ROMA – Trentasei manoscritti di Giovanni Verga sono stati sequestrati a Roma e Pavia dai carabinieri del Reparto Operativo Tutela Patrimonio Culturale, insieme con centinaia di lettere autografe, bozze, disegni e appunti. Il materiale, stimato 4mln di euro, è ora al centro ricerca Fondo Manoscritti Università di Pavia.
Si è conclusa così dopo ottant’anni l’annosa vicenda iniziata con la consegna negli Anni ’30 da parte del figlio dello scrittore di manoscritti verghiani a uno studioso di Barcellona Pozzo di Gotto (Me). Prezioso materiale mai più restituito. Negli anni sono stati vani sia i tentativi di Verga Patriarca di rientrare in possesso dei suoi beni, trattenuti dallo studioso che si opponeva strenuamente alla loro restituzione, sia le interrogazioni parlamentari succedutesi per 20 anni (dal 1957 al 1977) che avevano ad oggetto l’esproprio per ragioni di pubblica utilità del materiale trattenuto dallo studioso, considerato di altissimo valore per il patrimonio culturale nazionale, sia delle varie Soprintendenze competenti.
Nel 1975, dopo varie azioni legali, Pietro Verga (figlio di Giovanni Verga Patriarca) ottenne dal Tribunale di Catania una sentenza che gli attribuiva il possesso legale di tutti i manoscritti del nonno, sia quelli formalmente notificati sia la parte più consistente non potuta notificare a causa del rifiuto dello studioso, nel tempo, di consentire l’esatto inventario dei beni affidatigli per ragioni di studio. Nel 1978, Pietro Verga, ancora prima di entrarne in possesso, offrì in vendita al Comune di Catania l’intero corpo delle carte Verga, incluse le opere non ancora notificate. Il Comune investì della questione la Regione Sicilia, che accettò l’offerta di vendita di tutto il fondo ma di fatto entrò in possesso soltanto di una piccola parte pagando la somma di 89 milioni di lire. Da allora, il Comune di Catania e gli eredi Verga hanno continuato la battaglia per ottenere la restituzione dei beni dalla figlia dello studioso (nel frattempo deceduto).
La vicenda si è sbloccata quando la Soprintendenza ai Beni Librai della Regione Lombardia ha individuato un Fondo verghiano posto in vendita presso una casa d’aste proprio dalla figlia dello studioso. Avviato il procedimento di dichiarazione di interesse culturale, ne ha disposto contemporaneamente, accertato il precario stato di conservazione delle carte, lo spostamento e il deposito temporaneo presso il Centro di ricerca del Fondo manoscritti dell’Università di Pavia (ove è tuttora custodito dopo il successivo sequestro penale operato dai Carabinieri del TPC). Le attività di perquisizione disposte dalla Procura della Repubblica di Roma si sono concluse con il rinvenimento e sequestro sia di un ingente quantitativo di manoscritti e documenti dello scrittore che di 16 oggetti archeologici integri, epoca V-II Sec. a.C., di buona fattura. L’erede dello studioso messinese, una 76enne romana, è stata denunciata in stato di libertà per i reati di ricettazione ed appropriazione indebita.