri diritti, mentre il governo continua con i tagli e delegittima l’istituzione. Lo confermano i racconti degli studenti e dei docenti, i protagonisti che tutti i giorni animano le aule e faticosamente portano avanti i loro compiti.
Zero in condotta. Mariano Di Palma, coordinatore nazionale dell’Uds (Unione degli Studenti), è netto: “Non si fa alcun investimento nella scuola pubblica: i fondi per l’edilizia scolastica sono insufficienti, il diritto allo studio non è garantito alle fasce più deboli e c’è un enorme tasso di abbandono scolastico dovuto a ragioni economico-sociali”. In questa legislatura, dice, il voto in condotta viene utilizzato come “arma non convenzionale” per punire chi contesta: “Con il ministro Gelmini è tornato in auge l’autoritarismo del passato: le sanzioni disciplinari per chi svolge attività politica a scuola sono all’ordine del giorno, come l’inasprimento del voto di condotta, usato come arma per colpire il dissenso”. E fin dal primo giorno di scuola
i ragazzi dell’Uds hanno deciso di mobilitarsi contro la crisi e le politiche “restrittive” in classe: “i conti li fate con noi” e “valutato, non schedato” sono le parole d’ordine.
Insegnanti a metà. Il corpo docente, intanto, è alle prese con antiche questioni economiche e nuovi problemi di ruolo, come sottolinea Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti: “Le difficili condizioni economiche in cui versa la professione sono arcinote. Oggi purtroppo è diventato pessimo anche lo status di docente. L’autonomia scolastica è stata portata avanti basandosi sull’aziendalismo. Un obiettivo che rovina il nostro lavoro”. Un modello a cui guardare, secondo Di Meglio, è quello tedesco: “In Germania i docenti hanno un buon trattamento economico (prendono circa il doppio dei loro colleghi italiani, ndr) e non sono vessati da compiti burocratici”. Da noi, invece, la crisi della scuola va a braccetto con la mortificazione della docenza: per questo la Gilda, l’associazione professionale degli insegnanti, chiede un’area contrattuale specifica per i docenti e l’istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza, battaglie che porterà avanti nel corso dell’autunno.
Scuola di classe. Docenti in cerca di status, a causa di una scuola sempre meno autorevole. Girolamo De Michele, insegnante e autore del libro “La scuola è di tutti”, individua l’inizio del declino negli Anni Ottanta: “La scuola ha perso il suo ruolo formativo, almeno in parte, a causa dei modelli promossi dalla televisione commerciale di quegli anni, con programmi come Drive-in e Colpo grosso. Oggi la scuola è guidata da chi ha creato questa cultura, figlia del berlusconismo”. Secondo De Michele il governo sta mettendo in atto un disegno preciso: “Vogliono indirizzare le famiglie verso le scuole private, che da noi sono le peggiori d’Europa: veri e propri diplomifici dove spesso ti puoi comprare la promozione. Si tende a un modello che mantiene la cultura a livello d’élite, escludendo la maggior parte delle persone”. A farne le spese, afferma De Michele, sono soprattutto gli studenti che frequentano gli istituti tecnici: “Il governo sta abbattendo l’istruzione professionale: non fornisce ai ragazzi gli strumenti minimi per decodificare la realtà e segna il loro futuro, condannandoli a subire la cultura di massa”.
Cattiva maestra televisione. Il tema delle scuole di “serie A” e di “serie B” è condiviso anche dal regista Valerio Jalongo, autore del film “La scuola è finita” e docente in un istituto tecnico-professionale di Roma: “I liceali rappresentano un 30% di privilegiati rispetto al 70% dei loro colleghi che frequentano gli istituti tecnici. La scuola è lo specchio di quello che sta succedendo nelle fibre più intime del nostro Paese. Questo governo di destra insegue un modello anglosassone: non crede più nella possibilità di riformare la scuola pubblica e sovvenziona le scuole private”. E la televisione, sostiene Jalongo, ha finito per sostituirsi alla scuola: “I ragazzi italiani passano più tempo davanti alla televisione che sui libri: ormai è questa la loro agenzia formativa, con modelli come il gioco dei pacchi e il Grande Fratello. La nostra scuola, di stampo materno e cattolico, appiattisce tutto: il bravo professore non è valorizzato e questo appiattimento si riverbera anche sui ragazzi, con atteggiamenti di rinuncia e un abbassamento del livello medio d’istruzione”.
Il talento che non conta. Molti insegnanti, secondo Jalongo, non sono però esenti da colpe: “I sindacati hanno stretto un patto deleterio con una classe docente demotivata: il punteggio per le graduatorie e gli scatti di carriera è formato dall’anzianità e dalla situazione familiare. L’aggiornamento è facoltativo e non porta niente in busta paga. Negli Stati Uniti gli studenti valutano i loro professori e il preside ne tiene conto. Nella scuola pubblica francese i docenti che si aggiornano hanno dei benefici e uno stipendio migliore. Un paese cresce se investe in cultura e in formazione, che al momento sono le nostre uniche possibilità di salvezza. Ma le risorse vanno spese bene: che cosa fa la nostra scuola per valorizzare il talento dei ragazzi?”. Ben poco, almeno guardando i rank internazionali: alle elementari stiamo ai primi posti, alle medie scendiamo a metà classifica e gli studenti escono dalle superiori peggiori di come sono entrati. Un declino che rispecchia lo stato della scuola pubblica italiana.
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

L’eccidio di Sant’Anna fu un crimine contro l’umanità commesso dai soldati tedeschi della 16. SS-Panzergrenadier-Division “Reichsführer SS”, comandata dal generale (Gruppenführer) Max Simon, il 12 agosto 1944 e continuato in altre località fino alla fine del mese.
Ai primi di agosto 1944 Sant’Anna di Stazzema era stata qualificata dal comando tedesco “zona bianca”, ossia una località adatta ad accogliere sfollati: per questo la popolazione in quell’estate aveva superato le mille unità. Inoltre, sempre in quei giorni, i partigiani avevano abbandonato la zona senza aver svolto operazioni militari di particolare entità contro i tedeschi. Nonostante ciò, all’alba del 12 agosto ’44, tre reparti di SS salirono a Sant’Anna, mentre un quarto chiudeva ogni via di fuga a valle, sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese era circondato. Quando le SS giunsero a Sant’Anna, accompagnati da fascisti collaborazionisti che fecero da guide, gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati, mentre donne vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro, in quanto civili inermi, restarono nelle loro case.
Breve cronaca
In poco più di tre ore vennero massacrati 560 innocenti, in gran parte bambini, donne e anziani. I nazisti li rastrellarono, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle case, li uccisero con colpi di mitra e bombe a mano, compiendo atti di efferata barbarie. La vittima più giovane, Anna Pardini, aveva solo 20 giorni. Fu trovata, ancora viva ma gravemente ferita, da una sorella miracolosamente superstite tra le braccia della madre ormai morta. Morì pochi giorni dopo nell’ospedale diValdicastello. Infine il fuoco, a distruggere e cancellare tutto. Non si trattò di rappresaglia. Come è emerso dalle indagini della Procura Militare della Spezia, si trattò di un atto terroristico, di una azione premeditata e curata in ogni minimo dettaglio. L’obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra le popolazioni civili e le formazioni partigiane presenti nella zona.
La ricostruzione degli avvenimenti, l’attribuzione delle responsabilità e le motivazioni che hanno originato l’Eccidio sono state possibili grazie al processo svoltosi alTribunale militare della Spezia e conclusosi nel 2005 con la condanna all’ergastolo per dieci ex SS colpevoli del massacro; sentenza confermata in Appello nel 2006 e ratificata in Cassazione nel 2007. Nella prima fase processuale si è svolto, grazie al Pm Marco de Paolis, un imponente lavoro investigativo, cui sono seguite le testimonianze in aula di superstiti, di periti storici e persino di due SS appartenute al battaglione che massacrò centinaia di persone a Sant’Anna. Fondamentale, nel1994, anche la scoperta avvenuta a Roma, negli scantinati di Palazzo Cesi, di un armadio chiuso e girato con le ante verso il muro, ribattezzato poi “Armadio della vergogna”, poiché nascondeva da oltre 40 anni documenti che sarebbero risultati fondamentali ai fini di una ricerca della verità storica e giudiziaria sulle stragi nazifascistein Italia nel secondo dopoguerra.
Il 19 agosto, varcate le Apuane, le SS si spingevano in comune di Fivizzano (Massa Carrara), seminando la morte fra le popolazioni inermi dei villaggi di Valla, Bardine e Vinca, nella zona di San Terenzo. Nel giro di cinque giorni uccidevano oltre 340 persone mitragliate, impiccate, addirittura bruciate con i lanciafiamme.
Nella prima metà di settembre, con il massacro di 33 civili a Pioppetti di Montemagno, in comune di Camaiore (Lucca), i reparti delle SS portavano avanti la loro opera nella provincia di Massa Carrara. Sul fiume Frigido venivano fucilati 108 detenuti del campo di concentramento di Mezzano (Lucca), e per finire a Bergiola e a Forno i nazisti facevano circa 200 vittime. Avrebbero continuato la strage con il massacro di Marzabotto.
Il Parco Nazionale della Pace (legge n.381 – 11 dicembre 2000)
Il Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema è stato istituito con la Legge 381 dell’11 dicembre 2000 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 296 del 20 dicembre 2000) con l’obiettivo di mantenere viva la memoria storica dei tragici eventi dell’estate del 1944 ed educare le nuove generazioni ai valori della pace, della giustizia, della collaborazione e del rispetto fra i popoli e gli individui.
Si estende sul territorio collinare circostante il paese, concentrandosi nell’area sacrale che, dalla piazza della chiesa e dal Museo Storico della Resistenza, attraverso la Via Crucis ed il bosco circostante, giunge al Col di Cava, dove è posto il Monumento Ossario. Il Parco, sia dal punto di vista morfologico che funzionale, costituisce un connubio ideale tra ambiente, storia e memoria, grazie ad uno stretto collegamento tra la natura incontaminata, i borghi e gli insediamenti sparsi sul colle ed i luoghi dell’eccidio. Sant’Anna, Parco Nazionale della Pace, diviene luogo simbolo della memoria per la diffusione di una cultura di pace, attraverso iniziative, manifestazioni, mostre, convegni, a livello nazionale ed internazionale.
1. Allo scopo di promuovere iniziative culturali e internazionali, ispirate al mantenimento della pace e alla collaborazione dei popoli, per costruire il futuro anche sulle dolorose memorie del passato, per una cultura di pace e per cancellare la guerra dalla storia dei popoli, è istituito a S. Anna di Stazzema (Lucca) il «Parco nazionale della pace».
2. Alla determinazione dei confini del «Parco nazionale della pace» provvede il comune di Stazzema.
Art. 2. 1. Il «Parco nazionale della pace» ha il fine di raccogliere e organizzare manifestazioni, incontri nazionali ed internazionali, convegni, mostre permanenti e temporanee, proiezioni di film e spettacoli sui temi della pace e del disarmo, promuovere e pubblicare studi e documentazioni, nonché ospitare una biblioteca specializzata sui temi della pace e sul movimento pacifista italiano e internazionale.
….
La famiglia Tucci
Un episodio rilevante dell’eccidio fu il massacro della famiglia di Antonio Tucci, un ufficiale di marina che lavorava a Livorno, ma originario di Foligno, che aveva condotto la sua famiglia a Sant’Anna di Stazzema. In questa strage morirono 8 dei suoi figli (la cui età andava dai pochi mesi ai 15 anni) e la moglie. Soltanto lui si salvò perché in servizio a Livorno.
Il 25 aprile 2004 il Comune di Foligno, durante la festa della Liberazione, rendendo omaggio alle vittime della Resistenza e degli eccidi, ha intitolato una piazza del centro cittadino a Don Minzoni; in mezzo alla piazza è stato realizzato un monumento che comprende una fontana a forma di clessidra, nel cui fascione centrale sono scolpiti in bronzo alcuni episodi a ricordo delle vittime, tra i quali la Croce della famiglia Tucci.
Onorificenze
Comune di Stazzema (conferimento 28 febbraio 1970)
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Medaglia d’oro al valor militare |
«Vittima d’orrori dell’occupazione nazista, insigne per tributo di sofferenza, fra i Comuni della Regione, riassume, nella strage di 560 fra i suoi cittadini e “rifugiati” di S. Anna, il partigiano valor militare e il sacrificio di sangue della gente di Versilia, che, in venti mesi d’asperrima resistenza all’oppressore, trasse alla guerra di liberazione il fiore dei suoi figli, donando alle patrie libertà la generosa dedizione di 2500 partigiani e patrioti, il sacrificio di 200 feriti e invalidi, la vita di 118 caduti in armi, l’olocausto di 850 trucidati. Tanta virtù di popolo assurge a luminosa dignità di simbolo, nobile sintesi di valore e martirio di tutta la Versilia, a perenne ricordo e monito.[1]» — – Versilia, settembre 1943 – aprile 1945. |
Fiore Menguzzo (conferimento 15 novembre 1999)
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Medaglia d’oro al valor civile |
«Durante l’ultimo conflitto mondiale, si prodigava in aiuto di chiunque avesse bisogno, offrendo a tutti assistenza e ricovero e, quale generoso sacerdote consapevole del suo ruolo pastorale, tentava di conciliare le opposte fazioni per preservare la popolazione dai pericoli degli scontri armati. Fedele fino all’ultimo alla sua missione, subì la rappresaglia degli occupanti che lo passarono per le armi dopo averlo costretto ad assistere allo sterminio dei familiari. Splendido esempio di umana solidarietà e alto spirito di abnegazione spinti sino all’estremo sacrificio.[2]» — Mulina di Stazzema (LU), 12 agosto 1944. |
Innocenzo Lazzeri (conferimento 9 maggio 1959)
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Medaglia d’oro al valor civile |
«Appreso che un gruppo di suoi parrocchiani stava per essere fucilato dalle truppe tedesche in ritirata per rappresaglia, coraggiosamente interveniva per tentare di evitare l’eccidio offrendo la sua vita in cambio di quella dei prigionieri. Riuscite vane le sue preghiere, sacrificava nobilmente la vita, accomunando la sua sorte a quella dei suoi fedeli.[3]» — Stazzema (LU), 12 agosto 1944. |
Genny Bibolotti Marsili (conferimento 3 febbraio 2003)
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Medaglia d’oro al valor civile |
«Con istintivo ed amoroso slancio, anche se gravemente ferita, per salvare la vita al figlioletto che aveva nascosto, non esitava a richiamare su di sè l’attenzione di un soldato tedesco, scagliando sul medesimo il proprio zoccolo, ottenendo in risposta una raffica di mitraglia che ne stroncava la giovane esistenza. Nobile esempio di amore materno spinto fino all’estremo sacrificio.[4]» — 12 agosto 1944 – Sant’Anna di Stazzema (LU) |
Milena Bernabò (conferimento 12 ottobre 2004)
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Medaglia d’oro al valor civile |
«Sedicenne, a seguito di un rastrellamento, veniva condotta insieme ad altri compaesani in una stalla, riuscendo a sfuggire ai colpi di mitragliatrice sparati dai soldati tedeschi protetta dai corpi della sorella e di un’amica. Sebbene gravemente ferita, si apriva un varco attraverso il soffitto della stalla, data alle fiamme dalla furia nazifascista, e portava in salvo, con istintivo e generoso slancio, altri tre bambini destinati a morte sicura. Luminosa testimonianza di coraggio e di elevato spirito di abnegazione.[5]» — 12 agosto 1944 – Sant’Anna di Stazzema (LU) |
Il processo
Nell’estate del 1994, Antonino Intelisano (il procuratore militare di Roma), mentre cerca documentazione su Erich Priebke e Karl Hass, avvia un procedimento che porterà alla scoperta, in uno scantinato della procura militare, di un armadio contenente 695 fascicoli «archiviati provvisoriamente», riguardanti crimini di guerra commessi da tedeschi e repubblichini. Tra questi viene trovata anche della documentazione relativa al massacro di Sant’Anna, per il quale verrà riaperta l’inchiesta che porterà ad individuare alcuni dei responsabili.
A distanza di quasi sessant’anni, il 20 aprile 2004, davanti ai giudici del Tribunale Militare della Spezia è stato celebrato un processo per questo crimine. Poiché tra soldati ed ufficiali gli imputati sarebbero stati centinaia, fu deciso di rinunciare a processare i soldati – esecutori materiali dell’eccidio – per processare solo gli ufficiali che di quel eccidio erano stati i veri responsabili, essendo stati loro a dare l’ordine del massacro. Il giudice delle udienze preliminari ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio per i tre ufficiali SS accusati di essere gli esecutori dell’eccidio. Tra i militari tedeschi accusati: Gerhard Sommer, 83 anni, comandante la 7. compagnia del II battaglione del 35. reggimento Grenadieren, facente parte della 16. SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS; e gli ufficiali Alfred Schonber, 83 anni, e Ludwig Sonntag, 80 anni. Per altre due SS,Werner Bruss, 84 anni, e Georg Rauch, 83 anni, ha richiesto il non luogo a procedere, mentre per Heinrich Schendel, 82 anni, il Gup ha rinviato gli atti al pubblico ministero fissando il termine massimo di 5 mesi per ulteriori indagini. Il 22 giugno 2005, dieci ex ufficiali e sottufficiali tedeschi vengono condannati all’ergastolo per il massacro, dal tribunale militare della Spezia. Al momento della sentenza i dieci erano tutti ultraottantenni.
L’8 novembre 2007 vennero confermati dalla Corte di Cassazione gli ergastoli all’ufficiale Gerhard Sommer e ai sottufficiali nazisti Georg Rauch e Karl Gropler. La Cassazione si è espressa contro la richiesta di rifare il processo in quanto i soldati delle SS sentiti come testimoni dovevano essere considerati coimputati e quindi le loro testimonianze non valide. La sentenza rigetta questa tesi e conferma che l’eccidio è stato un atto terroristico premeditato. Su iniziativa parlamentare del deputato Carlo Carli ed altri, con Legge 15 maggio 2003, n. 107, viene istituita, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta per indagare sulle anomale archiviazioni “provvisorie” e sull’occultamento dei 695 fascicoli (compresi quelli relativi alla strage di Sant’Anna di Stazzema) contenenti denunzie di crimini nazifascisti.
Il testo integrale della Sentenza emanata dal Tribunale Militare di La Spezia nel 2005 è consultabile e scaricabile qui.
Le deposizioni dei superstiti al Tribunale Militare nelle udienze del 2005 sono scaricabili qui.
Note
- ^ Quirinale – Scheda visto 1º febbraio 2009
- ^ Quirinale – Scheda visto 1º febbraio 2009
- ^ Quirinale – Scheda visto 1º febbraio 2009
- ^ Quirinale – Scheda visto 1º febbraio 2009
- ^ Quirinale – Scheda visto 1º febbraio 2009
Filmografia
- Miracolo a Sant’Anna (2008), film di Spike Lee
- Inside Buffalo (2008), docu-film di Fred Kudjo Kuwornu
- Sant’Anna L’Eccidio, docu-film di Paolo Bertola e Massimo Montepagani
- Lo stato di eccezione (2008), documentario di Germano Maccioni
- E poi venne il silenzio (2011), docu-film di Irish Braschi
Voci correlate
Altri progetti
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Eccidio di Sant’Anna di Stazzema
Collegamenti esterni
- Sito ufficiale Parco Nazionale della Pace -Sant’Anna di Stazzema
- Armadio della vergogna
- Sant’Anna di Stazzema unofficial website
- Una mattina di agosto – La strage di Sant’Anna di Stazzema: puntata di Rai Educational.
- Inside Buffalo – Documentario sulla 92ª Divisione Buffalo di Fred Kuwornu: produzione Ita-US
- La Stampa Revisionismo al cinema, 1º ottobre 2008
- Scheda Imdb del film Lo stato di eccezione